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Voltaire, il grande nemico della Chiesa, è morto cattolico?

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Encuentra.com - pubblicato il 07/11/17

Il cattedratico di Filosofia Carlos Valverde ha scritto un articolo sorprendente in cui documenta a livello storico la conversione di uno dei più celebri nemici della Chiesa cattolica: Voltaire.

L’indagine sui documenti antichi riserva sempre sorprese. L’ultima l’ho avuta mentre sfogliavo il tomo XII di una vecchia rivista francese, Correspondance Littéraire, Philosophique et Critique (1753-1793), indispensabile per conoscere il secolo dei Lumi e gli inizi della grande Rivoluzione.

Sappiamo tutti chi fosse Voltaire: il peggior nemico che ha avuto il cristianesimo in quel XVIII secolo in cui ne ha avuti tanti e molto crudeli. Con gli anni il suo odio nei confronti del cristianesimo e della Chiesa è aumentato, fino a diventare un’ossessione. Ogni notte credeva di averlo sconfitto, ma ogni mattina sentiva la necessità di ricominciare: il Vangelo aveva portato solo disgrazie sulla Terra.

Voltaire ha maneggiato come nessun l’altro l’ironia e il sarcasmo nei suoi innumerevoli scritti, arrivando al degradante. Diderot lo definiva l’anticristo. È stato il maestro di intere generazioni incapaci di comprendere i valori superiori del cristianesimo, la cui scomparsa svilisce e impoverisce l’umanità.

Nel numero di aprile del 1778 della rivista francese citata (pagine 87-88), si trova però nientemeno che la copia della professione di fede di Voltaire, che recita letteralmente:

“Io sottoscritto dichiaro che avendo vomitato sangue quattro giorni fa, all’età di ottantaquattro anni, e non essendo potuto andare in chiesa, il parroco di Saint Sulpice ha voluto aggiungere alle sue buone azioni quella di inviarmi il signor Gautier, sacerdote. Mi sono confessato con lui, e se Dio dispone di me muoio nella santa religione cattolica nella quale sono nato sperando che la misericordia divina si degni di perdonare tutti i miei errori, e se ho scandalizzato la Chiesa chiedo perdono a Dio e a lei”. “Firmato: Voltaire, 2 marzo 1778 in casa del marchese de Villevielle, alla presenza del signor abate Mignot, mio nipote, e del signor marchese di Villevielle, mio amico”.

Firmano anche l’abate Mignot e Villevielle. Si aggiunge:

Dichiariamo la presente copia conforme all’originale, rimasto nelle mani del signor abate Gauthier e che entrambi abbiamo firmato, come il presente certificato. Parigi, 27 maggio 1778. L’abate Mignot, Villevielle”.

Il fatto che il documento possa essere considerato autentico è dimostrato da altri due documenti che si trovano nel numero di giugno della stessa rivista – di sicuro niente di clericale, visto che gli editori erano Grimm, Diderot e altri enciclopedisti.

Voltaire è morto il 30 maggio 1778. La rivista lo loda come “il più grande, il più illustre, forse l’unico monumento di quest’epoca gloriosa in cui tutti i talenti, tutte le arti dello spirito umano sembravano essersi elevati al più alto grado di perfezione”.

La famiglia volle che i suoi resti riposassero nell’abbazia di Scellieres. Il 2 giugno il vescovo di Troyes proibì severamente al priore dell’abbazia in una breve nota di seppellire in terreno sacro il corpo di Voltaire. Il 3 giugno il priore rispose al vescovo che la sua ammonizione era giunta tardi, perché in effetti è stato sepolto proprio nell’abbazia.

La lettera del priore è lunga e assai interessante per i dati che apporta. Tra quelli che ci interessano maggiormente, il fatto che la famiglia volle che venisse sepolto nella cripta dell’abbazia finché non potesse essere trasferito al castello di Ferney.

L’abate Mignot presenta al priore il consenso firmato dal parroco di Saint Sulpice e una copia – firmata anch’essa dal parroco – “della professione di fede cattolica, apostolica e romana che il signor Voltaire ha fatto nelle mani del suo sacerdote, approvata alla presenza di due testimoni, uno dei quali è il signor Mignot, il nostro abate, nipote del penitente, e l’altro il signor marchese di Villevielle (…) In base a questi documenti, che mi sono sembrati e mi sembrano ancora autentici – prosegue il priore –, avrei creduto di mancare al mio dovere di pastore se gli avessi rifiutato le risorse spirituali (…). Non mi è passato neanche per la testa che il parroco di Saint Sulpice potesse negare la sepoltura a un uomo di cui aveva legalizzato la professione di fede (…)“.

Penso che non si possa rifiutare la sepoltura a qualsiasi uomo che muoia nel seno della Chiesa (…) Dopo mezzogiorno, l’abate Mignot ha presentato solennemente in chiesa il corpo di suo zio. Al mattino, tutti gli ecclesiastici dei dintorni (…) hanno celebrato una Messa in presenza del corpo e io ho celebrato una Messa solenne alle undici, prima dell’inumazione (…). La famiglia del signor Voltaire è partita questa mattina felice degli onori resi alla sua memoria e delle preghiere che abbiamo elevato a Dio per il riposo della sua anima. Ecco i fatti, monsignore, nella più esatta verità”.

Sembra che sia passato così da questo mondo all’altro l’uomo che ha impiegato il suo ingegno temibile e fecondo per combattere ferocemente la Chiesa.

La Rivoluzione portò in trionfo i resti di Voltaire al pantheon di Parigi, l’antica chiesa di Santa Genoveffa, dedicata ai grandi uomini. Nella cripta, di fronte a quella del suo nemico Rousseau, c’è ancora oggi la tomba di Voltaire con questo epitaffio:

“Alle mani di Voltaire. L’Assemblea Nazionale ha decretato il 30 maggio 1791 che aveva meritato gli onori dovuti ai grandi uomini”.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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