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Perché il Vaticano utilizza il latte di mucca per restaurare i suoi edifici?

MILK VATICAN

M. MIGLIORATO - CPP

Lait provenant la ferme du Vatican.

Roberta Sciamplicotti - Aleteia Italia - pubblicato il 09/01/18

Un'antica ricetta che si è dimostrata più duratura di qualsiasi pittura sintetica moderna

Le nostre nonne hanno sempre detto che i rimedi naturali sono i migliori e aiutano a risolvere una quantità di situazioni. È una teoria accettabile e più che verificata per il mal di gola, il raffreddore e altri malanni di stagione, ma chi avrebbe mai immaginato che il latte possa essere l’opzione ideale per restaurare degli edifici?

Eppure è così, e lo sanno bene in Vaticano, visto che il Palazzo del Belvedere, che risale al 1484 e ospita le opere di valore inestimabile dei Musei Vaticani, in questo periodo viene ripitturato proprio con il latte.

E non un latte qualsiasi, ma quello bio al 100% delle mucche allevate nelle fattorie pontificie di Castel Gandolfo, alimentate solo con cibi naturali.

Il capo degli architetti vaticani, Vitale Zanchettin, ha riferito che nei lavori di conservazione tutto, dalle fasi del monitoraggio a quelle della ristrutturazione, dev’essere il più possibile attinente alla tutela ambientale.

“Non è che siamo fissati con le cose antiche, né siamo nostalgici del passato, si tratta di utilizzare una pittura che offre la possibilità di avere maggiore tenuta cromatica”, ha affermato, come riporta Il Messaggero.

“Abbiamo cercato di applicare solo metodi non invasivi per l’ambiente e le persone che lavorano ai restauri”, ha spiegato Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani, aggiungendo che “l’enciclica sull’ecologia di Papa Francesco [la Laudato si’] è la guida per i lavori di restauro”.

Il latte, ricorda laCNN, viene mescolato con calce spenta e pigmenti naturali fino a ottenere il famoso color crema, una tonalità delicata, quasi pastello, che non ha eguali, usato nel Cinquecento e steso a mano sui muri con una tecnica plurisecolare.

Il Vaticano è all’avanguardia nella ricerca sull’uso degli olii essenziali per pulire e proteggere le 570 statue e le altre opere d’arte marmoree che ospita nei suoi giardini.

Le sculture sono collocate tra alberi e piante, e i funghi e i batteri delle piante e del suolo erodono lentamente le opere marmoree, già esposte a elementi naturali potenzialmente dannosi come l’inquinamento.

Per trovare una soluzione ecologica al problema, il Vaticano ha condotto ricerche per vari anni, e i risultati hanno mostrato che le essenze di origano e timo sono efficaci nel prevenire il deterioramento del marmo senza danneggiare le opere d’arte o la salute di chi lavora ai restauri. Superfluo dire che anche gli olii sono “ecologici”, provenendo da colture organiche della Sicilia.

I Musei Vaticani hanno uno staff di 100 persone per pulire e mantenere in buone condizioni le opere d’arte e gli edifici per i 6 milioni di turisti che visitano ogni anno i Musei.

“Il costo della mano d’opera è elevato, ma il Vaticano preferisce impiegare persone piuttosto che macchine”, ha spiegato Zanchettin.

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