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Il monastero dei vedovi: una fedeltà eternata nell’amore di Dio

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Morgane Macé - pubblicato il 08/11/17
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Formato da tre monasteri, di cui uno situato in Guyana e due in Correza, la comunità monastica dei fratelli della Risurrezione, fondata dagli anni ’80, raggruppa persone che hanno deciso di vivere la loro vedovanza nell’amore di Dio.

Stabilita nel priorato di San Benedetto e in quello di Notre Dame de Belpeuch in Correza, nonché nel monastero della Sacra Famiglia a Saint-Laurent du Maroni, la comunità monastica dei fratelli della Risurrezione si appoggia sulla Regola di san Benedetto. Desiderosi di investire il loro stato di vita al servizio della Chiesa, essi testimoniano la loro gratitudine verso Dio e una fedeltà eterna al coniuge estinto.

Tra gratitudine e fedeltà eterna

Arrivato nel 2014 in seno alla comunità, fratel Christian-Marie torna sul senso della vedovanza vissuta nel ritiro monastico:

Quelli che compongono la nostra comunità hanno da principio vissuto un profondo sconvolgimento. La loro “metà” era stata strappata loro, e questo ha creato un sentimento di assurdità della propria esistenza. In un secondo momento, questa prova ha fatto loro comprendere che quanto essi avevano vissuto era un vero dono del cielo, e che la loro vita coniugale, famigliare e professionale, valeva la pena di essere vissuta.

Un profondo sentimento di riconoscenza è dunque alla base dei loro voti monastici: «In linguaggio religioso, si parla di “necessità di rendere grazie”».

Una tale scelta esprime pure per questi vedovi la volontà di restare fedeli ai loro coniugi, al di là del matrimonio civile e della morte. Per queste persone l’espressione “portare il lutto” non ha senso, perché non cessano mai di essere unite alla persona amata.

Tale sentimento di fedeltà si esprime rivolgendosi verso il Cielo. Due questioni ci animano: «Che cosa renderò al Signore per tutto il bene che mi ha dato?» e «Signore, che cosa vuoi che io faccia?». A questo punto si vive come una risurrezione in sé stessi,

spiega fratel Christian-Marie.

Sebbene siano liberi da vincoli famigliari, questi vedovi sono animati dal desiderio della lode e della ricerca di Dio. Sono persone che hanno avuto dei figli, i quali però sono adesso autonomi, e che continuano a intrattenere i loro legami famigliari – una specificità della fraternità della Risurrezione. Fratel Christian-Marie precisa:

Spesso, secondo la tradizione in vigore nella maggior parte dei monasteri, siamo invitati alla fuga mundi e alla rinuncia a tutto quanto è mondano. Notiamo però che Gesù, nella “Preghiera sacerdotale” dice a suo Padre: «Non ti chiedo di toglierli dal mondo, ma di preservarli dal Maligno» [Gv 17, 15]. Del resto, quando si parla di rinuncia, nell’episodio del “giovane ricco”, si tratta soprattutto di fare in modo che i legami che ci stringono al mondo non costituiscano un ostacolo alla sequela di Cristo.

“Fare comunità”: preghiera e lavoro

Lungi dal considerare la nostra congregazione come un rifugio, vogliamo farla vivere e prendercene cura, cioè proprio “fare” comunità, mettendo insieme le nostre capacità e i nostri talenti,

precisa fratel Christian-Marie. I fratelli della Risurrezione vivono in piccole fraternità di tre o quattro membri. Al Priorato di Notre-Dame de Belpeuch ci sono attualmente quattro fratelli in comunità, un altro in missione, due sono stati exclaustrati per ragioni di salute e ci sono pure cinque questuanti (che si interrogano sulla vita monastica pur senza aver pronunciato i propri voti).

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Noi ci organizziamo con un grande senso di concertazione, e questo è atipico nella maggior parte degli ordini monastici,

ci spiega ancora fratel Christian-Marie. In ogni fraternità la vita è ritmata dalla preghiera e dal lavoro (ora et labora),  e quindi sette uffici quotidiani, la lectio divina e un lavoro comunitario (amministrazione e cucina, faccende domestiche e manutenzione).

Accanto ai fratelli si trovano pure dei “famigliari”. Si tratta di vedovi che hanno ancora dei figli in carico e che si sentono attirati dalla vita che conduciamo. Vengono periodicamente a unirsi alla comunità. Si possono pure trovare dei divorziati non risposati, che non pronunciano i voti (povertà, castità e obbedienza) ma un impegno di un anno; il sacramento del matrimonio resta prioritario rispetto a ogni altro impegno.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]