La lettera di un padre separato alla figlia: amarezza, disincanto e un velo di cinismo, ma resta viva la speranza che la figlia possa sfuggire alla morsa delle false ragioni e restare aggrappata all’amore
di Pietro De Montis*
Cara figlia, quando leggerai – questa è ogni giorno la mia consolazione – potrai avere tutti gli strumenti che il buon Dio ha voluto offrire alle sue creature, per capire ciò che ora posso solo sussurrarti. Non a parole, ma con lo sguardo e le carezze. Con l’Amore vissuto.
Spesso mi chiedo a chi giovi tutto il male che ti abbiamo inflitto, o se esso abbia un senso. Non credo lo abbia e non penso nemmeno lo si possa trovare, anche sforzandosi di piegare fatti, parole e sentimenti – dovrai abituarti a questo, nel mondo nel quale crescerai – ad una Razionalità vuota e ormai incapace di alcun dialogo, con la parte più nobile di noi stessi: la Coscienza.
Devi sapere che perfino un Papa, tedesco e molto diverso dall’attuale, provò a mettere allo stesso tavolo questi due personaggi, Ragione e Fede, per ottenere da essi un dialogo, ma anche lui – come spesso accadeva
a me e a tua madre – ha dovuto arrendersi davanti al soccombere di Fede e Coscienza, che solitamente sussurrano al contrario della Ragione.
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O meglio, la Ragione ha vinto senza neanche combattere poiché la Fede (e la Coscienza) di solito preferisce non seguirla sul campo di battaglia, ma fiduciosa e umile resta in attesa che il Tempo – altro Signore nella grande Storia della Vita – le restituisca Dignità e Libertà, due gemme preziose che ormai nessuno ricorda abbia posseduto.
In questo momento, mentre scrivo, osservo la pioggia scendere e ripenso alle lacrime che hai versato, al tuo disperato ricorrere all’affetto del Nonno Gianni per fuggire dal nostro egoismo – sordo e cieco – che
ha limitato il tuo diritto ad essere bambina, con tutto il tempo necessario al gioco ed ai capricci.