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Fino a dove perdonare un padre e marito che ci ha fatto del male?

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Photo by Ricardo Gomez Angel on Unsplash

Orfa Astorga - pubblicato il 29/11/17

Come dei figli hanno aiutato la madre a cambiare il proprio cuore

Mio marito ha abbandonato me e i miei quattro figli piccoli dopo tanta violenza fisica ed emotiva per via della sua dipendenza dall’alcool. Ci ha abbandonati per avviare una nuova relazione, e per molti anni non abbiamo saputo niente di lui.

Senza risorse, abbiamo passato molti momenti difficili, e due dei miei figli non hanno potuto studiare per aiutarmi a mandare avanti la famiglia. Ci siamo riusciti in un ambiente cristiano in cui ho sempre cercato di non parlare male di loro padre, pur senza nascondere niente della verità.

E poi, una mattina, per strada, il più grande dei miei figli ha visto un individuo apparentemente indigente che gli andava incontro. Era lui.

Si è identificato, e mio figlio incredulo ha fatto come per andare oltre, ma un senso di compassione lo ha fermato. Lo ha ascoltato. Dalle sue parole e dall’aspetto lo ha riconosciuto e ha saputo che viveva solo, malato e nella miseria. Gli ha detto che da noi non voleva nulla se non il perdono, e gli ha chiesto di portare questo messaggio a tutta la famiglia, soprattutto a me.

Si è poi congedato dicendo che non gli avrebbe dato più fastidio.

La mia prima reazione è stata desiderare che quell’incontro non fosse mai avvenuto. Per me semplicemente non era giusto che fosse riapparso nella nostra vita, facendo sì che nella mia memoria tornassero i ricordi di un’ingiustizia ricaduta soprattutto sui miei figli innocenti.

Devo ammettere che in quel momento dentro di me si è fatto strada un doloroso senso di rivincita compiaciuta e di piacere per il male che ora stava soffrendo.

Quei sentimenti andavano contro lo spirito cristiano che cercavo di vivere e in cui avevo formato i miei figli.

In una domenica in cui ci eravamo incontrati in famiglia, quando abbiamo pregato prima del pasto e abbiamo detto “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”i miei figli mi hanno guardata negli occhi. Poi mi hanno detto che desideravano che perdonassi il padre con tutto il cuore e liberassi il mio spirito una volta per tutte. Sapevano quanto stavo male per via di quell’incontro inaspettato.




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Il problema era che oltre al mio profondo risentimento pensavo che se lo perdonavo avrei tradito il grande amore che provavo per i miei ragazzi.

Di fronte alla loro richiesta mi trovavo a un bivio: perdonare e dimenticare sono due cose diverse, visto che il “voler perdonare” è una questione di volontà, ma non si dimenticano le cose per volontà.

Come dimenticare i maltrattamenti? Come dimenticare i giorni in cui non sono riuscita a dare abbastanza da mangiare ai miei figli? Il fatto che due dei miei figli abbiano dovuto iniziare a lavorare da piccoli senza poter studiare? La sua assenza penosa nelle malattie e in tante prove? Come dimenticare le carenze affettive dei miei figli, proprio da parte di colui da cui avevano più bisogno di amore e attenzione?

No, non volevo dimenticare, e questo equivaleva a non voler perdonare. Me ne rendevo conto chiaramente, e l’ho detto loro.

Il mio figlio maggiore mi ha detto che volevano accoglierlo a casa loro visto che era malato e bisognoso, ma che non lo avrebbero fatto se io non ero d’accordo, perché come me pensavano che se lo avessero fatto senza quella condizione avrebbero sentito che stavano tradendo l’amore tra noi.

In quel momento ho alzato la voce dicendo che erano adulti, e che in ogni caso sarebbero stati loro ad assisterlo, che in casa mia non sarebbe più entrato e che non lo avrei mai più rivisto.

Allora mi hanno chiesto di ammettere solo nel mio cuore di “voler dimenticare e voler perdonare”, lasciando nelle mani di Dio la possibilità di farlo, dicendo che il padre stava già pagando con evidenti sofferenze.

Poi sono rimasti in silenzio. Per vari giorni la mia coscienza mi ha detto che non stavo dando la testimonianza che si aspettavano da me, visto che fin da quando erano piccoli avevo insegnato loro a credere nel Dio del perdono.

Ho riconosciuto che non dovevo permettere che una nube del passato coprisse d’ombra il presente che avevamo costruito con tanti sforzi e grazie a Dio, che un buon presente forse non può cancellare il male del passato ma può cambiargli segno.

E allora ho deciso sinceramente di “voler dimenticare e voler perdonare”, cercando di liberare il padre dal suo debito morale e di liberare me stessa dall’alto prezzo del mio risentimento vecchio e costante.

Ho acconsentito a che vivesse in casa di mio figlio, ponendo solo la condizione di mantenere le istanze. E ho iniziato a riscattare la mia pace e la mia libertà interiore.




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Il finale non è roseo. Ho deciso di perdonare, sì, ma ora devo sforzarmi di mantenere la mia decisione nel tempo ogni volta che ricordo l’offesa, che sento la ferita, visto che se non lo faccio corro il pericolo di lasciare di nuovo spazio al risentimento e ritirare il perdono.

Avrò bisogno di molta umiltà e molta forza, ma voglio riuscirci.

Perdonare è un atto della volontà, e quindi si può prendere la decisione di perdonare, anche se i sentimenti sono avversi. Bisogna provare a eliminare i sentimenti negativi rimasti dopo aver perdonato, ad esempio trasformando la ferita in compassione e l’offesa in intercessione.

Perdonare è la più alta manifestazione dell’amore nei confronti di Dio, e quindi è quello che trasforma maggiormente il cuore umano.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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