Ma oltre a togliere loro frustrazioni, ne infliggiamo anche perché tutti questi accorgimenti altro non sono che questo ritornello: “non sei capace/non reggeresti/ci penso io”. Finiranno per crederci.
Forse questo, come altri macrofenomeni, tradisce un grave e diffuso analfabetismo antropologico: chi è l’uomo? Come cresce? Cosa diventa? Come si favorisce un suo sviluppo integrale e armonioso? E così resta l’idea del figlio-possesso da tutelare, sottrarre al dolore, aiutare, far “riuscire”.
“I bambini devono imparare a ragionare con la propria testa, risolvere i problemi da soli, gestire lo stress e superare le avversità. Le competenze, le abitudini e l’atteggiamento che apprendono durante l’infanzia dovrebbero prepararli ad una vita adulta sana e realizzata. Sfortunatamente, quando i genitori sono così ansiosi da fare troppo per i figli, anche dopo che questi hanno superato i vent’anni, i ragazzi non sviluppano mai la forza necessaria a fare i conti con la vita di tutti i giorni. Da tutto quello che ho osservato, mi sembra chiaro che la causa dell’attuale crisi di salute mentale sia questo tipo di genitorialità, animata dalle migliori intenzioni ma deleteria, che rende i nostri ragazzi incapaci di affrontare gli anni dell’istruzione post-secondaria e l’ambiente lavorativo”. (Huffington Post, 26-11-2017)
Un altro schema forse preso in prestito dal dogma efficientistico che tutto pervade e che ci rende involontariamente dannosi e che invece dovremmo abbandonare è quello che nasce da questa preoccupazione: “cosa posso fare di più?”
In questo caso la risposta è nel capire l‘errore della domanda. Nel fatto che non dovremmo più farcela. Non sempre occorre fare né se le cose vanno male significa che occorra fare di più o fare altro. Spesso occorre astenersi proprio dall’azione.

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Dove questo non accade? Ci sono ampie zone dove questo errore rimane come malanno di stagione, circoscritto e con una carica virale ridotta? Forse conviene non solo denunciare questi fenomeni ma farsi anche questi interrogativi.
E , come nei casi di gravi epidemie, converrà attuare misure di emergenza per salvare vite in pericolo e nel frattempo organizzare sistemi di prevenzione per evitare che in futuro ci si possa trovare di nuovo in questa situazione.