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Magra accoglienza per il Papa in Cile? Il frutto di un feroce secolarismo

PAPIEŻ FRANCISZEK W CHILE

AP/EAST NEWS

Miguel Cuartero Samperi - Aleteia Italia - pubblicato il 21/01/18

Secondo quanto riportato dal quotidiano cileno La Tercera, i vaticanisti che abitualmente accompagnano Papa Francesco nei suoi viaggi sono rimasti "sorpresi" per la fredda accoglienza riservata al Pontefice dalla popolazione cilena durante il suo 22° Viaggio Apostolico (15-18 gennaio 2018).

Nessuna folla oceanica per il Santo Padre

Secondo LaTercera (uno dei quotidiani più diffusi in Cile, di stampo nettamente conservatore) il mancato entusiasmo verso il papa in Cile è stato palese negli incontri pubblici dove l’affluenza si è rivelata nettamente inferiore alle aspettative degli organizzatori. La spianata di Maquehue (Temuco) dove papa Francesco ha celebrato la seconda messa del suo viaggio in Cile, era attrezzata per ospitare circa 400mila persone. Alla fine, secondo i dati che il comitato organizzatore ha ricevuto dalla polizia, i partecipanti sono stati circa la metà.

Mai visto nulla del genere!

Il fatto ha provocato stupore nei giornalisti “veterani” che accompagnano il papa nei suoi viaggi. «È il sesto viaggio che il papa fa in America Latina ed io li ho fatti tutti» ha commentato la giornalista argentina Elisabetta Piqué vaticanista de La Nación e autrice della biografia “Papa Francesco, vita e rivoluzione” (Lindau 2014) da cui è stato tratto il film “El padre Jorge” prodotto in Argentina. «In realtà è stato molto deludente, anche se sapevamo che sarebbe andata così, perché si tratta di una Chiesa [quella cilena] che vive un’emorragia di fedeli». Piqué ha ricordato il viaggio di Francesco in Colombia dove «la moltitudine dei fedeli presenti per strada impediva il passaggio dei pullman dei giornalisti» Nulla di tutto ciò in Cile dove – racconta – «Arrivati a Temuco poco prima delle 10:00 erano pochissime le persone che aspettavano lungo i lati della strada. Lungo gran parte del tragitto abbiamo visto solo la polizia appostata ogni 500 metri per custodire il percorso del papa. Tutto questo contrasta anche con la visita in Bolivia del 2015».

Alta tensione in un paese cattolico

Ciò che ha destato maggiore sorpresa sono stati gli attacchi alle Chiese avvenuti nei giorni precedenti all’arrivo del Santo Padre. Continua Elisabetta Piqué «Tutta questa tensione, gli incidenti, è qualcosa che non avevamo mai vissuto prima. E’ la prima volta che il papa visita un paese cattolico e avvengono questi attacchi. E’ stato in Egitto, ma lì gli attacchi arrivano dai fondamentalismi islamici, qui è un paese cattolico e, anzi, nei paesi non cattolici c’è stata meno tensione per l’arrivo del Pontefice».

Reputazione in crisi, complici gli scandali sessuali

Il giornalista Andrea Tornielli uno dei “decani” dei vaticanisti italiani e tra i più entusiasti sostenitori di papa Francesco (autore di più di dieci libri sul Pontefice tra cui “Il none di Dio è misericordia” libro-intervista per il Giubileo e “In viaggio“) segnala un problema interno alla chiesa cilena: «Si vede che in questo paese la Chiesa ha un problema. Siamo in America Latina ma non ho visto molta gente per le strade. Sono stato in Colombia, Ecuador, Bolivia, Paraguay e Brasile e il panorama era molto diverso». «La gente ha un’opinione non troppo alta della Chiesa Cattolica e una visione lontana rispetto all’epoca della dittatura, tempi in cui la chiesa cilena aveva grandi vescovi».

A questo mancato entusiasmo – secondo la Piqué – ha contribuito l’affermarsi di una chiesa «elitista e clericale che sta pagando questi errori così come gli scandali degli abusi».

