Perché non può un bambino abitare nove mesi nel ventre di sua nonna, la nonna Patty. Concepito col seme di sua padre che è praticamente quasi fratello. Però in una provetta e non in una tuba vera, con del sangue intorno e il calore giusto tipico del corpo umano; no.
La fornitura della quota genetica della mamma-nuora è avvenuta lì, nella provetta (in vitro fa molto scienziato à la page eppure significa forzato da mano umana, fuori del corpo, fuori dell’incontro sessuale); e la titolare di quella metà di patrimonio genico è quella ragazzona che si vede in foto, abbracciata al ragazzone. Forse una volta nato, questo povero piccolo Cristo, che si chiama Kross, avrà voluto allattarlo la giovane fornitrice di ovocita? (Anche se non credo sia stato semplice, senza la gravidanza. Sappiamo che “ci sono le tecniche per farlo”).
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A Kayla hanno estratto ovociti (che è di più che farsi cavare i denti); il marito ha estratto dalle sue gonadi il liquido seminale nell’unico modo possibile. Dopo diversi tentativi fatti per convincere due cellule ad innescare la loro tipica reazione a catena che fa un portentoso mix di geni e si squaderna poi in una miriade di cellule, organi, tessuti, ce l’hanno fatta. E sono tutti contenti? Aspettiamo di capire dal bambino se sopravviverà alla propria rabbia che ne pensa lui, una volta grande. (E loro stessi, santo Cielo, quanto gli ci vorrà a rendersi conto che hanno fatto male anche a loro stessi?)