Per ogni peccato mortale perdonato un’anima dovrebbe passare in media sette anni in Purgatorio. Questa e altre rivelazioni ricevute da due mistiche della Chiesa cattolicaDio ha voluto mostrare in spirito l’oscura sede del Purgatorio ad alcune anime privilegiate, che avrebbero poi rivelato i misteri dolorosi che vi avevano luogo per l’edificazione dei fedeli [1].
Tra queste anime privilegiate c’è stata Santa Francesca Romana, fondatrice delle Oblate, morta a Roma il 9 marzo 1440. Dio l’ha favorita con grandi illuminazioni riguardo allo stato delle anime nell’altra vita. Ha visto l’Inferno e i suoi orribili tormenti, e ha visto anche l’interno del Purgatorio e l’ordine misterioso – quasi come una “gerarchia di espiazioni” – che regna in questa parte della Chiesa di Gesù Cristo.
In obbedienza ai suoi superiori, che si videro costretti a imporle questo obbligo, rese noto tutto ciò che Dio le aveva manifestato, e le sue visioni, scritte su richiesta del venerabile canonico Matteotti, suo direttore spirituale, godono di tutta l’autenticità che si possa desiderare in materia.
La serva di Dio dichiarò che dopo aver sopportato con orrore indescrivibile la visione dell’Inferno uscì da quell’abisso e venne condotta dalla sua guida celeste fino alle regioni del Purgatorio. Lì non regnavano né il terrore né il disordine, né la disperazione né l’oscurità eterna; lì la speranza divina diffondeva la sua luce, motivo per il quale, come le venne detto, quel luogo di purificazione era chiamato anche “dimora della speranza”. Lì vide anime che soffrivano crudelmente, ma anche angeli che facevano loro visita e le assistevano nelle loro sofferenze.
Il Purgatorio, diceva, è diviso in tre parti diverse, che sono come le tre grandi province di quel regno di sofferenza. Sono situate una sotto l’altra e occupate da anime di ordini diversi. Più sono in basso, più sono contaminate e lontane dal momento della loro liberazione.
La regione più in basso è piena di un fuoco violento, ma non tanto scuro quanto quello dell’Inferno; si tratta di un vasto mare di fuoco, dal quale escono fiamme immense. Innumerevoli anime si trovano immerse in quelle profondità: sono quelle che si sono rese colpevoli di peccati mortali, debitamente confessati ma non sufficientemente espiati in vita.
La serva di Dio apprese che per ogni peccato mortale perdonato l’anima colpevole deve attraversare una sofferenza di sette anni [2]. Questo periodo non può essere evidentemente considerato una misura definitiva, ma una pena media, visto che i peccati mortali sono estremamente vari. Anche se le anime sono avvolte dalle stesse fiamme, le loro sofferenze non sono le stesse, ma variano in base al numero e alla natura dei peccati commessi.
In questo Purgatorio più basso la santa notò la presenza di laici e di persone consacrate a Dio. I laici erano quelli che dopo una vita di peccato avevano avuto la gioia di convertirsi sinceramente; le persone consacrate a Dio erano quelle che non avevano vissuto in base alla santità del loro stato di vita.
In quello stesso momento, vide l’anima di un sacerdote a lei noto, ma di cui non ha rivelato il nome; il sacerdote aveva il volto coperto da un velo che nascondeva una macchia. Pur avendo condotto una vita edificante, non aveva sempre osservato con rigore la virtù della temperanza, avendo cercato ardentemente le soddisfazioni della gola.
La santa venne poi condotta al Purgatorio intermedio, destinato alle anime che avevano meritato un castigo meno rigoroso.
Lì c’erano tre parti diverse: una che ricordava un’immensa cella di ghiaccio, il cui freddo era indescrivibilmente intenso; la seconda, al contrario, era come un grande calderone d’olio e pasta bollente; il terzo aveva l’apparenza di un lago di metallo liquido, simile a oro o argento fusi.