Il papa lo sa bene e per questo ha «espresso la sua vergogna per i casi di pedofilia e – durante l’incontro col clero e i consacrati – ha criticato duramente il clericalismo e una Chiesa lontana dalla gente». «La chiesa non può recuperare la sua credibilità da un giorno all’altro – ha continuato Piqué. Si tratta di un lungo processo i più ottimisti credono fermamente che la visita del papa segnerà un punto di svolta […]». «Al di la di tutto – afferma la giornalista argentina – credo che Francesco abbia conquistato i cileni perché lo hanno visto così com’è, il papa dei poveri, che si sposta in utilitaria, che è autentico. Egli sa esattamente cosa fa e perché lo fa, non perché abbia una agenda studiata, non ha strategie mediatiche, è solo se stesso […]. Benedetto XVI diceva di non essere un uomo di governo, ma questo papa è un uomo di governo».

Chiesa minoritaria di fronte al secolarismo e anticlericalismo

Se la visita di Francesco riuscirà a invertire la rotta di un paese in cui la chiesa è mal-sopportata e ridotta a una scomoda minoranza lo si scoprirà in avvenire. Resta il fatto che il Cile ha subito negli ultimi decenni delle profonde trasformazioni sociali che lo hanno portato a diventare il secondo paese più secolarizzato del sud America, dopo l’Uruguay, considerato dagli studiosi il paese «più secolarizzato e agnostico dell’America Latina» (si legga QUI quanto fu decisivo l’apporto massonico e del “nostro” Garibaldi durante il XIX secolo). Il Cile si presenta oggi come un paese fortemente laicizzato e secolarizzato che ha relegato la religione al mero ambito privato privandola di ogni valenza pubblica e sociale. Un forte sentimento anticlericale e anticattolico ha investito gran parte della società, in modo particolare i giovani, il mondo accademico e la classe politica. Secondo la ricerca effettuata nel 2014 dall’istituto di ricerca Latinobarómetro e pubblicata col titolo Le religioni ai tempi di Papa Francesco”, «Il Cile è il secondo paese della regione in cui si è prodotto un processo di secolarizzazione, anche se non così accelerato come in Uruguay» ma allo stesso tempo «il processo di secolarizzazione in Cile è il più sorprendente perché il Cile non aveva una tradizione di agnosticismo due decenni fa come lo aveva invece l’Uruguay che ha solamente accentuato ciò che già viveva» (Latinobarómetro 2014, p.17). Lo studio segnala la stretta relazione tra il processo di secolarizzazione e la vertiginosa crescita economica di cui gode il paese.

Un nuovo studio effettuato in occasione del viaggio di papa apostolico di Francesco in Cile e pubblicato col titolo “Papa Francesco e la religione in Cile e in America Latina 1995-2017″ (Latinobarómetro 2017) offre dati ancora più allarmanti:

«Il Cile ha sofferto una secolarizzazione accelerata raggiungendo l’Uruguay nella sua condizione di paese meno religioso della regione». Lo studio segnala che «Il Cile si distingue per un forte crollo del cattolicesimo e un forte aumento di coloro che dichiarano di non appartenere a nessuna religione, sono agnostici o atei. Si tratta di un caso di secolarizzazione accelerata. L’impatto del caso Karadimain Cile [sacerdote condannato nel 2011 per reati di pedofilia e violenza psicologica, n.d.r.]  ha influito notevolmente sul crollo di coloro che si dichiarano cattolici e sulla pratica religiosa. Allo stesso tempo si osserva una ripresa del cattolicesimo con l’elezione di papa Francesco avvenuta nel 2013. La domanda è se la leadership del Pontefice potrà produrre un recupero del cattolicesimo in America Latina e Cile». 

«Il Cile sta cambiando molto in peggio»

In occasione della visita di Francesco all’Università Cattolica del Cile e ricordando la visita di Giovanni Paolo II avvenuta nel lontano 1987, Gonzalo Rojas – professore di diritto e storia presso l’Università Cattolica del Cile – ha commentato:

«[Rispetto al 1987] il Cile sta cambiando molto in peggio, i fedeli praticanti sono di meno, l’umiltà dei cattolici per accettare il loro pontefice è minore. Molte persone hanno manifestato in modo violento contro il papa, una cosa che trent’anni fa non è successa […]» «In questo senso la visita di questo papa rappresenta una sfida molto più grande per i cattolici rispetto a trent’anni fa quando vivevamo una certa comodità nella fede. Il paese era a maggioranza cattolica, la serenità per parlare di Dio era molto maggiore».

