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A Messa si può ballare?

Carismáticos en celebración – it

© Iglesia en Valladolid / Flickr / CC

Carismáticos

Padre Henry Vargas Holguín - pubblicato il 29/12/17

Le danze non sono del tutto proibite, si possono includere come eccezione dove c'è sempre stata una tradizione culturale e liturgica in questo senso

La danza è un’arte, e in quanto tale, attraverso il corpo, è un mezzo per esprimere o esteriorizzare sentimenti umani.

La danza è adatta a trasmettere la gioia, e per un credente, quando questi balla con fede, si potrebbe parlare della preghiera del corpo, che può esprimere lode e richieste con i movimenti.

Per questo tra i mistici troviamo momenti di danza come espressione della pienezza dell’amore per Dio e della gioia di stare alla sua presenza. Ricordiamo i casi, tra gli altri, di Santa Teresa d’Avila, San Gerardo Maiella, San Pascual Baylón e San Filippo Neri.

Quando il Dottore Angelico desiderava rappresentare il paradiso, lo faceva come una danza per gli angeli e i santi.

Nella cena pasquale ebraica si danzava. Gesù ha partecipato a quella cena (Mc 14, 12-25), ed è molto probabile che abbia danzato mentre si cantavano i salmi.

Ricordiamo che il termine “Pasqua” proviene da pasja (trascrizione greca e latina della parola ebraica pesah), che a sua volta rimanda al verbo pasah, che significa “passare”, “saltare”. Da ciò deriva il significato di “festa” (danza) e “passo”, per questo in questo tipo di celebrazioni era comune ballare.

Una cosa è però pregare con il corpo, coinvolgendo tutto il nostro essere, e un’altra molto diversa è includere il ballo nella Messa. La danza non è mai stata parte integrale del culto ufficiale della Chiesa latina.

Le decisioni conciliari condannano spesso la danza religiosa perché non favorisce molto l’adorazione e perché può degenerare in disordine. Nessuno dei riti cristiani include la danza, che non è conosciuta nel rito latino della Messa.

Le danze a Messa o quello che la gente chiama “ballo” sono solo un’eccezione (nel rito etiope o nella forma zairese della liturgia romana si tratta semplicemente di una processione con ordine ritmico, qualcosa che si adatta molto bene alla dignità dell’occasione), com’è anche un’eccezione il ballo all’interno della Messa della veglia pasquale del Cammino Neocatecumenale.

Bisognerebbe precisare che non esiste il rito neocatecumenale; il rito neocatecumenale è inscritto nel rito latino e gli sono state permesse alcune peculiarità, ma nessuno di questi permessi include il fatto di ballare intorno all’altare.

La danza, quindi, non è proibita in modo assoluto. A favore di queste eccezioni ricordiamo la Costituzione Sacrosanctum Concilium sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II, nella quale, al numero 37, vengono definite le norme di adattamento della liturgia al carattere e alle tradizioni dei vari popoli:

“La Chiesa, quando non è in questione la fede o il bene comune generale, non intende imporre, neppure nella liturgia, una rigida uniformità; rispetta anzi e favorisce le qualità e le doti di animo delle varie razze e dei vari popoli.

Tutto ciò poi che nel costume dei popoli non è indissolubilmente legato a superstizioni o ad errori, essa lo considera con benevolenza e, se possibile, lo conserva inalterato, e a volte lo ammette perfino nella liturgia, purché possa armonizzarsi con il vero e autentico spirito liturgico”.

Teoricamente, da questo passo si può dedurre che nel culto cattolico possono essere incluse certe forme o certi standard di danze, ma non saranno mai la norma per la Chiesa universale.

In via di principio ballare non è una forma di espressione della liturgia cristiana, perché i balli (i balli di culto) sono più propri delle varie espressioni “pseudoreligiose” che hanno propositi molto vari e distinti, nessuno dei quali compatibile con il proposito essenziale della liturgia cristiana.

È logico concepire la possibilità che la danza faccia parte di un’azione liturgica, visto che il corpo è parte dell’orante; e per questo la danza, perché sia preghiera, deve esprimere sentimenti di lode e adorazione, godere della presenza del Signore.