L’alto Purgatorio, che la santa non descrive, è la dimora temporanea delle anime che soffrono di meno – ad eccezione della pena della perdita [3] – e che sono molto vicine al momento felice della loro liberazione.
Questa è in sostanza la visione di Santa Francesca Romana relativa al Purgatorio.
Quello che segue ora è quanto detto da Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, una carmelitana di Firenze, come riferito nella sua biografia, scritta da parte Cesare. La sua rivelazione offre una visione più completa del Purgatorio.
Qualche tempo prima di morire nel 1607, Maria Maddalena de’ Pazzi si trovava una sera con varie altre religiose nel giardino del convento quando venne rapita in estasi e vide il Purgatorio aperto davanti a lei. Allo stesso tempo, come rese noto in seguito, una voce la invitò a visitare tutte le prigioni della Giustizia divina e a vedere come fossero davvero degne di compassione tutte le anime che si trovavano in quel luogo.
In quel momento si sentì rispondere: “Sì, andrò”, acconsentendo a intraprendere quel viaggio doloroso. Camminò due ore intorno al giardino, che era molto grande, facendo di tanto in tanto delle pause. Ogni volta che si fermava contemplava attentamente le sofferenze che le venivano mostrate. Venne vista allora stringere con forza le mani e chiedere compassione. Il suo volto divenne pallido e si piegò sotto il peso della sofferenza di fronte al terribile spettacolo che aveva davanti.
La santa iniziò a dire ad alta voce: “Misericordia, mio Signore, misericordia! Scendi, Sangue Prezioso, e libera queste anime dalla loro prigione. Povere anime! Soffrite così crudelmente e al contempo siete felici e allegre. Le carceri dei martiri, paragonate a queste, erano giardini di svago. Nonostante questo, ne esistono di più profonde. Quanto sarebbe felice la mia sorte se non fossi costretta a scendere in questi luoghi!”
Scese perché venne costretta a proseguire il suo cammino. Dopo aver fatto qualche passo, però, si fermò terrorizzata, e sospirando gridò: “Cosa? Perfino i religiosi in questa dimora buia! Buon Dio, come sono tormentati! Ah, Signore!” La santa non spiegò la natura delle sofferenze che aveva davanti agli occhi, ma l’orrore che manifestava contemplandole faceva sì che sospirasse a ogni passo che faceva.
Da lì passò a luoghi meno oscuri. Erano le prigioni delle anime semplici e dei bambini, in cui l’ignoranza e la mancanza di ragione hanno provocato molte mancanze. I loro tormenti sembravano alla santa molto più sopportabili di quelli delle altre persone. Lì non c’era nulla se non ghiaccio e fuoco. Notò che quelle anime avevano con sé il proprio angelo custode, che le fortificavano enormemente con la sua presenza, ma vide anche demoni le cui sembianze spaventose facevano aumentare le loro sofferenze.
Affrettando un po’ il passo vide anime ancora più sfortunate, e sentì se stessa gridare: “Oh, quando è orribile questo luogo! È pieno di demoni orrendi e tormenti incredibili! Chi sono, mio Signore, le vittime di queste crudeli torture? Vengono perforate con spade affilate, vengono fatte a pezzi”. Le venne allora rivelato che erano le anime la cui condotta era stata contaminata dall’ipocrisia.
Avanzando un po’ vide una grande folla di anime ferite e schiacciate sotto una pressa, e capì che erano le anime che si erano attaccate in vita all’impazienza e alla disobbedienza. Contemplandole, gli sguardi, i sospiri e tutto l’atteggiamento della santa esprimevano compassione e terrore.
Il carcere delle anime che si erano macchiate di impurità era così sporco e pestilenziale che la visione diede la nausea alla santa.
Un attimo dopo la sua agitazione aumentò, e la santa gridò. Ora aveva davanti il carcere dei bugiardi. Dopo averlo guardato attentamente gridò forte: “I bugiardi sono confinati in un luogo vicino all’Inferno, e le loro sofferenze sono eccessivamente forti. Nella loro bocca viene versato del piombo fuso; li vedo ardere, e allo stesso tempo tremare di freddo”.
