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L’amore di moglie è in competizione con quello di madre?

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TESTIMONIAMO - pubblicato il 15/01/18

No, anche se può sembrare. Perchè il cuore si deve espandere (è fatto apposta!) e non dividere

Il 22 aprile mia figlia è venuta al mondo. Ho passato le prime 24 ore della sua esistenza ad abbracciarla, a guardarla e a darle il seno. Ho fatto solo questo. Non mi sono alzata, non mi sono addormentata, non ho fatto nulla. L’ho solo guardata e amata.
E una cosa mi è stata chiara da subito: mia figlia aveva un amore tutto suo che non aveva niente a che fare con quello che provo per mio marito.

Per questo non mi sento di dire che sono prima madre e poi moglie, o viceversa; non mi sento come molte donne che conosco che prima si sentono madri e poi mogli, che “prima i figli e poi il marito”. No: io sono moglie e madre, e le due cose non si escludono né sono in competizione.

Quando sposai mio marito lui non prese il posto di qualcosa: il mio cuore semplicemente s’allargò e creò un universo tutto suo, pieno di un amore tutto suo, un amore tutto per lui che si chiama moglie. Quando nostra figlia è nata il mio cuore si è allargato un altro po’ e ha creato un universo d’amore tutto per lei, un amore di nome mamma.

Ed ora io sto qui, con questo cuore grande e pesante, che fa rumore quando mi muovo, che travolge tutto e tutti, che riempe la mia vita di battiti e di emozioni.

E lo sento che si muove nel profondo delle mie viscere, che mi fa essere più grande: c’è più spazio dentro di me rispetto a prima che mi sposassi, rispetto a prima che fossi madre. E ce ne sarà di più in futuro, con ogni figlio s’allargherà, creerà nuovi universi per ognuno di loro, e mai soffocherà gli altri, mai entrerà in competizione, mai varcherà la soglia dell’universo dell’altro. Perché in fondo il mio cuore si allarga un po’ ogni volta che amo qualcuno sulla mia strada, che sia un’amica, un parente, un nipote, un estraneo che mi sorride. Perché a questo mondo ognuno è degno d’amore, ed ognuno ha il suo amore.

L’amore ha mille forme, mille facce, mille ragioni per esistere. Ed è bello scoprirsi in grado di amare in modo così specifico: ognuno ha i propri bisogni, le proprie necessità, e sarebbe sbagliato dare a tutti la stessa cosa, senza curarsi dei loro bisogni. Sarebbe sbagliato amare mio marito con amore di madre, amare mia figlia con amore carnale, amare mio padre come un amico e mia madre come una conoscente.

Ogni cosa ha il suo nome, anche l’amore, nelle sue varie forme, ha i suoi nomi: c’è l’amore filiale, l’amore sponsale, l’amore carnale, l’amore per gli amici e per chi ci è accanto.


SUPRISE

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Non è una gara a chi si ama di più; è un capire che il nostro cuore è capace di un amore speciale per ognuno. Se rimettiamo a posto la nostra capacità di amare in modo sano, allora rimetteremo a posto le nostre relazioni, la nostra vita. Saremmo in grado di dare amore al povero che ci è accanto, all’amico lontano, al carcerato che non vedi, al tuo nemico, a chi hai sempre vicino e non noti nemmeno.

Diventeremmo persone migliori, persone in grado di dire “Si, io ti amo perché Dio ti ha messo nel mio cammino, e tu sei un dono immenso, con te posso sperimentare un amore nuovo, posso esercitarmi alla carità e alla misericordia, posso amarti e questo mi fa stare meglio”.

Ed invece siamo persone meschine, diffidenti, che danno amore solo a chi trovano comodo, e lo fanno con il contagocce, perché fa paura amare, perché non siamo in grado di amare in modo sano, diamo a tutti lo stesso amore, quando in realtà non gli stiamo dando niente, facciamo solo confusione. Viviamo di emozioni “forti”, che ci fanno torcere le budella, vogliamo sentirci sempre con il cuore in gola, come sulle montagne russe; non siamo in grado di provare sentimenti maturi. Ma l’amore è prima di tutto una scelta: io scelgo di accettarti per come sei, per come vieni, non pretendo di cambiarti, voglio solo aiutarti ed esserti vicino, capire il tuo punto di vista e cercare di aiutarti da lì. Amare il prossimo come ami te stesso.

E forse è proprio questo il problema: noi non ci amiamo più, non ci accettiamo più per come siamo, per come veniamo, non accettiamo i nostri punti di vista, i nostri pensieri. Ci troviamo banali, superati, noiosi, spenti, brutti, grassi, antipatici, indegni.

E allora ci buttiamo sulle emozioni forti: ci mettiamo con il ragazzo “duro” che ci fa battere il cuore come nessuno al mondo, e magari lo sposiamo anche; però poi arriva un figlio, e il pugno allo stomaco che ti dà quell’emozione lui non te l’ha dato mai. E no. Un figlio ti trafigge come una lancia rovente il costato, ti fa provare quell’ebrezza che hai sempre cercato, di riempe di una gioia che mai avevi provato prima. Ed ecco che quel poveretto finisce in secondo piano.

Perché in fondo era da un po’ che non ti faceva più battere il cuore in quel modo, ormai anche lui era diventato banale e noioso. Ti ci eri abituata. Ed ecco per magia che viene spostato al secondo posto, se gli va bene, e sul gradino più alto del podio ci mettiamo quella creaturina, così piccola ed indifesa e già con questo peso sulle spalle. E guai a farne un altro, di primo posto ce ne può essere uno solo, eh.




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Non abbiate paura di amare, date ordine ai vostri sentimenti, non cercate le “emozioni forti”, vivete di emozioni vere. Imparate prima di tutto a riamare voi stessi. Ve lo meritate, davvero.

Non siate madri e poi mogli. Siate madri e mogli, siate creature capaci di amare. Chiunque.

Shalom,

Sara

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