Chiaramente, però, la danza all’interno della Messa o delle azioni liturgiche è “ben vista” solo dove c’è sempre stata una tradizione non solo culturale ma liturgica, solo in alcuni casi di terre di missione in Africa e Asia, e neanche qualsiasi tipo di ballo o danza.

C’è quindi una grande differenza tra culture: ciò che si vede o si applica bene in una non può essere ammesso in un’altra.

Alcune forme di ballo sono state introdotte nel contesto della preghiera, ma l’autorità ecclesiale a questo riguardo ha posto due condizioni:

1. La danza deve essere regolata sotto la disciplina dell’autorità competente perché non tutti i balli o i movimenti ritmici del corpo accompagnati dalla musica, anche se aiutano nella preghiera e sono espressione di fede, si adattano alla liturgia;

2. La danza deve essere un riflesso dei valori religiosi della cultura e una chiara manifestazione di questi valori.

Nella Messa ci sono elementi sacrificali (offerta, immolazione) e di festa e allegria (la resurrezione); per questo la Messa è una festa sacra nella quale il festeggiato è Dio per la sua opera di Creazione e ri-creazione (la redenzione), e il modo di entrare in unione con Lui è il modo sacramentale.

Nella Messa, dunque, ci saranno clima festoso e allegria, ma un’allegria santa, contenuta, misurata, sublimata nello spirito; non verranno esacerbati i sensi.

Il modo di festeggiare è “in spirito e in verità”, o, come si dice nella Messa, elevando il cuore: sursum corda, elevando a Dio tutto il nostro essere.

In Occidente non è facile intendere la danza come espressione di preghiera, perché la danza è collegata al profano, alla seduzione, all’esercizio e al divertimento.

Per questa ragione, non può essere una norma applicabile a tutta la Chiesa universale all’interno di una celebrazione liturgica. Si può accettare meglio una proposta di danza religiosa nella nostra cultura occidentale, ma al di fuori della liturgia della Messa.

Le danze che si svolgono per lodare Dio hanno il loro momento e il loro luogo. Alcuni, nel nostro contesto occidentale, possono cadere in errori liturgici volendo utilizzare danze come lode in piena celebrazione liturgica per rendere la liturgia più attraente, ma è del tutto assurdo cercare di rendere una liturgia “attraente” introducendo pantomime ballabili (rappresentazioni teatrali in cui la parola viene sostituita da gesti e atteggiamenti), che spesso finiscono con un applauso.

L’applauso nella liturgia è un segno sicuro del fatto che l’essenza della liturgia è scomparsa, essendo stata sostituita da un tipo di intrattenimento religioso.

La Messa già di per sé ha i suoi elementi, e non è opportuno o accettabile aggiungerne altri al rituale romano.

Se alcune Chiese locali hanno accettato la danza, anche dentro un tempio, si fa in qualche contesto festivo e in modo puntuale per manifestare sentimenti di gioia e di devozione, ma sarebbe sempre meglio farlo fuori dalle celebrazioni liturgiche. Dobbiamo rispettare il luogo e il momento; fuori dalla celebrazione possiamo lodare Dio in diversi modi.

Per questo motivo, la danza o ballo, normalmente e nella misura del possibile, non deve essere introdotta né nella celebrazione liturgica né dentro al tempio, qualunque sia l’indole della danza; men che meno quando si tratta di musica lontana dai sentimenti religiosi o di ritmi profani, anche se si volesse – per il testo – darle un presunto sentimento religioso.

Per tale ragione il ballo non può essere introdotto nelle celebrazioni liturgiche di alcun tipo; significherebbe dare loro un carattere di spettacolo, impedendo uno degli aspetti della liturgia dai quali non si può prescindere in alcun momento: la partecipazione e il raccoglimento di tutti i fedeli.

Pretendere di inserire a forza il ballo nelle azioni liturgiche – la Messa – sarebbe come iniettarle uno degli elementi più desacralizzati e desacralizzanti, con la conseguenza nefasta di creare un’atmosfera profana che porterebbe facilmente i fedeli a ricordare nella celebrazione liturgica luoghi e situazioni mondani.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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