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3 peccati che commettiamo quando comunichiamo

Woman Arguing
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padre Michael Rennier - pubblicato il 15/01/18
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E come possiamo correggerciCirca una volta a settimana, colgo lo splendido suono delle voci delle mie due figlie che parlano mentre sistemano insieme la loro stanza…

“Non ti parlerò MAI PIÙ!”

“Bene! Esci di qui per sempre!”

Succede ormai ogni settimana da anni. Per un po’ ho cercato di ignorare la cosa, sperando che alla fine si sarebbero stancate e avrebbero raggiunto un compromesso, ma non è accaduto. Queste ragazze che si dicono esauste non appena viene affidato loro un compito hanno apparentemente un’energia illimitata per portare avanti una discussione.

Quando le grida non si fermavano ho cercato di dividerle e far sì che a ciascuna fosse affidato un turno per pulire metà della stanza, ma è risultato che chiunque avesse pulito per prima avrebbe avuto la possibilità di spingere furtivamente alcuni dei giocattoli nella metà della sorella, con la conseguenza di altre discussioni e altre grida.

In alcune circostanze, queste ragazze – che in genere sono compagne di giochi felici – non riescono a parlarsi in modo educato e civile. Non ci sono simpatia, pazienza, tentativi di comprensione o di scendere a compressi. Si passa da 0 a 100 in un attimo, dal non avere preoccupazioni a gridarsi contro.

In quei momenti si verifica un fallimento nella comunicazione.

Non voglio mettere pubblicamente in imbarazzo le mie figlie. Dopo tutto sono giovani e stanno ancora imparando, e ho visto adulti comunicare in modi ben peggiori. La comunicazione è difficile a ogni età. I fraintendimenti abbondano, la rabbia porta a dire cose che non si pensano o di cui in seguito ci si pente e non siamo giusti nel modo in cui interpretiamo gli altri o ne parliamo. Anziché parlare dei problemi, optiamo per parlare senza carità gli uni degli altri a chiunque ci ascolti.

In un discorso recente ai giornalisti, Papa Francesco ha identificato quelli che definisce “peccati della comunicazione”. Il suo intervento parlava del modo in cui comunicano i media, ma la lezione è applicabile a ciascuno di noi. Secondo Francesco, ecco i tre errori che commettiamo quando comunichiamo, insieme ai modi in cui potremmo affrontarli nella nostra vita:

Disinformazione

Non vuol dire mentire aperamente, ma condividere solo una parte dell’argomentazione tralasciando altre informazioni. È più insidioso del mentire, perché è molto più facile da giustificare. So che posso parlare agli altri in un modo tale che le mie azioni appaiano ragionevoli e perfettamente giustificate, ma è solo perché ho tralasciato molte cose. In realtà sto comunicando solo metà della storia. Alla fin fine, la disinformazione distorce la verità quanto la menzogna. Quando ero bambino, ad esempio, dicevo allegramente che mio fratello aveva rotto il mio set Lego, ma per convenienza tralasciavo di dire che lo aveva rotto perché io gli avevo dato un pugno nello stomaco.

Parliamo con chiarezza e onestà totale. Può essere umiliante ammettere la nostra parte in un conflitto, ma nel lungo periodo essere onesti e riconoscere tutta la verità porterà a una linea di comunicazione molto più sana.

Calunnia

La calunnia è la descrizione sensazionalistica delle azioni altrui, o un’esagerazione di parole e motivazioni. La calunnia è tentatrice perché fa sì che la nostra risposta sembri più contenuta, ma porta a ferire i sentimenti e condotta all’estremo ci fa disumanizzare gli altri e trasformarli in nemici con cui non possiamo e non dovremmo scendere a compromessi.

Anziché alla calunnia, possiamo aggrapparci a uno standard di accuratezza più alto nel modo in cui parliamo degli altri. Cos’ha detto davvero l’altra persona? Qual è l’aspetto più positivo che posso attribuire alle sue parole e alle sue azioni? Se usiamo quelle che Francesco definisce “parole ponderate e chiare” quando parliamo degli altri, le vie di comunicazione restano aperte.

Diffamazione

La diffamazione è l’abitudine di riportare alla luce errori del passato. Diffamo qualcuno quando ne menziono i difetti senza che sia necessario. Potrei anche dire la verità su quella persona, ma la comunicazione in sé è superflua e dannosa. Ogni volta che lo faccio, in seguito mi rendo conto che l’ho fatto per lenire i miei sensi di colpa e farmi sentire meglio, ma non è giusto rinfacciare continuamente errori passati altrui per far prevalere il proprio punto di vista.

Anziché diffamare gli altri, prendiamo l’abitudine di parlare positivamente di loro. Visto che tendo ad avere un atteggiamento cinico, l’ho resa una regola. Ogni volta che in una conversazione si menziona una persona, le prime parole che mi escono dalla bocca in risposta devono essere qualcosa di positivo su quella persona. Nel corso del tempo questa regola è diventata un’abitudine, e la trovo sempre più semplice da applicare. Il risultato più sorprendente per me è stato il fatto che man mano che le mie abitudini di comunicazione cambiavano è diventato più positivo anche il modo in cui penso alla gente.

Sono queste le lezioni che insegno alle mie figlie mentre lavoriamo sul formare abitudini positive di comunicazione, e loro mi sono utili come un adulto nel parlare e far sì che i disaccordi restino a un livello civile. Il loro progresso, e il mio, sono la prova del fatto che la comunicazione costruttiva e positiva è perfettamente possibile.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]