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Il più commovente caso di liberazione: quando a cacciare il diavolo fu una comunità orante

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Chiara Ippolito - pubblicato il 25/02/18
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La testimonianza di fra Benigno, esorcista e formatore degli esorcisti di Sicilia

Il diavolo esiste: fra Benigno lo ha incontrato più volte, ha lottato contro lui e, nel nome di Cristo e con l’aiuto della Chiesa, ha vinto. E lo ha incontrato anche Maria, moglie e madre di tre figli, impiegata in un negozio, che per cinque anni dal demonio è stata tormentata nell’anima e piagata nel corpo. È proprio il frate rinnovato, esorcista lui stesso e formatore degli esorcisti di Sicilia per conto della Conferenza Episcopale Siciliana, a raccontare ad Aleteia di Maria. “È uno dei casi di liberazione tra tutti quelli che ho vissuto in diciotto anni di esorcismi che più mi ha toccato e che ho presentato quest’anno durante l’incontro di studio e confronto tra gli esorcisti siciliani” spiega.

FRA BENIGNO ESORCISTA

“Seppur posseduta, Maria frequentava costantemente la nostra chiesetta, nella borgata palermitana di Sant’Isidoro. Era uno strazio sentire il diavolo parlare attraverso lei durante le celebrazioni: malediceva i presenti e il sacerdote che presiedeva la messa, interferiva durante l’omelia, urlava davanti a Gesù Eucaristia perché stesse lontano. Nei momenti più turbolenti – racconta il frate -, lei si spostava in una stanzetta di fianco, ma le imprecazioni raggiungevano quanti erano in preghiera. E il suo cuore era colmo di un odio profondo e immotivato verso il marito e verso i figli”.

Alla sofferenza dello spirito, si aggiungeva lo strazio del corpo. “Il dolore che pativa anche fisicamente era incredibile, soprattutto durante gli esorcismi: sentiva delle fitte terribili, era come se ricevesse pugnalate in tutto il corpo, si contorceva, soffriva atrocemente. Spesso le si gonfiava l’addome a dismisura”.

L'importanza della preghiera

Maria, consapevole di quanto avveniva contro la sua volontà attraverso il suo corpo, non smetteva di ritornare in chiesa e di chiedere aiuto a fra Benigno. Così fece anche durante la Settimana Santa, lo scorso anno. “Durante le funzioni del Giovedì Santo – dice l’esorcista -, il nostro padre guardiano chiese ai fedeli che erano a messa un digiuno generoso da fare l’indomani per una sola intenzione: la liberazione di Maria. Lei era lì, presente, e le sue reazioni erano le stesse di sempre. Non era la prima volta che il padre guardiano coinvolgeva fattivamente la comunità: spingendo alla preghiera, invitando a recitare il rosario, a sostare in adorazione eucaristica e a praticare la penitenza, aveva avuto un ruolo importante per la liberazione di una cinquantina di persone”. Nessuno dei fedeli di Sant’Isidoro si tirò indietro.

Il tragitto per incontrare Cristo

“Erano evidenti a ciascuno tutte le sofferenze sue e della sua famiglia – dice fra Benigno -, ma le gente era formata: sapeva, comprendeva e la guardava con misericordia”. La risposta della comunità fu così decisa e così forte che il diavolo non poté resistere. “Il Venerdì Santo, mentre eravamo in preghiera, Maria era in disparte, ancora una volta in preda al demonio. Poi, ad un certo punto della liturgia di adorazione della Croce, dalla stanza in cui si trovava, la sentimmo: per la prima volta dopo cinque anni, ad alta voce lodava il Signore. Capii. Tutti capimmo! La raggiunsi, le chiesi di venire ad adorare la Croce e la accompagnai lungo tutta la navata. La percorremmo insieme davanti agli occhi stupiti della gente presente. Arrivata davanti alla Croce la invitai a baciarla, come prevedeva la liturgia di quel giorno. Lei si chinò, l’abbracciò e subito scoppiò in lacrime e con lei tutta l’assemblea”. Ancora una volta, quel giorno, ripercosse il tragitto per incontrare Cristo.

Una comunità unita

“Prese l’Eucaristia – dice fra Benigno – e, in serenità, tornò al suo posto. Fu un miracolo registrato pubblicamente, un momento comunitario straordinario perché la liberazione avvenne grazie al contributo di tutti, lì, davanti all’intera comunità. Era libera e da allora mai più il demonio tornò in lei”. Non dunque una liberazione nel momento della pronuncia dei riti di esorcismo, ma nel contesto, durante la preghiera di tutti i fedeli, durante la celebrazione in chiesa.

“Contro un nemico forte come il diavolo sono tre le armi che Gesù stesso ci indica: la fede, la preghiera e il digiuno. E così la comunità accompagnava lei e anche me. Così deve essere, sempre e dappertutto, per ogni fratello sofferente e per ogni esorcista. Quanto amore ci hanno messo! Quanta gente si è fermata ad abbracciarla il giorno della liberazione! Quante lacrime negli occhi di tutti! Un nostro parrocchiano le confidò di aver digiunato per lei il Venerdì Santo nonostante il suo diabete. E anche una bambina di sette anni, presente il giorno prima, quando fu chiesto di digiunare, volle aderire. ‘Maria soffre molto – disse alla mamma che voleva dissuaderla – e voglio aiutarla anche io’.

Una testimonianza

Ogni suo disturbo e tutto il suo odio era cessato e, con marito e figli, Maria tornò a Sant’Isidoro la notte di Pasqua, sedendo in prima fila. A chi non crede nell’esistenza del diavolo chiedo: si può pensare ad una patologia psichiatrica, ma come ha fatto a guarire senza farmaci e senza terapia? Se fosse stata una malattia, non sarebbe guarita senza cura. La  malattia era il demonio e la medicina è stata quel ministero che Gesù ha affidato alla Chiesa e che si chiama esorcismo”. Maria, come altri liberati, è stata poi seguita da fra Benigno con una terapia comunitaria di sostegno. Portando la sua testimonianza pubblicamente, lei stessa ha detto: “Devo ringraziare quanti frequentano San’Isidoro perché mai mi sono sentita disprezzata, ma sempre accettata, accolta, addirittura amata. La notte della veglia pasquale ho celebrato la Risurrezione del Signore che è stata anche la mia pasqua di liberazione”.