La notizia ha fatto il giro del mondo in questi giorni. Che cosa ci dice sul cuore dell'uomo e sullo stato di salute delle nostre società?
Cani, dingo, lemuri, scimmie, primati non umani, animali non umani e animali umani. Questi i termini che ricorrono con notevole frequenza nelle pubblicazioni della docente che si è vista affollare il suo ultimo corso inserito nell’offerta formativa del prestigioso ateneo americano: lei si chiama Laurie Santos e l’università è quella di Yale.
Indaga la mente, l’origine e lo sviluppo della conoscenza, i comportamenti e la loro qualità.
Così spiega il suo operato nella scheda che trovate sul sito di Yale:
«La nostra ricerca esplora una domanda secolare: cosa rende unica la mente umana? Testiamo questa domanda studiando le capacità cognitive degli animali non umani. Confrontando le capacità cognitive degli animali non umani con quelle degli umani, possiamo determinare quali domini di conoscenza sono unici per la mente umana».
Se ne stiamo parlando noi, come hanno fatto e stanno facendo in questi giorni diverse testate e trasmissioni radio, non è per l’appeal delle sue meticolose osservazioni del comportamento di questi animali ma perché il corso sovraffollato in questione recita: Psicologia e buona vita.
Ribattezzato subito il corso della felicità è quello più seguito in assoluto nella storia di Yale, iniziata 316 anni fa.
Un’indagine questa volta solo su “animali umani” risalente al 2013, come riporta il New York Times, dichiare che ben il 50% della popolazione studentesca aveva chiesto assistenza psicologica per disturbi legati a stress e ansia. Non erano affatto felici.
Alle lezioni partecipano infatti ben 1200 studenti.
Ma, se posso ipotizzare fin da ora, vedo una contraddizione con l’obiettivo perché ripete le condizioni di partenza che si volevano migliorare, il corso è duro e serrato e termina con un compito finale che deve mostrare un progetto strutturato di automiglioramento.
A me sarebbe ansia…

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La prima cosa da mettere in risalto, come hanno fatto un po’ tutti i media, è il numero di adesioni. Tanti sono anche gli studenti rimasti fuori.
Allora in fondo siamo sempre gli stessi: vogliamo essere felici! Dall’Alpe alle Piramidi, dal Manzanarre allo Houston, l’uomo si muove, studia, compete, si affatica, lavora per essere contento e lieto. E se trova scritto in bacheca o su un volantino “vieni alle mie lezioni e sarai felice” è ben disposto a credere alla promessa.
Ma perché tanta infelicità, prima?
Certo viene gioco facile usare questo fenomeno come prova del fatto che il nostro cuore è inquieto e che cerchiamo l’infinito.