Andò allora alla prigione di quelle anime che avevano peccato per debolezza, e sentì se stessa dire: “Ah! Avevo pensato che vi avrei trovati tra coloro che avevano peccato per ignoranza, ma mi sono sbagliata; bruciate con un fuoco più intenso.”
In seguito vide anime che si erano attaccate troppo ai beni di questo mondo e avevano peccato di avarizia. “Che cecità”, disse, “aver cercato tanto ardentemente una fortuna che perisce! Coloro che non hanno potuto essere saziati a sufficienza dalle ricchezze qui vengono divorati con tormento. Si fondono come metallo nella fornace ardente”.
Da lì passò al luogo in cui le anime si erano macchiate di impurità. Le vide in un carcere così sporco e pestilenziale che la visione le diede la nausea, e voltò immediatamente le spalle a quello spettacolo ripugnante. Vedendo gli ambiziosi e gli orgogliosi disse: “Vedi quelli che hanno voluto brillare davanti agli uomini! Ora sono condannati a vivere in questa oscurità spaventosa”.
Le vennero poi mostrate le anime che si erano rese colpevoli di ingratitudine nei confronti di Dio. Erano vittime di tormenti indescrivibili e affogate, per così dire, in un lago di piombo fuso per aver fatto seccare, con la loro ingratitudine, la fonte della pietà.
Nell’ultimo carcere, infine, le vennero mostrate le anime che non si erano date ad alcun vizio in particolare, ma che per mancanza di dovuta vigilanza su se stesse avevano commesso ogni tipo di mancanza triviale. La santa notò che queste anime prendevano parte ai castighi di tutti i vizi in grado moderato, perché le mancanze che avevano commesso solo di tanto in tanto le rendevano meno colpevoli di quelle che le avevano commesse abitualmente.
Dopo quell’ultima sosta la santa lasciò il giardino, implorando Dio di non renderla mai più testimone di uno spettacolo tanto desolante, sentendo che non avrebbe avuto la forza di sopportarlo.
La sua estasi continuò e conversando con Gesù disse: “Dimmi, Signore, qual era il tuo disegno nel mostrarmi quelle terribili prigioni, delle quali sapevo così poco e che ora comprendo ancora meno? Ah, ora capisco: hai voluto farmi conoscere la tua infinita santità e farmi detestare sempre più la minima macchia di peccato, così abominevole ai tuoi occhi”.
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Riferimenti:
Tratto e lievemente adattato dall’opera Purgatory: Explained by the Lives and Legends of the Saints (c. VI), Londra: Burns & Oates, 1893, pp. 11-16.
Note:
1. Vale la pena di ricordare ciò che insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica riguardo a rivelazioni come queste: “Lungo i secoli ci sono state delle rivelazioni chiamate « private », alcune delle quali sono state riconosciute dall’autorità della Chiesa. Esse non appartengono tuttavia al deposito della fede. Il loro ruolo non è quello di « migliorare » o di « completare » la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica. Guidato dal Magistero della Chiesa, il senso dei fedeli sa discernere e accogliere ciò che in queste rivelazioni costituisce un appello autentico di Cristo o dei suoi santi alla Chiesa” (n. 67)
2. È importante dire che il titolo di questo approfondimento si riferisce ai peccati mortali debitamente confessati, dei quali l’anima, prima di morire, si è effettivamente pentita. In caso contrario, la pena non è il Purgatorio ma l’Inferno.
3. “La pena della perdita consiste nell’essere privati per un certo tempo della visione di Dio, che è il Bene supremo, il fine beatifico per il quale sono state create le nostre anime, come i nostri occhi sono per la luce. È un desiderio ardente (moral thirst, ‘sete morale’) che tormenta l’anima” (“Purgatory…”, p. 24)
[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]