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Vivere la propria infertilità senza perdere la fede

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MAKAMEDIA | SHUTTERSTOCK

Claire de Campeau - pubblicato il 02/01/18

Abbiamo incontrato quattro donne, dai percorsi diversi benché tutti accomunati dalla medesima croce: la dolorosa prova di non poter avere figli.

«Non è la sterilità ad essere stupefacente. È la fecondità che è un miracolo». Louise si ricorda con emozione di questa frase. Le era stata scritta da una suora di san Giovanni, parecchio prima dell’arrivo di sua figlia Jeanne, nata in Vietnam e adottata tre anni fa.

Monique, 64 anni, è sposata con Didier da 30 anni. Molto presto hanno saputo della di lui sterilità e hanno dovuto mettere una croce sopra ai loro bei progetti di famiglia numerosa: «Bisogna poterne parlare. Noi non c’entriamo niente… la sterilità entra da sé nella vita di coppia e bisogna conviverci…»


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“Conviverci”: Lucie e Marie, rispettivamente 34 e 31 anni, entrambe sposate da alcuni anni, non sono ancora arrivate a questa accettazione, anche se – in effetti – la vita va avanti e il dolore dell’attesa si prolunga. Ancora trentenni, le due donne vivono nell’immensa speranza di un gioioso evento… che non arriva. Come queste donne dai cammini differenti trovano, nel quotidiano, la forza di perseverare nella loro fede?

«Prendersi cura della vita di coppia come quando si accudisce un neonato»

«Non ci si immagina fino a che punto l’infertilità possa rendere fragile una coppia; colpisce nervi estremamente sensibili. Non è facile dire all’altro la propria disperazione, mostrarsi fragili, a terra», confida Louise, ancora scossa dagli anni che precedettero l’arrivo di Jeanne nella loro vita. Quando le si chiede che cosa bisogna fare per evitare il panico coniugale, la giovane risponde:

Per tenere duro bisogna prendersi cura della propria coppia come si accudisce un neonato. La speranza dei bambini mi ha permesso di riconsiderare la mia coppia, il mio matrimonio. Ho imparato a ricevere mio marito come un vero dono di Dio. Non potendo estasiarmi sui miei bambini, vado in estasi per lui.

Lucie raccomanda pure di «pregare lo Spirito Santo, che fa l’unità nel Popolo di Dio», per poter vivere questa prova uniti, in due. «Mio marito è la persona che mi ascolta e mi consola al meglio. Quando è lui ad essere sfinito vado e lo prendo sottobraccio io».

Deporre le proprie lacrime davanti al Signore

«Signore, dacci la gioia di diventare genitori»: ecco la domanda, semplice e pure potente, di Lucie e di suo marito – la fanno ogni sera al momento della preghiera comune. Implorazione che accompagnano regolarmente con una novena a Louis e Zélie Martin.

Marie invoca sant’Anna, santa Coletta e sant’Opportuna, e non esita a recitare le loro preghiere per impetrare un figlio dal Signore. Monique e suo marito, da parte loro, hanno sempre affidato il loro focolare alla Vergine Maria. La preghiera li ha molto aiutati a tenere duro in questa prova e ad accettare che «il Signore diriga la nostra vita e ci metta talvolta su cammini differenti da quelli che avremmo scelti noi»…».

La preghiera, quando si ripete per anni e anni, può talvolta sfociare nella disperazione, nello scoraggiamento. Questa tristezza può essere affidata al Signore, deposta davanti a Lui, per ricevere il balsamo consolatore del suo soffio amoroso: «Ho versato molte e molte lacrime davanti al Signore», spiega Louise.

Sapevo che il Signore ci guarda, che era con noi nella nostra prova. Sapevo che egli ci comprende, e che la mia prostrazione era legittima. La parola di Gesù sulla croce: «Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?» risuonava particolarmente nel mio cuore.

E prosegue:

L’adorazione, l’Eucaristia aprivano le cataratte dei miei occhi e piangevo sistematicamente, ogni volta che ricevevo il corpo di Cristo. Avevo l’impressione che Gesù venisse vicinissimo alla mia piaga, nel mio cuore di mamma nella speranza. Che si rannicchiasse in questo spazio spalancato, doloroso… che riempisse quel mio ventre che pensavo essere una tomba. Ricevevo Gesù sapendo e credendo che volesse la nostra consolazione, come se mi dicesse: «Io sono qui, con te. Con voi due. Puoi piangere e io piango con voi».

