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È vero che i morti restano a “dormire” in attesa del giudizio finale? No!

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Monsignor Henrique Soares da Costa - pubblicato il 16/11/17

Questa interpretazione è contraria alla dottrina del Nuovo Testamento ed è incompatibile con la fede nella resurrezione e ascensione di Cristo

Un’obiezione protestante ricorrente all’intercessione dei santi, anche a quella della Madonna, è l’interpretazione del fatto che dopo la morte rimaniamo a “dormire” fino al giudizio finale. Circa questa affermazione incompatibile con la fede nella resurrezione e ascensione di Cristo, condividiamo questo testo molto chiaro di monsignor Henrique Soares da Costa, vescovo della diocesi di Palmares, nello Stato brasiliano di Pernambuco.

Nell’Antico Testamento, prima della venuta di Cristo, si pensava che chi moriva andasse nello sheol (dimora dei morti) in attesa della venuta del Signore, quando si sarebbero verificati la resurrezione dei morti e il giudizio finale. Fino ad allora, lo sheol era uguale per tutti, buoni e cattivi: era il regno della morte per tutti!

I morti rimanevano in una situazione di attesa fino alla consumazione finale.

A poco a poco, però, è sorta l’idea che anche nello sheol c’era una differenza tra buoni e cattivi. Basta pensare alla parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro. Entrambi sono nello sheol (nel seno di Abramo), ma uno è felice, mentre l’altro soffre (cfr. Lc 16,19-26).

Riassumendo: secondo i testi più antichi dell’Antico Testamento, i morti restavano a “dormire” nello sheol fino alla resurrezione finale, alla venuta del Messia. Nei testi più recenti, gli ebrei non pensavano più che i morti rimanessero a dormire, in uno stato di incoscienza, ma che fossero in uno stato di attesa, buono per i giusti e tormentoso per i malvagi, fino all’arrivo del Messia per il giudizio definitivo.

Nel Nuovo Testamento, con l’arrivo del Messia, tutto cambia!

Con Cristo, che è il Messia atteso, i morti non rimarranno più in attesa, perché sono arrivati gli ultimi tempi. Ricordiamo il passo di Luca 23, 42s, quando si parla del buon ladrone: “E diceva: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno!» Ed egli gli disse: «Io ti dico in verità, oggi tu sarai con me in paradiso»”.

Il ladrone, come gli ebrei dell’epoca di Gesù, aspettava la resurrezione alla fine dei tempi, quando il Signore sarebbe arrivato nella gloria: “Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno!” Ma il regno è già arrivato; con la resurrezione di Gesù sono arrivati i tempi ultimi. Proprio per questo Gesù risponde: “Oggi tu sarai con me in paradiso”.

Ora che Egli è arrivato, che ha vinto la morte, non c’è più motivo di rimanere in attesa: con Cristo, i morti non devono più aspettare: è già giunto il giorno del giudizio! Il futuro atteso diventa oggi,
diventa presente in Cristo: la salvezza definitiva non è una realtà meramente futura, ma sortisce effetti immediati per chi parte da questa vita in comunione con Cristo; il paradiso, stato finale della beatitudine, è stare con Cristo, “già”, “ora”! La morte di Cristo apre le porte del paradiso, di modo che la morte del cristiano è l’ingresso nella vita eterna.

Proprio per questo, San Paolo dice che preferisce congedarsi da questa vita terrena per andare a stare con Cristo: “Siamo pieni di fiducia e preferiamo partire dal corpo e abitare con il Signore” (2 Cor 5,8).

Qui appare chiaramente che la fine dell’esistenza terrena porta immediatamente ad abitare accanto al Signore. Non bisogna dormire: morire è andare a stare immediatamente con il Signore, per questo San Paolo preferisce morire subito! Chi è morto prima della venuta di Cristo nella gloria già vive con il Signore. L’apostolo aggiunge in un’altra lettera:

“Per me il vivere è Cristo e il morire guadagno. Ma se il vivere nella carne porta frutto all’opera mia, non saprei che cosa preferire. Sono stretto da due lati: da una parte ho il desiderio di partire e di essere con Cristo, perché è molto meglio” (Fl 1,21ss).

