Un anno dopo la scomparsa di Gaspard, i genitori rilasciano una testimonianza toccante in un’opera intitolata “Gaspard, tra terra e cielo”. La coppia condivide con semplicità ed emozione come la malattia del loro bambino abbia radicalmente cambiato la loro vita.
Gaspard è nato il 30 agosto 2013 nei pressi di Rennes, ultimo di quattro figli. Il 29 settembre 2014 gli viene diagnosticato il morbo di Sandhoff, che si traduce in una degenerazione del sistema nervoso centrale. Lo sviluppo è normale per i primi tre/sei mesi di vita, poi la malattia compare ed evolve rapidamente. Non c’è un trattamento specifico, per questa malattia, e raramente la speranza di vita supera i 4 anni.
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Nel 2015 il padre di Gaspard decide di condividere la lotta di suo figlio sui social network. Le reazioni fioccano immediate e attorno al piccolo si erge una vera e propria comunità di sostegno. Gaspard non è più semplicemente Gaspard: diventa invece “il piccolo soldato dell’amore”. «Gaspard ci ha insegnato ad amare meglio, a dare di più», affermano Marie-Axelle e Benoit Clermont, i suoi genitori. «Questa capacità di amare la possediamo tutti, è dentro ciascuno di noi». Un anno dopo la scomparsa di suo figlio, Benoit Clermont si confida con Aleteia.
Caroline Becker: I lettori di Aleteia hanno seguito la storia di Gaspard fin dal momento dell’apertura della pagina Facebook, e molti sono stati trasportati dalla sua testimonianza. Che cosa vi ha spinti a scrivere questo libro?
Benoit Clermont: Sì, siamo persuasi della fecondità di Gaspard, che ci trascende di gran lunga. Sentivamo di non aver finito con la pagina Facebook. Era sopraggiunta l’idea di concretare la testimonianza in qualcosa di meno virtuale. Sì, abbiamo dato testimonianze a viva voce con le conferenze, ma volevamo – Marie-Axelle e io – che il virtuale si traducesse nel carnale. Penso che nel libro ci sia qualcosa di carnale. È importante pure per la nostra famiglia, per i nostri bambini che sono ancora piccoli ma che cresceranno. Un giorno potranno rileggere questa storia, che appartiene anche a loro, perché col tempo – anche senza che uno lo voglia – i ricordi sbiadiscono. Noi invece vogliamo lasciarne una traccia ai nostri bambini. C’è pure una forma di catarsi, nella scrittura, e già l’avevamo intrapresa con la pagina Facebook. Un’altra cosa ci stava a cuore: Marie-Axelle e io volevamo scrivere il libro a due mani, volevamo che la paternità delle singole parti fosse ben esplicita per il lettore. Così potevamo esprimerci liberamente, come uomo e come donna, marito e moglie, padre e madre. Avevamo bisogno di condividere questa prova a modo nostro, pur assumendo differenti punti di vista.
C. B.: Infatti… com’è andata con la scrittura a quattro mani?
B. C.: Marie-Axelle faceva una prima stesura, io la leggevo e poi intervenivo successivamente, a mo’ di eco. Non abbiamo scritto la storia di Gaspard ciascuno per contro proprio. Era importante che potessimo dare il nostro parere, il nostro sentire sugli avvenimenti, perché non li avevamo vissuti in modo medesimo. Però bisognava assumere pienamente, in questo lavoro di scrittura, che noi non avevamo avuto le medesime attese né le medesime reazioni. Non siamo persone eroiche. Volevamo solo mostrare tutte le difficoltà che una coppia attraversa in questi momenti difficili e permettere, forse, ad altri genitori di affrontare le prove da un altro punto di vista e mettersi alla loro scuola, per superarle meglio. Desideriamo tanto aiutare e al contempo apportare la testimonianza di una madre e di un padre (cosa spesso più rara).
C. B.: Il messaggio che condividete ha portato i suoi frutti? Avete contezza di famiglie scosse dalla vostra storia?
B. C.: A bizzeffe, certo. Per la nostra famiglia, anzitutto, questo ha sconvolto tante cose. Abbiamo rimesso a fuoco le priorità e ci concentriamo meglio sull’essenziale.
Abbiamo ricevuto testimonianze di persone che hanno pregato Gaspard e che hanno ricevuto numerose grazie. Alcuni genitori hanno perfino dato ai loro figli nascenti il nome di Gaspard. Sono cose che ci hanno commossi. Ci sono anche alcune persone che hanno ritrovato la fede grazie alla nostra esperienza e degli adulti che hanno chiesto il battesimo. Un chirurgo, un giorno, ci ha chiamati per dirci che aveva cambiato il modo di guardare i suoi pazienti. Si è reso conto che prima di essere l’ennesimo numero, il paziente era innanzitutto un essere umano, e che bisognava preoccuparsi anche dell’essere che si nasconde dietro alla cartella clinica. Ricevere tutte queste testimonianze ci conforta molto, specie quando si ricevono – per quanto possano essere minime – calunnie infamanti come se speculassimo sul nostro bambino. Questo ci ferisce, evidentemente, ma quando nel mucchio delle reazioni riceviamo tutte queste testimonianze torniamo a respirare e a trovare motivazione. Ogni volta che ho dei dubbi sulla pertinenza della nostra testimonianza, quando mi domando “ma dobbiamo continuare questa cosa o no?”, riceviamo testimonianze talmente forti che ci vediamo un segno, il segno di andare avanti. Testimoniare significa sempre assumersi un rischio.
C. B.: Gaspard si è spento il 1o febbraio 2017. In che cosa la sua dipartita ha cambiato la vostra vita da un anno a questa parte?
B. C.: La nostra vita con Gaspard ha totalmente cambiato la nostra relazione col fatto della fede. L’ha purificata. Poi ha cambiato le nostre abitudini e il modo di affrontare la vita. Abbiamo voluto vivere questo lutto serenamente coi nostri bambini. Quando ci viene una botta di malinconia, ci rientriamo sulla nostra famiglia e non nascondiamo ai nostri figli la nostra sofferenza. Il giorno in cui abbiamo capito che Arthur, il nostro primogenito, non piangeva mai perché non ci vedeva piangere, abbiamo provato molta pena. È importante che sia naturale, con loro; che si possano esternare i momenti di felicità come quelli di tristezza. La pagina Facebook, il libro… sono belle testimonianze, entrambe sono un passo nel lutto, per noi… ma non sono il cuore della nostra vita. Non vogliamo disperderci troppo ma restare focalizzati sul punto centrale della nostra vita: la nostra relazione sponsale e i nostri bambini.
C. B.: State preparando un film che uscirà il 5 febbraio su KTO. Può parlarcene?
B. C.: Non è un progetto avviato da noi. Siamo stati contattati da Steven e Sabrina Gunnell; entrambi volevano produrre, parallelamente alla loro attività professionale, qualcosa che fosse pieno di senso. Avevano fatto un primo film su Damien Ricour, un attore cattolico morto di cancro. In seguito a questo progetto ci hanno chiesto se fossimo d’accordo col fare un film sulla vita di Gaspard e abbiamo accettato. In pratica si tratta di un docufilm in cui Steven e Sabrina raccolgono le testimonianze delle persone che hanno conosciuto Gaspard: la famiglia, il personale medico, gli amici, i sacerdoti. Il film va al di là del libro e della nostra personale testimonianza. Esso condivide lo sguardo di quelli che hanno conosciuto Gaspard lungo il corso della sua vita.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]