La preghiera di parenti e amici ha la sua importanza, è un sostegno primordiale. Lucie sa che quanti le sono vicini pregano per la sua intenzione:

Sappiamo che in molti pregano per noi. Ci rendiamo conto che il primo frutto di queste preghiere è che viviamo la nostra prova nella fedeltà e nella pace. Nel quotidiano, la nostra vita è semplice e gioiosa, e questo è un puro dono di Dio.

Preservarsi per non inabissarsi nella disperazione

Marie vive questa prova come sospesa sul filo della propria fede. Non vacilla, prega regolarmente ma ammette che lo scoraggiamento non è mai lontanissimo.

Lo scoraggiamento, la disperazione sono per me dei veri pericoli che mi allontanano dalla fede. Mi dico che prego san Giuseppe tutti i giorni da più di un anno e che non succede niente… la tentazione di smetterla di pregarlo e di arrabbiarmi con lui viene facilmente…

Anche la messa, ogni messa, è una prova per la donna, che ogni volta piange, in mezzo a tante famiglie tempestate di bambini. «Emotivamente è molto duro e faticoso», confessa. I bambini sono dappertutto: a messa ma pure nei media, nelle discussioni sui social… e pure nelle parrocchie. Spesso diamo loro il primo posto, ne facciamo i pilastri della famiglia… dimenticando talvolta che questo dono di Dio non viene ricevuto da tutti.

Marie raccomanda vivamente alle parrocchie di fare attenzione a non escludere chicchessia:

La Chiesa e le parrocchie organizzano parecchie cose per i fidanzati, per le coppie, per i bambini, per i genitori… ma molto poco per i single e per le coppie senza bambini… Ancora mi pare di sentire il nostro parroco che qualche mese fa diceva: «Aperitivo organizzato per i genitori di bambini da zero a due anni»… ho pianto molto: mi ha ricordato la nostra attesa, questo vuoto che sento…

Monique ha vissuto questo medesimo sentimento di esclusione per anni. Poiché anche lei trova che l’argomento sia un tabù, anche lei vorrebbe «che le parrocchie accogliessero ancora di più le giovani coppie infertili, e soprattutto che se ne parlasse nei corsi prematrimoniali».




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Lucie ci confessa, anche lei, che il dolore al momento dell’annuncio di una gravidanza di una cara amica o di un membro della famiglia è «abissale, incomunicabile», ed evoca quegli episodi con la voce che trema. La giovane donna, però, resta fiduciosa e raccomanda di nutrire fiducia nella Chiesa:

La via che propone può sembrare esigente, ma è quella la strada della felicità. Alle volte sono in collera, ma non con il Signore: so che in Lui posso buttarmi fiduciosa e sono intimamente convinta che se non esaudisce la nostra preghiera avrà le sue ragioni e che colmerà altrimenti il nostro vuoto.

E prosegue:

Forse bisogna pure prendere coscienza della nostra dimensione profetica. In un’epoca in cui è forte per gli uomini intorno a noi la tentazione di non mettere limiti al desiderio di bambini, testimoniamo il fatto che la vita è un dono e non una cosa dovuta.

A fronte della rabbia e della disperazione che la insidiano, Louise ha deciso di preservarsi:

No, non siamo obbligati a rispondere a tutte e 150 le partecipazioni di nascita che si ricevono in un anno, né ad andare al battesimo del 45esimo nipote. Non siamo obbligati a passare Natale con tutti i cugini neo-genitori che aspettano un bambino per la primavera… Ho imparato a proteggermi/ci. Quelli che ci vogliono bene capiscono.

Avanzare, camminare, anche quando l’azione sembra impotente

Per preservarsi, alcune coppie decidono di coinvolgersi in progetti a medio e lungo termine, come ad esempio il volontariato. Monique testimonia:

Ci siamo coinvolti tanto di più nella nostra parrocchia (accoglienza, doposcuola). Inoltre, io mi sono coinvolta nel servizio dei funerali e Didier nella cappellania di un ospedale.

Quando dare la vita a un bambino diventa impossibile, impiegare altrimenti la propria vita e dare la propria persona in altri modi diventa essenziale, per dare una direzione, un senso profondo alla propria esistenza.




