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Papa Francesco: differenze religiose siano una forza per l’unità del Myanmar

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Radio Vaticana - pubblicato il 28/11/17

Così il pontefice durante il suo discorso alle autorità birmane

Accoglienza ufficiale in Myanmar oggi per il Papa nel Palazzo presidenziale a Nay Pyi Taw, la nuova capitale birmana, dove Francesco è arrivato in aereo da Yangon, intorno alle 15, ora locale, le 9.30 in Italia. Un’ora circa di volo per coprire i 340 chilometri di distanza tra le due città.

Dopo la Cerimonia di benvenuto, la visita di cortesia al presidente, Htin Kyaw e poi l’incontro con il consigliere di Stato, Aung San Suu Kyi,  e il ministro degli affari esteri. A seguire quello con le autorità,  la società civile e con il Corpo diplomatico nell’International Convention Center a 11 chilometri dal Palazzo presidenziale. E’ qui che Francesco ha tenuto il suo primo discorso.
Sono venuto, esordisce il Papa, per confermare nella fede la piccola ma fervente comunità cattolica della nazione, “e incoraggiarla nella fatica di contribuire al bene del Paese”, ma “vorrei che la mia visita potesse abbracciare l’intera popolazione e offrire una parola di incoraggiamento a tutti coloro che stanno lavorando per costruire un ordine sociale giusto, riconciliato e inclusivo”. Questo il significato della presenza del Papa in Myanmar che da poco, dal 4 maggio 2017, ha istituito formali relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Ed è proprio la ricostruzione del Paese che sta a cuore al Papa.


Rohingyas

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Il Myanmar, afferma Francesco, è stato benedetto con il dono di una straordinaria bellezza e di numerose risorse naturali, ma il suo tesoro più grande è certamente il suo popolo, che ha molto sofferto e tuttora soffre, a causa di conflitti interni e di ostilità che sono durate troppo a lungo e hanno creato profonde divisioni. Poiché la nazione è ora impegnata per ripristinare la pace, la guarigione di queste ferite si impone come una priorità politica e spirituale fondamentale”.

Il Papa esprime apprezzamento per gli sforzi che il governo sta facendo in questo senso e sottolinea come “l’arduo processo di costruzione della pace e della riconciliazione nazionale può avanzare solo attraverso l’impegno per la giustizia e il rispetto dei diritti umani”. E cita la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo proclamata dall’Onu, base per “promuovere nel mondo la giustizia, la pace, lo sviluppo e per risolvere i conflitti mediante il dialogo e non con l’uso della forza”.

Il futuro del Myanmar dev’essere la pace, afferma il Papa, una pace fondata sul rispetto della dignità e dei diritti di ogni membro della società, sul rispetto di ogni gruppo etnico e della sua identità, sul rispetto dello stato di diritto e di un ordine democratico che consenta a ciascun individuo e ad ogni gruppo – nessuno escluso – di offrire il suo legittimo contributo al bene comune”.

E in questa sfida, le religioni hanno un ruolo privilegiato da svolgere, possono, dice il Papa, “aiutare ad estirpare le cause del conflitto, costruire ponti di dialogo, ricercare la giustizia ed essere voce profetica per quanti soffrono”.

“Le differenze religiose non devono essere fonte di divisione e di diffidenza, ribadisce Francesco, ma piuttosto una forza per l’unità, per il perdono, per la tolleranza e la saggia costruzione del Paese. Le religioni possono svolgere un ruolo significativo nella guarigione delle ferite emotive, spirituali e psicologiche di quanti hanno sofferto negli anni di conflitto”. Francesco indica come “un grande segno di speranza” l’impegno comune dei leader delle varie tradizioni religiose del Paese “per la pace, per soccorrere i poveri e per educare agli autentici valori religiosi e umani”. E’ su questi valori che si costruisce il futuro e in questo senso è importante investire sulla formazione dei giovani all’onestà, integrità e solidarietà, garanzia per “il consolidamento della democrazia e della crescita dell’unità e della pace a tutti i livelli della società”.

In conclusione, ancora un riferimento del Papa alla comunità cattolica del Myanmar che incoraggia a lavorare per il bene comune anche attraverso opere caritative e umanitarie, cooperando con i seguaci di altre religioni e con tutti le persone di buona volontà, “per aprire una nuova era di concordia e di progresso per i popoli di questa amata nazione”.

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