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Il cancro che non avvisa

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María Reales - pubblicato il 07/12/17

È un tumore ginecologico poco frequente, ma quello con la prognosi peggiore, visto che l'80% dei casi si individua in fase avanzata

Il cancro alle ovaie è il tumore più aggressivo del sistema riproduttivo femminile, perché i sintomi non sono specifici e sono difficili da identificare.

Per questo è molto importante che ogni donna faccia attenzione a una serie di “cambiamenti” che si possono verificare, soprattutto a partire dai 65 anni in donne post-menopausa, visto che è l’età in cui si riscontra la maggiore incidenza della malattia.


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Attenzione ai sintomi

Frequenti: gonfiore addominale, dolore pelvico e addominale frequente, sentirsi piene e gonfie, perdita dell’appetito.

Occasionali: necessità di urinare spesso, stipsi o diarrea, dolore alla schiena, stanchezza, perdita o aumento di peso repentino, nausea e vomito, sanguinamento e alterazioni del ciclo.

Secondo gli esperti, uno dei fattori di rischio per sviluppare un cancro alle ovaie si potrebbe collegare all’esposizione ad alti livelli di estrogeni, ovvero aver avuto la prima mestruazione prima dei 12 anni o la menopausa dopo i 50.

Altri fattori si associano all’obesità, alla terapia ormonale sostitutiva (THS) o ai precedenti familiari (madre, sorella, figlia).

Nell’80% dei casi, il cancro alle ovaie viene diagnosticato in fase avanzata, ma i progressi che si producono in relazione al trattamento del cancro fanno nutrire grandi speranze.

Attualmente esistono varie opzioni terapeutiche, ma la strategia che apporta migliori risultati consiste nel realizzare un primo intervento, noto come chirurgia citoriduttiva, mediante l’asportazione macroscopica della totalità del tumore e in seguito un trattamento di chemioterapia e/o radioterapia.

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Mettersi in mano a chirurghi esperti

L’intervento rappresenta più del 70% del successo del trattamento, e in questo senso il dottor Juan José Torrent, chirurgo oncologico ginecologico dell’Hospital El Pilar di Barcellona, afferma che “questi interventi chirurgici sono molto complessi e devono essere realizzati da professionisti esperti di questo tipo di interventi”.

Ci sono diverse pubblicazioni scientifiche che confermano questo punto di vista, anche se la realtà è che la maggior parte delle donne di fronte a una diagnosi di cancro all’ovaio dà priorità al trattamento prima di informarsi e decidere di mettersi nelle mani di un chirurgo esperto.

L’obiettivo, dice il dottor Torrent, “è garantire la corretta asportazione dei margini del tumore per non lasciare cellule cancerogene che possano circolare e attaccare altri organi della cavità addominale”.

Quali analisi diagnosticano il cancro all’ovaio?

Al di là dell’analisi pelvica e citologica che si realizza durante le visite ginecologiche periodiche, per giungere alla diagnosi si prescrivono prove complementari:

  1. Analisi di marcatori tumorali mediante un’analisi che misura il marcatore CA-125. Un’alterazione è un primo segnale di allerta
  2. Ecografía transvaginale, una tecnica a ultrasuoni che individua masse addominali anormali
  3. TAC e/o RMN addominale e pelvica per valutare se sono stati interessati altri organi e si individua la presenza di impianti peritoneali.

Se avete dubbi e volete informazioni, ci sono donne che sono passate per questa esperienza e possono aiutarvi. Sono organizzate e sono le comunità più attive perché vogliono far conoscere la malattia.

Contattate l’associazione di pazienti colpite dal cancro all’ovaio del vostro Paese. Ci sono anche delegazioni a livello internazionale.




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Se poi volete coinvolgervi e partecipare alla diffusione della conoscenza su questa malattia, avete la vostra opportunità: l’8 maggio è la Giornata Mondiale del Cancro all’Ovaio (World Ovarian Cancer Day). Come sapete, con piccoli granelli di sabbia si costruiscono grandi cattedrali.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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