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Perché non si verificano più miracoli?

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Kirstin McKee | Stocksy United

padre Carlos Padilla - pubblicato il 02/02/18

Ci sono miracoli quotidiani, alcuni si verificano nel silenzio del cuore

Quanti miracoli ha compiuto Gesù nei suoi tre anni di vita pubblica? Le fonti dicono che i miracoli raccolti nei Vangeli sono 38. Ce ne saranno stati sicuramente di più, ma non mi sembrano molti tenendo conto di quanti malati e quanti feriti avrà incontrato Gesù, di quante morti si sarà trovato davanti.

Quanta gente bisognosa della sua forza e del suo potere ci sarà stata in Terra Santa alla sua epoca! I miracoli sono stati pochi. Perché non ha curato tutti?

Penso a tutto il dolore che c’è oggi intorno a me. Perché non salva tutti?

Chiedo miracoli giusti. Cose buone, positive.

Penso che essere curati da Gesù sia sinonimo di essere amati da Lui. Eletti. Chiamati. Guardati. Curati. Riscattati. E penso che non essere curati sia il contrario.

Non mi rendo conto di essere amato in modo speciale. Né prediletto. Né scelto. Appartengo al gruppo immenso di quelli che non sono amati da Lui. Al gruppo degli invisibili. Non al gruppo degli eletti. Lo riconosco.

Anche a me piacerebbe vedere miracoli, essere oggetto di un miracolo, essere guarito nelle mie ferite. Prego chiedendo miracoli e li aspetto.

E quando non si verificano mi sento meno amato, meno scelto, meno tenuto in conto. Come se Gesù passando non avesse fissato il suo sguardo su di me. Mi frustra vedere come si allontana dalla mia vita. Guarda gli altri più di quanto guardi me. Penso a tante persone che Gesù cura. Io non sono tra queste. Neanche i miei cari. E ho pregato tanto…

Gli evangelisti dicono che la gente seguiva Gesù per toccarlo. Richiamava la sua attenzione. Confidava nel fatto che semplicemente toccarlo sarebbe bastato per guarire. Non avrebbe avuto bisogno della sua parola. Né della sua attenzione. Non doveva essere guardata. Bastava toccarlo. Ma molti non sono stati curati.

Mi colpisce questa fede. Non so se io ce l’ho. Voglio che Gesù mi parli, mi guardi, mi tocchi. E voglio quei miracoli straordinari che richiamano tanto l’attenzione. Quelli che mi sorprendono. Come le conversioni spettacolari. Quelle che emozionano l’anima. Il quotidiano mi sembra meno attraente, quasi noioso.

A volte ci sono miracoli poco spettacolari. Miracoli di grazia. Miracoli che si verificano nel silenzio del cuore. Nascosti agli occhi curiosi degli uomini. Dio cambia la mia anima e inizio a vivere in modo diverso. Dio cambia il mio sguardo e inizio a vedere ciò che prima non vedevo. È un miracolo immenso a cui a volte non do valore.

Non rendo grazie per i miracoli quotidiani. Forse credo di averne diritto e li do per scontati. La mia salute. L’amore che ricevo. Una vita stabile. Una fecondità che mi sorprende. Tutto mi sembra logico. Mi sembra poco. Non ringrazio per il quotidiano. Per tutto quello a cui credo di avere diritto.

Ma non è così. Ogni giorno si verificano dei miracoli intorno a me. Forse mi manca la fede per vederli. Mi sono abituato alla vita. E mi delude vedere che Dio non compie i miracoli che gli chiedo.

Avevo creduto in un Dio che compie miracoli sorprendenti. E quando tocca a me non succede quello che chiedo, quello che spero, quello che sogno. Vorrei imparare a vedere Dio che agisce intorno a me. Come quella presenza invisibile che cambia tutto senza che il mondo se ne renda conto.

Diceva padre Josef Kentenich: “Quando la fede nella Divina Provvidenza è penetrata fino al midollo, quando è diventata una seconda natura, ci si vede circondati da ogni parte (anche nelle cose più semplici) da messaggeri e messaggi di Dio”[1].

Voglio quella fede che crede in un Dio provvidente che mi guida con il suo amore. Uno sguardo puro capace di vedere miracoli semplici, nascosti. Voglio scoprire quel Dio che si abbassa nel più intimo della mia anima. Mi sostiene e mi mostra la via da seguire.

E io devo imparare a vedere miracoli ovunque. Non quelli spettacolari che nessuno può negare, ma quelli che passano inosservati. Nascosti. Silenziosi.

Mi piacciono quei miracoli che non chiedo perché credo di averne diritto. Ma sbaglio. Sono grazia. Sono un dono. Un regalo che ricevo senza meritarlo.

Voglio avere più fede per vedere Dio che mi abbraccia, che sostiene i miei passi, che guida la mia vita. Chiedo a Dio il miracolo di vederlo nella mia vita, nelle mie abitudini, nella mia carne.

Gli chiedo il miracolo di imparare a vivere. Il miracolo di affrontare le paure con una fiducia che non è mia. Gli chiedo il miracolo di sapermi stupire dei doni che mi fa ogni giorno. Il miracolo di saper interpretare la sua volontà e di metterla in pratica.

E dire, come mi insegna San Francesco di Sales, “Nulla chiedere, nulla rifiutare”. Chiedo troppo. Voglio realizzare i miei progetti, e che Dio rispetti con la sua magia il corso della mia vita. Che non cambi nulla. Che non alteri i miei sogni.

Penso a quel Dio che compie miracoli. E non apprezzo quei miracoli nascosti e semplici. Chiedo a Dio di curarmi e di non arrivare mai a pensare che per il fatto di non ricevere esattamente ciò che gli chiedo non mi ami più e non sia più il suo eletto.

Voglio una fede più matura, più pura. Per non allontanarmi da Lui pensando che non mi dà grazia su grazia perché ha smesso di donarmi il suo amore. Voglio ringraziarlo con una fede semplice per quello che ho. Per quello che mi ha dato. Senza volere altro. È un salto di fede.

[1] Christian Feldmann, Rebelde de Dios

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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