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La minestra non sa di niente e lo sa. Ma la mia vita?

DONNA CON MINESTRA

Henrique Félix Stock Snap

MIENMIUAIF - MIA MOGLIE ED IO - pubblicato il 06/03/18

La Sapienza più grande rimangono due ginocchia a terra e lo sguardo fisso su di Te, Signore. Ecco cosa dà sapore ad ogni vita

Lettere a una moglie #2 (ovvero l’esodo del duo con l’anello noto in tutto il mondo come Mienmiuaif) di Giuseppe Signorin

“La tua sa di qualcosa?”, mi hai chiesto l’altra sera, a cena, riferendoti alla minestra che avevo sotto il naso, amore mio. “Sì, sa di non sapere”, ti ho risposto. Questa è food philosophy, baby.




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Tuo marito ne sa una più di Socrate. E di Cracco. Insieme. È vero, siamo a dieta, siamo pure in Quaresima, sono appena finite le elezioni, e tuo marito si mette a scherzare? Meriterei l’imprecazione del buon cristiano: “Te possi mori’ ammazzato… ma pe’ la fede”. Sta scritta in una delle bustine di zucchero che ci ha regalato il nostro amico fra’ Etjen. È di San Filippo Neri. Altro che Baci Perugina. Ma tu stai imparando a non dirmi niente. Porti pazienza. Mi sopporti. E sopportare è morire a se stessi. Rimanendo vivi per giunta. Un martirio a portata di coppia.

Santa Teresina voleva morire come i martiri. Al Colosseo, durante un viaggio a Roma, si era commossa come non mai per l’emozione di trovarsi in un luogo così pregno del sangue dei primi martiri cristiani. Avrebbe voluto dare anche lei, tutto, per Cristo. E in effetti lo ha dato, anche se alla fine in un modo diverso. Giorno dopo giorno. Tutti noi dobbiamo imparare a dare tutto per Cristo, magari sopportando, portando pazienza, morendo a noi stessi. La minestra dell’altra sera non sapeva di niente, amore mio, ma eravamo io e te a mangiarla. La nostra piccola grotta di Betlemme. Povera (di sale, sicuramente), ma condivisa.




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In quell’istante di food philosphy infatti è nato qualcosa: siamo morti a noi stessi. Io, almeno. Tu non lo so, in effetti. Ma io di sicuro. Sono morto al mio palato, questo posso dirlo. Ed è stato bellissimo. Com’è stato bellissimo andare a votare, in un paese orgogliosamente e violentemente laico com’è diventata l’Italia, e dover mettere una croce sul simbolino scelto. È stato meraviglioso. Perché la croce è il senso di tutto, sostiene tutto, salva ogni cosa. Anche le elezioni. Fare quella croce, nella scheda, mi ha riempito di gioia. Cristo è ovunque, dà speranza sempre, in ogni istante. Anche lì, come direbbe Guareschi, nel segreto della cabina elettorale.

Possiamo inventarci qualsiasi sistema, qualsiasi bollino antifrode, ma l’unico che non mente è Cristo. Sarei rimasto lì a fissare la croce, a contemplarla, se non ci fosse stata la fila di persone in attesa di mettere la loro, ieri mattina. Fra cui tu. Anche tu hai messo quella croce. Il momento più alto della giornata. Fissare quella piccola croce. Contemplare la piccolezza dell’Onnipotente. La vera umiltà. Possiamo inventarci qualsiasi cosa, ma la Sapienza più grande rimangono due ginocchia a terra e lo sguardo fisso su di Te, in un pezzo di pane. Fino a quando non ci metteremo tutti insieme in ginocchio ad adorarti, le cose non cambieranno. Questo il motivo per cui abbiamo sfornato la prima canzone di adorazione della nostra storia di marito-moglie band, “Adorarti oggi, Dio”. Perché, nonostante tutto, dobbiamo rimanere persone capaci di adorare. Che Dio ci doni questa grazia. Ti amo.

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