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Bestemmie in classe e genitori che picchiano i professori…scuola allo sbando?

STUDENT VIOLENCE

Helder Almeida I Shutterstock

Lucandrea Massaro - Aleteia Italia - pubblicato il 12/02/18

C’era una volta la figura autorevole, rispettata e quasi venerata del maestro di scuola, del professore. Questa immagine è immortalata nel prestigio sociale che aveva la figura del maestro Perboni nel libro Cuore, ma l’impressione è che quel prestigio da tempo si sia perso, e addirittura si è ribaltata la considerazione che alunni e genitori hanno della figura dell’insegnante altrimenti non si spiegherebbero i sempre più numerosi casi di aggressione, verbale o fisica, da parte di alunni e genitori verso gli insegnanti.

La cronaca ci viene in soccorso:

Circola in rete un video di un minuto e 25 secondi che – riporta Avvenire– un concentrato

di insulti e bestemmie che in un istituto superiore del Comasco uno studente di 15-16 anni rivolge al professore, in classe, davanti ai compagni ammutoliti. Il video è stato girato dal compagno di banco e, non si sa ad opera di chi, è stato pubblicato in rete il 27 gennaio scorso e sta ottenendo centinaia di visualizzazioni. È una scena choc per la sfrontatezza, la volgarità e la violenza verbale del ragazzo, ma anche per l’incredibile mancata reazione del docente, che, dopo avere minacciato lo studente di portarlo dal preside, ha lasciato sfogare il ragazzo, alla fine interrotto da un compagno di scuola. Nel filmato, registrato con uno smartphone tenuto in verticale, non ci sono riferimenti a luoghi, ma La Provincia di Como ha ricostruito che la scena è avvenuta in un istituto superiore della provincia comasca.

I motivi? Secondo il ragazzo il danneggiamento del proprio cellulare era colpa del professore che semplicemente voleva sequestrarlo perché causa di distrazione. Negli stessi giorni un genitore a Foggia ha aggredito il vicepreside della scuola media dove va il figlio era stato redarguito e preso per un braccio dal docente perché spintonava le bambine sue compagne mentre erano sulle scale. Un comunicato della scuola spiega come :

“A nulla è valso l’intervento dei collaboratori scolastici e dei docenti presenti, che, data la rapidità con cui si è mosso il genitore, non sono riusciti ad evitare l’aggressione. Il professore non ha reagito in alcun modo ai numerosi e violenti colpi che gli venivano inferti alla testa e all’addome, fino a quando i presenti non sono riusciti ad allontanare l’aggressore. Sul posto sono accorsi la polizia e gli operatori del 118” (TgCom24, 12 febbraio).

Morale della favola? 30 giorni di prognosi. Trenta.

E cosa dire dell’aggressione, addirittura con un coltello, di un giovane 15enne di Napoli verso la propria insegnante appena poche settimane fa? Non stiamo qui a fare la morale, l’indignazione non è costruttiva il più delle volte. Bisogna però capire, e presto, cosa succede nelle classi e nella società italiana. Come ha preso il sopravvento una cultura della violenza, dell’assenza del dialogo, dell’assenza dei doveri, della sparizione del rispetto, e più ancora che fine ha fatto quella alleanza implicita tra scuola e famiglia che sempre di più sembra messa in discussione? Questione di modelli educativi, di esempi su cui i ragazzi tarano la propria vita, la sensazione che il ruolo del professore non sia un mestiere di “successo”? O anche una mal sopportazione di ogni senso del limite per cui il “no” viene vissuto come un abuso e dove l’ego deve trovare sfogo continuo (vedi l’enorme quantità di video fatti nelle classi scolastiche e postati spesso in tempo reale sui social). Una dieta mediatica diversa potrebbe aiutare? E cosa fare degli smartphone in classe: occasione o trappola? Restiamo con queste domande…

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