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Sigillo d’argilla con la “firma del profeta Isaia” ritrovato a Gerusalemme

ISAIAH,SIGNATURE

Ouria Tadmo | Eilat Mazar | Fair Use

Daniel R. Esparza - Aleteia USA - pubblicato il 26/02/18

Rinvenuto a tre metri da dove lo stesso team di archeologi ne avevano già trovato un altro appartenente al re Ezechia

Una scoperta archeologica vicino al Monte del Tempio di Gerusalemme potrebbe essere la prova della vita del profeta biblico Isaia, secondo la Biblical Archaeology Review. Un sigillo d’argilla spezzato del VIII secolo a.C. – noto come “bulla” – sembra contenere un’iscrizione che dice “Appartenente a Isaia”.

Come si legge in un articolo pubblicato da The Algemeiner, la dottoressa Eilat Mazar, archeologa dell’Università Ebraica il cui team ha scoperto il sigillo in alcuni scavi intorno al muro meridionale, ha affermato: “Nel corso di uno scavo archeologico scientifico sembra che abbiamo scoperto un sigillo che potrebbe essere appartenuto al profeta Isaia”.

Sul sigillo, accanto al nome del profeta, è impresso un daino al pascolo. Secondo la Biblical Archaeology Review, è un “motivo di benedizione e protezione che si ritrova in Giuda, soprattutto a Gerusalemme”.

La “bulla di Isaia” – come ci si riferisce ora al sigillo – è stata trovata a tre metri dal luogo in cui lo stesso team archeologico aveva già rinvenuto una bulla intatta con l’iscrizione “del re Ezechia di Giuda” tre anni fa. Ezechia, 12° re del Regno di Giuda, governò tra il 727 A.C. e il 698 A.C., proprio durante il ministero di Isaia.

“I nomi del re Ezechia e del profeta Isaia sono menzionati insieme 14 volte sulle 29 in cui il nome di Isaia viene ricordato nella Bibbia (2 Re 19-20; Isaia 37-39)”, ha affermato la Mazar. “Nessun’altra figura è stata più vicina al re Ezechia del profeta Isaia”, il che farebbe propendere per l’ipotesi che si tratti proprio dell’Isaia biblico.

L’iscrizione sul sigillo contiene il nome Yesha’yah[u], Isaia in ebraico, seguito dalla parola nvy. Visto che il sigillo è danneggiato in corrispondenza della parola nvy, “l’archeologa suggerisce che l’iscrizione potrebbe contenere dell’altro. Se a seguito di nvy era presente la lettera ebraica aleph, il risultato sarebbe il termine ‘profeta’, e dunque è possibile che il sigillo riportasse la dicitura ‘Di proprietà del profeta Isaia’”, riferisce il National Geographic. Senza la lettera aleph alla fine, invece, nvy può essere probabilmente ricondotta a un semplice nome di persona (spesso il nome del padre) o di luogo (di provenienza della persona in oggetto).

Christopher Rollston, docente di Lingue semitiche alla George Washington University, ha sottolineato le criticità derivanti dall’interpretazione della parola nvy. Oltre alla mancanza della lettera aleph, non c’è neanche l’articolo determinativo h, importante perché nella maggior parte dei riferimenti biblici i titoli sono preceduti dall’articolo (si trova ‘il profeta’, piuttosto che semplicemente ‘profeta’). Secondo la Mazar, l’articolo potrebbe essere stato presente in origine in una parte danneggiata sopra la parola nvy o potrebbe semplicemente non esserci stato.

Rollston ha anche indicato che la radice ebraica yš’ si ritrova non sono nel profeta Isaia, ma in quasi venti personaggi diversi della Bibbia. “C’erano molte persone con il nome Isaia o nomi simili costituiti dalla stessa identica radice”, e se la parola nvy costituisse parte del nome del padre di qualcuno, quel qualcuno non sarebbe il profeta, il cui padre, secondo la Bibbia, era Amoz.

Se l’interpretazione dei caratteri impressi sul sigillo fosse invece corretta, si tratterebbe del primo riferimento a Isaia al di fuori della Bibbia.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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