Usando questi principi, San Giovanni Bosco trasformava orfani indisciplinati in giovani virtuosi
Edie, mia figlia di tre anni, ed io stavamo giocando di recente a Forza Quattro – gioco a cui lei vince sempre perché cambia le regole man mano che andiamo avanti – quando all’improvviso lo ha preso ed è andata via. Le ho chiesto di tornare perché per una volta stavo vincendo e non è giusto bloccare un gioco a metà, ma mi ha spiegato che non aveva intenzione di tornare perché voleva “giocare da sola”. Non provava alcun senso di colpa. Non le è venuto in mente che abbandonandomi mi avrebbe fatto rimanere male. Mi sono messo a ridere. Dopo tutto, l’egoismo inconsapevole è tipico dei bambini piccoli.
Mia moglie ed io abbiamo cinque figli, e ci sono giorni in cui casa nostra diventa una zona di guerra in cui scoppiano risse su chi possiede un certo giocattolo, chi ha rubato cosa a chi e chi è addolorato per il fatto di dover dividere i giochi elettronici con qualcun altro. La mia pazienza di genitore a volte diminuisce parecchio. Con i bambini più piccoli non è molto preoccupante, visto che uno stadio di sviluppo egocentrico è normale, ma spero ardentemente che crescendo cambieranno. Se mi ritroverò con adolescenti o giovani adulti centrati su di sé avrò fallito come genitore?
Quello che mi preoccupa è che non li posso costringere ad essere persone generose e attente. Posso far condividere loro i giochi e punirli quando sono egoisti, ma non potrò far fare loro per sempre quello che voglio. Alla fine cresceranno e faranno le proprie scelte.
San Giovanni Bosco comprende la situazione in cui si trovano i genitori. Essendo stato un sacerdote vissuto nel XIX secolo, tecnicamente non ha avuto figli propri, ma per tutta la sua vita si è dedicato ad essere un padre surrogato per gli orfani. Spesso aveva affidati alle sue cure allo stesso tempo 500 bambini, che preparava per la Prima Comunione, educava, nutriva, ospitava e formava nel lavoro. Prima di arrivare all’orfanotrofio, i ragazzi facevano spesso parte di bande giovanili che vagavano per le strade. Erano concentrati su di sé, perfino violenti. Non sapevano come dare o ricevere amore, e pensavano solo a se stessi. Se non lo facevano morivano di fame.
Nessuno voleva assumersi la responsabilità per loro – nessuno tranne Giovanni Bosco, che vide il loro potenziale e diventando loro padre surrogato e usando una specifica filosofia educativa tirò fuori il meglio di loro. Alla fine, molti dei ragazzi divennero così generosi da diventare sacerdoti e unirsi a don Bosco nel suo operato.
Lo “stile genitoriale” di don Bosco era semplice, e lui stesso lo riassumeva in tre punti: “ragione, religione e amorevolezza”.