Rojas sottolinea l’equivoco di un sistema mediatico che fa cassa di risonanza alle parole del Pontefice perdendo di vista il messaggio centrale cristiano e limitandosi agli elementi che ne derivano:

«Una cosa che mi ha colpito è come la diffusione di ciò che il papa sta dicendo si stia concentrando su questioni importanti ma che hanno a che vedere con un messaggio centrale, e che se vengono separate dal messaggio centrale perdono la loro importanza. Gli abusi sessuali, la violazione dei diritti umani, le relazioni con la politica, con i popoli indigeni… tutto questo ha a che vedere col ruolo di Dio nella storia. Dunque il messaggio centrale di Gesù Cristo nella storia che sono le Beatitudini»

«La messe è grande ma gli operai sono pochi»

Tra i vari indicatori che segnalano il crollo del cattolicesimo c’è, non solo la diminuzione proporzionale dei cattolici e il conflitto tra le loro opinioni personali e il magistero della Chiesa, ma anche la grave mancanza di sacerdoti e di vocazioni alla vita religiosa. Le chiese si stanno svuotando e le vocazioni sono al minimo. E’ da segnalare che, durante gli anni della dittatura di Pinochet, i sacerdoti e i religiosi cattolici furono colpiti da una violenta persecuzione: violenze, torture e omicidi furono il trattamento riservato dal dittatore ai sacerdoti cattolici.

Ad ogni modo, la scarsità di vocazioni sacerdotali non è un problema recente. Già nel 1936 sant’Alberto Hurtado manifestava il proprio dolore per questa situazione quando affermava:

«Che triste vedere tanta messe abbandonata a causa della scarsità di operai che vadano a raccogliere l’abbondante raccolto! E che opprimente è per un sacerdote trovarsi da solo in regioni così vaste! […] Quanti migliaia di cristiani muoiono ogni anno senza poter ricevere i sacramenti! Nei villaggi dove ancora c’è fede, portano in processione il Crocifisso a casa del malato affinché perdoni il moribondo… Ma quella fede, disgraziatamente, si sta perdendo, perché ci sono villaggi, molti villaggi, dove gli abitanti non ricordano aver visto mai un sacerdote. Come potrà esserci fede se non ci sono predicatori?» (A. Hurtado, La crisis sacerdotal en Cile, 1936)

Il futuro che ci aspetta.

C’è chi legge nella fredda accoglienza riservata a Francesco in Cile una generale disaffezione (se non una vera a propria avversione) verso la persona del papa argentino contrapponendolo ad altri pontefici. Conoscendo meglio la situazione della società e della chiesa del Cile è facile capire che il problema non risieda in Francesco ma nel fenomeno di secolarizzazione che ha sconvolto la società cilena negli ultimi decenni.  Inutili dunque le polemiche che prendono di mira il papa quando è la progressiva perdita della fede che ha creato un divario insanabile tra la società cilena ed il messaggio evangelico. L’aggressività dei settori più anticlericali della società cilena e l’incapacità di dialogo e di tolleranza nei confronti del cristianesimo e dei cristiani si nutrono di ideologie atee incompatibili con la fede cristiana e della propaganda legata a scandali e incoerenze di cui i mass media e il mondo politico fanno da cassa di risonanza. Il Cile non è altro che un’avanguardia, un banco di prova, frutto dell’alleanza tra massoneria, pensiero progressista e politiche socialiste per plasmare un mondo “ideale” dove la chiesa è destinata a scomparire dalla sfera pubblica. Un ideale distopico che è già realtà. Sembra essere questo il destino dell’Occidente, dove la perdita della fede e l’accantonamento del discorso su Dio per sostituirlo col discorso sull’uomo e i suoi molteplici e sacrosanti “diritti”, si tocca con mano. L’elevazione del “principio dio autodeterminazione” a somma legge e la delegittimazione dell’autorevolezza della fede segnano il cammino verso un Occidente secolarizzato e ateo. Forse è questa la strada giusta da percorrere: il destino del cristianesimo non passerà per le masse in festa, per gli applausi o per le celebrazioni multitudinarie, ma dalle fede vissuta autenticamente e praticata in famiglia e nella piccola comunità cristiana. Un vero “ritorno alle origini” che ridurrà la Chiesa a «un piccolo gregge di credenti», una Chiesa più spirituale, lontana dal potere politico e dai privilegi sociali; proprio come il giovane teologo Joseph Ratzinger – nel 1969 – aveva profeticamente immaginato la chiesa del futuro: un processo lungo e travagliato, «Ma quando tutto il travaglio sarà passato, emergerà un grande potere da una Chiesa più spirituale e semplificata».

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