Il cardinale polacco Stefan Wyszynski è un vero eroe per aver servito il Signore sfidando la morte
È finalmente venerabile il cardinale Stefan Wyszynski, già primate di Polonia: papa Francesco ha infatti autorizzato la Congregazione delle Cause dei santi a promulgare il decreto che ne riconosce le virtù eroiche.
Grande amico di san Giovanni Paolo II, Wyszynski guidò la Chiesa polacca negli anni in cui il Paese era sotto il regime comunista. Morì a Varsavia nel 1981, a 80 anni. Wyszynski fu primate della Polonia dal 1948 sino alla morte (Avvenire, 18 dicembre).
“Primate del millennio”
Il Pontefice argentino ha quindi “sbloccato” la causa di beatificazione di quello che in molti hanno definito il «Primate del millennio» voluta e avviata da Wojtyla nel 1989 ma rimasta per diversi anni allo stallo. «È un passo decisivo», spiega a Vatican Insider (18 dicembre) il presidente dei vescovi polacchi, l’arcivescovo di Poznan Stanisław Gadecki.
Per i polacchi è già un santo
Wyszyński sarà quindi beato. Per i fedeli della Polonia si tratta tuttavia solo di un pro forma, per loro il cardinale è già Beato, anzi un Santo. «Il processo – spiega ancora Gadecki – mostrerà in una luce ancora più piena i suoi meriti per la Chiesa e per la Polonia».
Meriti forgiati in una vita segnata da povertà, angherie e violenze psicologiche, Wyszyński subì il carcere, fu costretto alla fuga e alla clandestinità, tuttavia riuscì a rimanere saldamente nel ruolo di guida del Paese in un perfetto equilibrio tra coraggio, fede e diplomazia.
Devoto alla Madonna di Czestochowa
Le difficoltà, d’altronde, sono state una costante nella sua vita. Sin dalla nascita, avvenuta a Zuzela (un villaggio dell’est della Polonia) il 3 agosto 1901 in una famiglia numerosa, dovette fare i conti con la miseria e la malattia. Suo padre, organista e sacrestano della locale parrocchia, nutriva una forte devozione alla Madonna di Czestochowa che trasmise anche al figlio.
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L’abbandono del seminario
Stefan a 23 anni, nel 1924, ricevette l’ordinazione sacerdotale e intraprese gli studi di diritto canonico all’Università Cattolica di Lublino. Poi ci fu l’occupazione nazista, e il vescovo ordinò al sacerdote, vista anche la salute cagionevole, di abbandonare il seminario dove risiedeva ed insegnava. Wyszyński obbedì soffrendo, poi si nascose in campagna.
Servizio clandestino
Già allora emerse il suo coraggio: nonostante dovesse costantemente cambiare domicilio per scampare alle retate naziste, continuava a servire clandestinamente i fedeli del luogo dove si trovava di passaggio. L’ordine del vescovo si rivelò in seguito provvidenziale, più tardi si scoprì infatti che il nome di Wyszyński figurava nella lista dei religiosi considerati pericolosi dalla Gestapo e destinati alla deportazione nei campi di concentramento.
La stessa lista che recava il nome di Massimiliano Kolbe, ucciso ad Auschwitz nel 1941.
Cappellano militare
Nel 1944, evidenzia Asia News (18 dicembre), durante l’insurrezione di Varsavia contro i tedeschi, don Wyszynski divenne cappellano militare.
Nel 1945, alla fine della guerra, la Polonia che aveva avuto sei milioni di vittime – un quinto della popolazione – fu consegnata alla “influenza” sovietica. Il governo di impronta stalinista si proponeva di sradicare il cristianesimo dal Paese.
La persecuzione contro i cattolici
Divenuto nel 1946 vescovo di Lublino e dal 1948 di Gniezno (sede primaziale) e Varsavia, Wyszynski tentò la via della convivenza pacifica col regime. Un atteggiamento che sembrò avere successo, visto che nel 1950 ci fu un accordo col quale il governo riconosceva la libertà religiosa. Ma subito dopo cominciò l’oppressione contro i gruppi cattolici.
La situazione si aggravò – ci furono sacerdoti arrestati e “scomparsi” e lo Stato chiuse o prese scuole, ospedali e giornali – al punto che nel 1952 a Wyszynski fu impedito di andare a Roma per ricevere la berretta da cardinale.
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L’arresto di Wyszynski
Nel 1953, il governo promulgò una legge che prevedeva il controllo statale sulle nomine dei vescovi. La risposta dell’episcopato fu durissima. Il cardinale scrisse una lettera, firmata da tutti i vescovi, che respingeva il principio.
Il governo reagì arrestando il cardinale, il 25 settembre 1953. Per tre anni fu segregato, ma non piegato. Meditava e pregava, anche per i suoi carcerieri. Nel suoi Appunti dalla prigione ha scritto: “la paura di un apostolo è la prima alleata dei suoi nemici” e “la mancanza di coraggio è l’inizio della sconfitta per un vescovo”.
La liberazione dall’esilio
A liberarlo furono le conseguenze della rivolta di Poznan del 1956. Caduto lo stalinista Boleslaw Bierut al governo andò Wladislaw Gomulka, padre del “comunismo nazionale”. In una logica di pacificazione interna, egli liberò il cardinale che, da parte sua, spingeva per la conciliazione. Un atteggiamento che gli suscitò ostilità d una parte della curia romana, tanto che quando nel 1957 Wyszynski poté finalmente andare a Roma, gli furono imposti alcuni giorni di anticamera, prima di poter incontrare Pio XII.
La meditazione di Giovanni Paolo II
Wyszynski morì il 28 maggio del 1981, quindici giorni dopo l’attentato a Giovanni Paolo II che, non potendo andare a celebrare il funerale scrisse una lettera “alla nazione polacca” chiedendo anche una “profonda meditazione nazionale” sull’operato del primate.