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Essere cristiani significa suscitare una nostalgia di Dio nel cuore dell’uomo

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don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 02/01/18

Il commento al Vangelo di oggi di don Luigi Maria Epicoco

Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Chi sei tu?».
Egli confessò e non negò, e confessò: «Io non sono il Cristo».
Allora gli chiesero: «Che cosa dunque? Sei Elia?». Rispose: «Non lo sono». «Sei tu il profeta?». Rispose: «No».
Gli dissero dunque: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?».
Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia».
Essi erano stati mandati da parte dei farisei.
Lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?».
Giovanni rispose loro: «Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete,
uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando. (Giovanni 1,19-28)

È sempre molto forte la predicazione di Giovanni Battista. Ma la sua forza non è tanto nell’argomentazioni, nelle parole, nelle dissertazioni teologiche. La forza del Battista è nella capacità sempre puntuale di ricollocarsi nella realtà al posto giusto. Sembra una banalità ma di fatto è forse il problema più grosso che noi abbiamo nella vita. Non di rado, ad esempio, amare qualcuno per noi significa metterci a salvarlo. Ma noi non siamo Cristo! Oppure ricoprire una posizione di responsabilità per noi significa pensare che senza di noi tutto crollerà. Ma noi non siamo Cristo! Vivere è imparare a smettere di fare Dioe riprenderci tutta l’adrenalina e la sfida di tornare ad essere semplicemente, totalmente e fondamentalmente umani, esattamente come Giovanni Battista. E cosa significa ciò? Capire che noi siamo solo “preparatori” a ciò che compie, ma non siamo il compimento. Esattamente come un buon trailer di un film: non ti toglie il bello di vederlo, non ti racconta come va a finire, ma ti fa venir voglia di andare a vederlo. Essere umani, e ricollocarci come tali di fronte agli altri e alla realtà, significa diventare una provocazione per gli altri a vivere e non a sostituirsi alla loro vita, alle loro scelte, alla loro esperienza, alla loro vocazione. «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia». Questo siamo noi, una voce che fa tornare la voglia di vivere agli altri, di cercare un motivo, di vivere per questo motivo. Una voce che sa farsi spazio e chiede spazio. Una voce che indica, non una voce che ferma il cammino. Tutti siamo Giovanni Battista, cioè non siamo Cristo ma siamo coloro che dovrebbero più ricordarlo. Essere cristiani significa saper suscitare una nostalgia di Dio nel cuore dell’uomo, ma mai fingere di essere noi stessi Dio. «Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo».

#dalvangelodioggi

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