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Non prova, forse, la scoperta delle onde gravitazionali, che il cuore dell’uomo è sempre quello?

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Paola Belletti - Aleteia Italia - pubblicato il 28/12/17

Breve riflessione sul Nobel per la Fisica 2017 assegnato agli scienziati che hanno rilevato il "rumore" delle onde gravitazionali previste da Einstein

Il 10 dicembre di questo 2017 ancora in carica ha visto anche l’assegnazione del Nobel per la Fisica a tre scienziati che hanno speso anni di ricerche nello studio delle onde gravitazionali. Barry Barish (81 anni), Kip Thorne (77) e Rainer Weiss (85).

Iniziarono a dedicarvisi negli anni Sessanta del ‘900.

In poco meno di 60 anni sono quindi riusciti, non loro tre soltanto naturalmente ma loro insieme con altri studiosi e scienziati a cogliere un “rumore”. Una sorta di eco flebile, lontanissima, proveniente da miliardi di anni prima di noi.

Le onde gravitazionali sono quel fenomeno che Einstein aveva ipotizzato e previsto. E noi, cioè loro, lo hanno visto. Rilevato, finalmente. Questa è davvero una notizia epocale.

Tra le collaborazioni spiccano a pieno diritto

“Ligo e Virgo menzionate nel premio Nobel per la Fisica 2017 sono il risultato corale di una ricerca che nasce dalla partecipazione di 1.500 fisici di tutto il mondo, almeno 200 dei quali sono italiani. Da un’idea italiana, del fisico Adalberto Giazotto, è nato il rivelatore Virgo, costruito nella campagna alle porte di Pisa, a Cascina. Nato dall’idea lanciata a meta’ degli anni ’80 da Giazotto e Alain Brillet, Virgo fa parte dell’Osservatorio Gravitazionale Europeo (Ego), fondato nel 2000 dall’Italia, con l’Infn e dalla Francia, con il Consiglio nazionale della ricerca scientifica Cnrs.
(…) Recentemente sono stati potenziati ed e’ stata questa nuova versione, chiamata Advanced Ligo, ad ascoltare per la prima volta le vibrazioni dello spazio-tempo. La collaborazione Ligo (Laser InterferometerGravitational-WaveObservatory) e’ condotta congiuntamente dal Massachusetts Institute of Technology (Mit) e dal California Institute of Technology (Caltech), insieme ad altri centri di ricerca e università degli Stati Uniti, e comprende oltre 900 ricercatori di tutto il mondo” (tratto da Ansa.it).

Questi strumenti potentissimi, continuamente migliorati che hanno impegnato centinaia di menti tra le migliori al mondo, sono serviti per cogliere quelle tracce.

E qual è lo spron che così forte ci spinge?

Forse lo stesso che non tormentava le greggi del pastore errante dell’Asia e invece lasciava inquieto il pastore dipintoci nella memoria dal Leopardi imparato sbuffando al ginnasio?

Che gigante che è la creatura umana, a ben pensarci. Che portento di ingegno e ostinazione.

Seppure poco avvezza a questo tipo di studi, credo di potere accedere, come molti altri miei colleghi profani, alla bellezza della scoperta e al senso che l’ha sostenuta per così lunghi anni, accordando centinaia di persone di nazioni, lingua, religione diversa. Perché di fronte all’immensità dell’universo e al mistero della nostra origine che ancora ci toglie il sonno siamo tutti affratellati.

Lo scienziato diventa tale proprio in quanto drammaticamente uomo. È il soggetto umano, che prende sul serio, anche dopo l’infanzia e l’adolescenza, l’urgenza della domanda sulla realtà.

In questo strano caso che ci accomuna, quello di trovarci a dover vivere subito, senza indicazioni chiare a precederci lungo il tragitto, l’uomo è portato come da una fame a cercare di capire.

Non si placa – se non ha deciso di disperdersi vanamente come acqua gettata in un prato- fino a che non comprende.

Certo questo sguardo gettato di lontano alla faccenda contribuisce a circonfonderla di un alone romantico, una sorta di sturm und drang contemporaneo che scuoterebbe le menti e gli animi di questi ricercatori.

È altamente probabile che, mescolate alle intenzioni più nobili, confuse con le motivazioni più disinteressate e alte, vi siano, e nemmeno troppo clandestine, altre forze, altri spron a pungere. Orgoglio? Fama? Abitudine? Altro?

Eppure la domanda circa origine e destinazione di questo nostro pazzo viaggio lanciati nel vasto universo non riesce a diventare vintage. Siamo tutti così. Scienziati e non.

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