Esso, infatti, indicherebbe una dimensione intermedia, dov’è possibile – secondo la Bibbia – vivere esperienze fuori dal comune. Si tratterebbe di uno di quei casi in cui il linguaggio biblico, opportunamente scandagliato, può fungere da interfaccia per un confronto con la ricerca scientifica. Infatti, l’elemento più affascinante e intrigante delle NDE (=Near Death Experiences/Esperienze di Pre-morte), perché non solo universalmente attestato ma anche in certo modo verificabile, sono i racconti di coloro che subito dopo il decesso dicono di essersi visti dall’alto, da un punto di osservazione esterno al proprio corpo. Non credo pertanto inverosimile dire che la dimensione in cui l’anima della persona deceduta fluttua liberamente, possa in certo modo corrispondere allo spazio che la Bibbia chiama tra «terra e cielo». Nel caso delle NDE, si tratta di una dimensione sospesa tra un mondo dell’uomo che si lascia temporaneamente e un mondo di Dio in cui non si entra definitivamente. [Ora abbiamo il quadro di riferimento per occuparci di un vero e proprio mistero].
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Nell’area intermedia così descritta, Ezechiele avrebbe ricevuto la visione che ha reso il suo libro universalmente celebre. Eccola tradotta direttamente dall’originale ebraico:
Il cinque del quarto mese dell’anno trentesimo, mentre mi trovavo fra i deportati sulle rive del canale Chebàr, i cieli si aprivano ed ebbi visioni divine. […] Io guardavo ed ecco un uragano avanzare dal settentrione, una grande nube e un balenare di lampi, che splendeva tutto intorno, e in mezzo si scorgeva come un balenare di elettro incandescente. Al centro apparve la figura di quattro esseri animati, dei quali questo era l’aspetto: avevano sembianza umana e avevano ciascuno quattro facce e quattro ali. Le loro gambe erano diritte e gli zoccoli dei loro piedi erano come gli zoccoli dei piedi d’un vitello, splendenti come bronzo brunito. Sotto le ali, ai quattro lati, avevano braccia umane; tutti e quattro avevano le medesime sembianze e le proprie ali, e queste ali erano unite l’una all’altra. Mentre avanzavano, non si volgevano indietro, ma ciascuno andava diritto avanti a sé. Quanto alle loro fattezze, uno aveva fattezze d’uomo; poi fattezze di leone a destra, fattezze di toro a sinistra e, ognuno dei quattro, fattezze d’aquila. Le loro ali erano spiegate verso l’alto; ciascuno aveva due ali che si toccavano e due che coprivano il corpo. Ciascuno si muoveva davanti a sé; andavano là dove lo spirito li dirigeva e, muovendosi, non si voltavano indietro. Tra quegli esseri si vedevano come carboni ardenti simili a torce che si muovevano in mezzo a loro. Il fuoco risplendeva e dal fuoco si sprigionavano bagliori. Gli esseri andavano e venivano come un baleno. Io guardavo quegli esseri ed ecco sul terreno una ruota al loro fianco, di tutti e quattro. Le ruote avevano l’aspetto e la struttura come di topazio e tutt’e quattro la medesima forma, il loro aspetto e la loro struttura era come di ruota in mezzo a un’altra ruota. Potevano muoversi in quattro direzioni, senza aver bisogno di voltare nel muoversi. La loro circonferenza era assai grande e i cerchi di tutt’e quattro erano pieni di occhi tutt’intorno. Quando quegli esseri viventi si muovevano, anche le ruote si muovevano accanto a loro e, quando gli esseri si alzavano da terra, anche le ruote si alzavano.
Dovunque il vento le avesse spinte, le ruote andavano e ugualmente si alzavano, perché lo spirito dell’essere vivente era nelle ruote. Quando essi si muovevano, esse si muovevano; quando essi si fermavano, esse si fermavano e, quando essi si alzavano da terra, anche le ruote ugualmente si alzavano, perché lo spirito dell’essere vivente era nelle ruote. (Ezechiele 1,1; 4-21)
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Questa visione rappresenta ciò che appare al di sotto di una piattaforma cristallina e trasparente, sopra la quale è poggiato un trono di colore celeste: «Al di sopra delle teste degli esseri viventi vi era una specie di firmamento, simile ad un cristallo splendente, disteso sopra le loro teste»(1,22).
Imbattendosi in storie come questa, alcuni hanno considerato Ezechiele una persona disturbata, ed effettivamente tali studiosi non hanno tutti i torti, perché leggendo alcuni brani (cfr. per es. 3,22 e ss.; 4,4; 6,11; 21,9) sembra veramente di riconoscere l’anamnesi di un paziente schizofrenico. Quando un uomo o una donna entrano in contatto col misterioso mondo di Dio è quasi naturale, però, che il linguaggio da essi usato per comunicarlo possa sembrare quanto meno strano, poiché esso è in gran parte inadatto a spiegare ciò che si vede o si sente interiormente. Come spesso accade in questi casi, alcuni studiosi pensano allora che la versione originale di Ezechiele consistesse in una contemplazione cosmica dove l’elemento predominante era la luce descritta in molte sue componenti. Le immagini concrete, invece, sarebbero frutto di un’interpretazione successiva della visione originale di Ezechiele.
A mio parere, non c’è bisogno di scandagliare così a fondo il testo biblico, soprattutto quando si tratta di una visione.