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Perché il discorso di Oprah Winfrey ha commosso e ispirato tante persone

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David Fisher/REX/Shutterstock/EAST NEWS

Adriana Bello - pubblicato il 09/01/18

Parole cariche di sentimento ma anche di molta forza, che per alcuni la potrebbero portare alla Presidenza nel 2020 se lo volesse

Il 7 gennaio, la presentatrice televisiva Oprah Winfrey ha ricevuto il riconoscimento più ambito dei Golden Globe, il premio Cecil B. DeMille, in onore alla sua carriera nell’industria cinematografica.

Il suo discorso è stato strutturato alla perfezione, empatico e molto emotivo, come ci si poteva aspettare non solo da un’esperta di comunicazione, ma anche da una donna che non ha lasciato che le sue origini e tutte le difficoltà che ha dovuto affrontare determinassero la sua carriera e men che meno la sua vita.


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La Winfrey ha iniziato con un aneddoto. Era solo una bambina seduta nell’umile soggiorno della sua casa che vedeva la cerimonia degli Oscar mentre la madre preparava la cena dopo una lunga giornata lavorativa come collaboratrice domestica. È stato allora che ha sentito 5 parole che ha descritto come magiche: “Il vincitore è… Sidney Poitier”.

Erano gli anni Sessanta, e per la prima volta un attore afroamericano vinceva nella categoria Miglior Attore Protagonista. Lei forse non lo sapeva, ma la sorprese che un uomo di colore venisse celebrato in quel modo in un’epoca segnata dalla discriminazione razziale.

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Lo ha raccontato per dire che a volte sono quei momenti che potrebbero sembrare insignificanti a molti che possono cambiare la vita di una bambina. Poitier è stato anche il primo afroamericano a ricevere il premio Cecil B. DeMille, e ora lei è la prima donna di colore a ricevere lo stesso riconoscimento, con la speranza che altre bambine la stessero guardando a casa e si sentissero ispirate a raggiungere i propri obiettivi.

La Winfrey è poi passata a ringraziare la stampa (i Golden Globe vengono conferiti dall’Associazione della Stampa Straniera di Hollywood), non tanto per il premio, quanto per la dedizione nello scoprire la verità e permettere che la gente non sia cieca di fronte alla corruzione e alle ingiustizie, soprattutto in questi “tempi complicati”.

Sì, c’era un riferimento indiretto al Presidente Trump, che ha intrapreso una battaglia costante con la stampa, ma Oprah non ha mai menzionato il suo nome, riferendosi a lui in un modo così sottile da far sì che gli altri capissero che quando parlava di “tempi complicati” intendeva ciò che accade nel mondo o gli scandali sessuali usciti recentemente allo scoperto negli Stati Uniti. Non dicendo “Trump” (e non è un segreto per nessuno che sia democratica), ha cercato un’unione a livello di interessi comuni.

Poi una grande frase: “Dire ciò che pensiamo è lo strumento più potente che abbiamo”.

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Frederic J. BROWN | AFP

La Winfrey ha creato il filo conduttore perfetto per esprimere la sua gratitudine a tutte le donne che di recente hanno avuto il coraggio di parlare delle proprie esperienze di abuso sessuale, il grande tema della serata, che interessa dall’industria di Hollywood a qualsiasi professione, cultura, Paese, razza o religione. Un problema che a volte passa sotto silenzio perché alcune donne, come sua madre (ancora una volta esperienza personale ed empatia), dovevano mantenere la famiglia, nutrire i figli, pagare i conti e perseguire da sole i propri sogni.

Ha quindi introdotto la storia di un’altra donna, Recy Taylor, un’afroamericana che nel 1944, mentre tornava a casa dalla chiesa, venne violentata da sei uomini bianchi e lasciata per strada a occhi bendati. Pur se minacciata di morte denunciò l’accaduto (perfino la famosa Rosa Parks sostenne il suo caso), ma non ha mai ottenuto una giustizia completa.

Come se la sua storia non fosse abbastanza tragica, Oprah ha detto che proprio dieci giorni fa Recy è morta ancora nel contesto di una società controllata da uomini potenti, in cui le donne temono di non essere ascoltate o credute quando denunciano questo tipo di uomini, che Oprah ha messo in guardia: “Il loro tempo è finito” (Time’s Up, come il nome del movimento guidato dalle attrici di Hollywood che reclama uguaglianza e fine degli abusi). Il pubblico, commosso, ha applaudito con vigore.

E poi il gran finale (a volte mi sembra di analizzare il famoso discorso I have a dream, di Martin Luther King, con le dovute distanze). Oprah ha rivolto un appello a uomini e donne (anche se ha parlato a favore dell’empowerment femminile ha cercato sempre di essere inclusiva) perché lavorino insieme per regolare ciò che va male nel mondo e assicurarci di poter arrivare in un’epoca nella quale nessuno debba dire di nuovo “Me too” (“Anch’io”, l’altra campagna contro gli abusi sessuali), perché se ha imparato qualcosa in tutti gli anni della sua carriera come intervistatrice è che tutte le persone che hanno attraversato le situazioni più difficili condividono un aspetto: la capacità di mantenere la speranza perché c’è sempre un giorno nuovo all’orizzonte.

“Oprah Presidente!” è stata la risposta immediata delle reti sociali, e dopo questo discorso non è una reazione sorprendente, visto che la Winfrey ha dimostrato di essere davvero un leader che ispira.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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