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L’enorme differenza tra prostituzione e “fare l’amore”

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Photo by Alejandra Quiroz on Unsplash

Orfa Astorga - pubblicato il 28/02/18

La promiscuità scatena gravi problemi, tra cui “cosificazione” di se stessi, depressione e incapacità di amare davvero

Personalizzare la nostra intimità per viverla all’interno del matrimonio le dà un pieno senso di donazione, ed è per questo che l’amore “non si compra” e “non si fa”… ma si vive.

È il caso che presentiamo.

Quando ero celibe avevo avventure amorose la cui prima intenzione erano quasi sempre i rapporti sessuali, senza altro impegno che un invito a cena, a ballare, a viaggiare, o in più di un caso pagare per i favori sessuali.

In quel modo pensavo di affermare la mia virilità. Ora mi rendo conto che era un’espressione di immaturità affettiva che mi ha portato al libertinaggio e a una profonda infedeltà nei confronti di me stesso, della mia persona.

Questo libertinaggio disturbava le mie facoltà, influendo su tutti gli aspetti. Ero continuamente stanco, stressato e depresso, e non c’era medico che riuscisse a curarmi.

Stavo per sposarmi, e quando mi stavo preparando a quel passo ho chiesto orientamento sentendo che avevo bisogno di un aiuto professionale. Non dimenticherò mai quando in uno dei primi incontri mi è stata fatta un’osservazione dura dopo che riferendomi al mio problema di promiscuità mi ero espresso in questi termini:

“Non capisco perché mi sento così, visto che la vita di un uomo celibe va vissuta con libertà in questo campo”.

La risposta che ho ricevuto è stata questa:

“Succede che quando le persone pensano male finiscano per vivere come pensano, e chi pensa male necessariamente giustificherà il modo in cui vive, in un circolo vizioso che finisce per minare a livello fisico e morale. E questo è il suo caso”.

Poi in tono severo e rispettoso l’esperto mi ha chiesto di dire a parole mie come definivo una prostituta. La domanda mi ha sorpreso.

La mia risposta è stata lapidaria, ma lo è stata ancor di più l’osservazione successiva:

“Allora, per usare le sue parole, in qualche modo anche lei si prostituisce”.

Sono arrossito e ho sentito il sangue pulsarmi nelle tempie mentre cercavo di calmarmi.

“Si spieghi”.

“Beh, come ha detto lei una prostituta è una donna che si abbassa fino al fondo della sua dignità avendo rapporti intimi con chiunque. Anche lei, abbassandosi fino al fondo della sua dignità, ha rapporti intimi con chiunque. Una lo fa per un fine materiale com’è il denaro, un altro, come nel suo caso, per un altro fine, per il piacere. L’una e l’altro cosificano il proprio corpo e quello altrui perché lo depersonalizzano. Qual è allora la differenza, se entrambi fanno un cattivo uso della propria sessualità?”

Sono rimasto senza parole.

È seguita una serie di conversazioni che mi ha portato a riflettere sulla mia vita in base a tre verità fondamentali, che mi hanno spinto a correggere quello che era sbagliato nella mia vita e a salvare così il mio futuro matrimonio.

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©Mikhail_Kayl/Shutterstock

Prima verità

Il corpo umano dev’essere l’espressione della dignità di una persona

Ero io che mangiavo, che lavoravo, che soffrivo o dormivo… ed ero io che fornicavo o guardavo materiale pornografico.

E quando dico io, significa che a tutte le mie azioni partecipavano inseparabilmente il mio corpo e il mio spirito, per cui nel cattivo uso della sessualità tutta la mia persona si abbassava nella sua dignità.

Fino a quel momento avevo vissuto come se il corpo e lo spirito fossero due realtà diverse che si potevano separare. Una cosa assurda.

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©Solominviktor/Shutterstock

Seconda verità

La persona, per sua natura, può e deve vivere una sessualità integrata

Se fossimo solo corpo o solo spirito non ci sarebbe necessità di integrarli stabilendo una gerarchia in cui l’aspetto spirituale vale più di quello non spirituale. Farlo, però, non significa la distruzione, l’annullamento o l’assorbimento del meno prezioso da parte di quello che lo è di più, al contrario – il meno prezioso viene portato a pienezza essendo elevato dallo spirito, acquisendo un maggior valore.

Integrando la sessualità, l’aspetto fisico si subordina a quello psicologico, e quello psicologico a quello spirituale.

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Terza verità

La persona integra la sua sessualità da quando è celibe/nubile, per viverla solo all’interno del matrimonio

L’integrazione della sessualità umana acquisisce il suo pieno significato nel matrimonio, perché l’atto psichico e l’atto fisico dell’unione sessuale si subordinano all’atto spirituale della donazione personale degli sposi, di cui passano ad essere espressione. Come conseguenza di questo, l’atto di unione sessuale acquisisce la dimensione di essere un modo di intercomunicazione profondamente personale e unitivo.

Senza questa integrazione, l’atto fisico sarà solo l’espressione di una relazione psicologica tra chi, senza misurare altri interessi se non il piacere sensibile, dice “fare l’amore”, o può anche ridursi a una mera relazione fisica tra soggetti come nel caso della prostituzione.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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