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Alcune parrocchie e comunità propongono pellegrinaggi, conferenze o ancora dei percorsi annuali. Louise ha avuto la fortuna di seguire il percorso proposto dalla Communauté de l’Emmanuel, “Amour et verité” [Amore e verità, N.d.T.]:

Anche quello è stato un bellissimo dono del Cielo. Ascolto, comprensione, consolazione… e soluzioni! È stato in quel percorso che abbiamo incontrato una persona membro della nostra associazione di adozioni. In parte è stato grazie a lei se nostra figlia è oggi fra noi.

Un movimento recente, Esperanza, è stato lanciato proprio da una coppia cattolica infertile per proporre «un momento di amicizia e di gratuità tra persone che vivono la medesima situazione».

Lucie, nel medesimo desiderio di «far muovere le cose», ha suonato l’allarme per allertare la Provvidenza ed essere sostenuta nei suoi bisogni:

Una novena a Louis e Zélie Martin, un incontro con un prete (scelto con cura per non sentirsi dire cose approssimative del tipo: «Fate secondo il vostro desiderio e Dio benedirà la vostra decisione»), la testimonianza di una coppia che aveva vissuto la nostra situazione e la lettura dell’opera Quand l’enfant se fait attendre [Quando il bambino si fa aspettare, N.d.T.], di Michel e Marie Mornet, hanno avuto un effetto radicale: dall’oggi al domani, ci siamo trovati improvvisamente concordi! Non solo nel non proseguire oltre sulla via della PMA, ma anche nell’interrompere quanto ne stavamo già accettando, perché non avevamo compreso che stavamo già violando l’etica. Questa rinuncia, che avrebbe potuto indurci alla disperazione, ha suscitato al contrario, nei nostri due cuori, la pace e la gioia: ci siamo sentiti liberati e abbiamo compreso che la nostra sofferenza proveniva più dal “trattamento” proposto dalla PMA che dall’infertilità in sé.

Per le coppie che rinunciano alla PMA, la naprotecnologia è un nuovo approccio sempre più conosciuto in Francia, e che merita di essere reso noto a tutti.

Serrare i ranghi in quest’attesa dolorosa e incerta

Sapersi fare un buon milieu è cos essenziale, quando la vita ci tormenta. I social network, e in generale Internet, ci propongono spazi di parola talvolta più accessibili, perché l’anonimato e la condivisione vi sono entrambi facilitati.




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Marie trova conforto a stare con persone che la comprendono, avendo il medesimo vissuto, il medesimo dolore, e si spurga del dolore parlandone:

Mi reco su alcuni gruppi di Facebook per donne che desiderano bambini, vedo una psicologa e pure una consulente coniugale e famigliare. Inoltre faccio parte di un gruppo di condivisione per coppie che sperano di avere figli.

Per evacuare la tensione suscitata dalle “domande stupide dei dottori” e dalle “frasi assurde delle vecchie zie”, Louise abbonda, in tal senso: bisogna serrare i ranghi con delle coppie che vivono la medesima prova.

Tali preziosi amici sono dei fari nella tempesta. La prima amica che ho incontrato e che viveva questa speranza dei bambini mi ha salvata. Mi ha restituito la voglia di crederci, di essere una donna, una moglie, una sorella, un’amica anzitutto. Anche senza bambini.

L’amicizia è un aiuto prezioso. Alle volte nasce dove uno non se l’aspetta. «Personalmente, durante la nostra attesa ho imparato molto dai nostri amici single, a cui mi sono riavvicinata», spiega Louise:

Parliamo un linguaggio comune, condividiamo un’attesa lunga, dolorosa e incerta. Ho aperto gli occhi sul celibato non scelto che ferisce a morte tante e tante persone. Ho imparato a pregare per loro, a con-patire con loro.

In una società in cui il bambino appare troppo spesso un qualcosa di dovuto, un essere “fatto” e non più “ricevuto”, “affidato”, richiamiamo a noi stessi l’immenso mistero e la bellezza di questo dono. E se prendessimo tutti nelle nostre a preghiere, oggi e nei giorni a venire, queste migliaia di coppie che sperano di ricevere un bambino, immerse in un dolore sovente acuto e misconosciuto?

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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