Si noti che ciò che conta è “vivere è Cristo”: la morte non è un guadagno in se stessa, ma solo se è un partire per stare subito con Cristo. Una morte che fosse separazione da Cristo o interrompesse la comunione con Lui non sarebbe un “guadagno” per Paolo. La morte è desiderabile solo perché permette di entrare nella pienezza della comunione con Cristo, che costituisce l’obiettivo ultimo della speranza cristiana.

In altri sette testi paolini l’espressione “con Cristo” appare con questo significato. Ad esempio, “Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui. (…) Quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell’aria, e così saremo sempre con il Signore” (1 Ts 4, 14.17).

“Poiché Dio non ci ha destinati alla sua collera ma all’acquisto della salvezza per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo, il quale è morto per noi, perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui” (1 Ts 5, 9-10).

Altri testi sono 2 Cor 4,14; 13,4; Rm 6,8; 8,32.

Stare con il Signore esprime la salda certezza della comunione con Cristo subito dopo la morte! Se stare con Cristo fosse possibile solo nella parusia (venuta di Cristo), il meglio per Paolo non sarebbe partire! Partire per rimanere a dormire? Partire è un bene solo perché è per stare con Cristo!

Riassumendo: nel Nuovo Testamento appare chiarissimo che subito dopo la morte partiamo per stare con Cristo. Sbagliano allora quanti affermano che dopo la morte rimaniamo a dormire fino alla resurrezione finale. Affermare che dopo la morte rimaniamo a dormire è dimenticare che Cristo è risuscitato, che con Lui risuscitiamo alla vita. Sbagliano in modo grave anche i reincarnazionisti, che pensano che dopo la morte si resti a vagare fino a reincarnarsi di nuovo. Sarebbe disconoscere che né la morte, né la vita né alcuna creatura potrà separarci dall’amore di Cristo (cf. Rm 8, 39).

Per concludere, cito un importante testo del Magistero della Chiesa, la costituzione Benedictus Deus di Papa Benedetto XII, del XIV secolo, che ha insegnato chiaramente e in modo infallibile quanto segue:

“Noi, con la forza dell’autorità apostolica, definiamo che in base alla disposizione generale di Dio le anime di tutti i santi che hanno lasciato questo mondo prima della passione di Nostro Signore Gesù Cristo e quelle dei santi apostoli, dei martiri, dei confessori, delle vergini e degli altri fedeli morti dopo aver ricevuto il santo Battesimo di Cristo, e nei quali non c’è più niente da purificare quando sono morti, e non ci sarà neanche nel futuro, quando moriranno, o nel caso in cui abbiano qualcosa da purificare, una volta purificato, visto che sono stati purificati dopo la sua morte (…) immediatamente dopo la morte e la purificazione – se ne avessero bisogno – prima di riassumere il proprio corpo e del giudizio universale, dopo l’ascensione di nostro Signore Gesù Cristo in Cielo, erano, sono e saranno in Cielo, nel Regno di Dio e nel paradiso celeste, con Cristo…”

La dottrina della Chiesa è chiara: chi è già purificato dei suoi peccati, subito dopo la morte, anche prima del giudizio finale, sarà in Paradiso, che significa stare con Cristo.

E questo perché? Perché Gesù è già risorto ed è già salito al Cielo. Nella sua ascensione, ci ha già aperto il Cuore del Padre! Ripeto: chi nega che dopo la morte staremo con Cristo sta disconoscendo che Cristo è risuscitato; è ancora nell’Antico Testamento!

E il giudizio finale? Nella venuta del Signore i nostri corpi risusciteranno, e tutto ciò che facciamo di bene e di male, i nostri atti e le nostre omissioni appariranno con le loro conseguenze per tutta l’umanità!

[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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