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Qualsiasi sia il nostro lavoro dobbiamo amarlo!

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Pixabay

Silvana De Mari - pubblicato il 26/01/18

"Il solo fatto che quel lavoro lo stiamo facendo, vuol dire che non averlo ed essere disoccupati sarebbe peggio"

Il miglio in più

Qualsiasi sia il nostro lavoro, dobbiamo amarlo; fare per sei, sette, otto, nove ore al giorno un lavoro che si odia è terribile. Noi dobbiamo essere i padroni di noi stessi, della nostra mente e della nostra anima, anche quando lavoriamo: questo è l’unico mezzo per non odiare il nostro lavoro, anche quando non è quello che noi vorremmo. Il solo fatto che quel lavoro lo stiamo facendo, vuol dire che non averlo ed essere disoccupati sarebbe peggio, quindi la frase magica dell’ottimismo si può inserire nel discorso.
La frase magica è “potrebbe andare peggio”.

Il concetto di lavoro è che stiamo vendendo il nostro tempo in cambio del denaro necessario a sopravvivere, certo, se applichiamo questa definizione, siamo molto ben avviati a una vita di rancore e depressione cronica.
Ogni tanto andiamo indietro con lo sguardo alla storia: abbiamo una qualità di vita superiore a quella che in altri secoli era stata di re e grandi aristocratici. Possiamo non soffrire di mal di denti, siamo certi di non morire né di vaiolo né di peste, né di peritonite, come il bambino del Re Sole. Enrico VIII Tudor, è morto con le piaghe aperte nelle gambe e i vermi dentro a causa del diabete. Noi abbiamo antibiotici e insulina. Fa parte anche questo della nostra ricchezza. Cominciamo ad essere grati al nostro lavoro e ad una società che ci dà del denaro, permettendoci la sopravvivenza nostra e di quelli che amiamo.




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Questo non vuol dire non desiderare di migliorare la società e il nostro lavoro, al contrario, ma solo rendendoci conto di quanto già funziona, potremo migliorare tutto.
Diventiamo padroni di noi e del nostro tempo anche quando lavoriamo, anche se facciamo un lavoro umile o dipendente. Come si fa ad ottenere questo miracolo? Lo intuisce Napoleon Hill, scrittore motivazionale, fare il miglio in più, se vi hanno detto di fare dieci miglia, voi fatene undici: cioè fate il vostro lavoro meglio di come è stato richiesto. Che poi è un criterio estratto di peso dalle pagine del Vangelo. Se mi pagano per fabbricare trenta tazzine in una giornata, io sto eseguendo gli ordini degli altri, ma se ne fabbrico trentuno, allora vuol dire che non sono il servo di nessuno, sto eseguendo la mia volontà.

Come recita il Vangelo: se ti chiedono di fare un miglio con il tuo fratello, tu fanne due. E’ un testo che fa parte del manifesto programmatico di Gesù: le Beatitudini, Vangelo di Matteo, cap. 5, v. 41: “E se uno ti costringerà a fare un miglio con lui, tu fanne due”. Ecco la scelta della grandezza, la tua grandezza divina.

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