separateurCreated with Sketch.

Cos’è successo quando due amici hanno percorso il Cammino di Santiago su una sedia a rotelle

whatsappfacebooktwitter-xemailnative
Paul Asay - pubblicato il 07/11/17
whatsappfacebooktwitter-xemailnative

Il film “I’ll Push You” racconta la storia toccante di un pellegrinaggio unico attraverso la SpagnaIl Cammino di Santiago è forse il pellegrinaggio cristiano più famoso del mondo. Da più di mille anni, i pellegrini percorrono centinaia di chilometri nel nord della Spagna salendo montagne e facendo trekking in piccoli deserti per arrivare alla cattedrale di Santiago de Compostela, nella regione della Galizia.

La maggior parte dei pellegrini percorre oggi il Cammino a piedi. Alcuni vanno in bicicletta. Qualcuno va a cavallo o a dorso d’asino, come i pellegrini di un tempo.

Nessuno, però, ha mai completato il Cammino in sedia a rotelle fino a quando non hanno realizzato l’impresa Justin Skeesuck e Patrick Gray nel 2014. Il loro viaggio e la loro amicizia sono stati raccolti in un libro e ora in un film intitolato I’ll Push You.

Justin e Patrick dicono di essere amici da tutta la vita, ed è vero quasi a livello letterale. Sono nati nello stesso ospedale a 36 ore di distanza, e da bambini erano praticamente inseparabili.

La loro amicizia ha preso una piega triste quando Justin ad appena 16 anni è rimasto coinvolto in un incidente automobilistico. Qualche mese dopo ha iniziato a mostrare i segni di una condizione neurologica simile alla SLA, che lo ha a poco a poco privato della capacità di usare i muscoli. Per anni la malattia è progredita, rubandogli una funzione alla volta. Ora che ha da poco compiuto 40 anni ha bisogno di aiuto per fare quasi tutto, dal mangiare e vestirsi ad andare in bagno.

Ma quando ha saputo del Cammino, Justin ha capito che voleva completarlo.

“Ho imparato a fidarmi del mio istinto”, ha dichiarato. “Non pensavo al pellegrinaggio chiedendomi come avrei fatto a fare questo o quello… Credo che Dio stesse dicendo: ‘Hai bisogno di farlo’”. Nel 2012 ha parlato del pellegrinaggio a Patrick, che non ha esitato un attimo, dicendogli “I’ll push you”, “Ti spingerò io”, il titolo del film.

Il Cammino è impegnativo per tutti pellegrini, appartenenti a varie fedi e che compiono il viaggio per svariate ragioni, ma percorrere centinaia di chilometri con qualcuno confinato su una sedia a rotelle e aver bisogno di aiuto per far fronte alle necessità più fondamentali aggiunge tutta un’altra serie di sfide.

“Non solo percorrevamo 25, 30 chilometri al giorno, ma (Patrick) doveva alzarmi la mattina”, ha raccontato Justin. “Doveva vestirmi, darmi da mangiare… è molto lavoro”.

Se non fossero bastate le difficoltà, entrambi hanno dovuto affrontare la complessità di essere seguiti da una troupe che ha documentato praticamente ogni loro passo.

La pellicola mostra alcuni momenti molto personali, a volte dolorosi, di entrambi gli uomini. Justin talvolta si sente un peso, Patrick lotta tra una miriade di doveri, sempre cercando di apparire sicuro e fiducioso. Entrambi, a modo loro, rivelano momenti di debolezza.

“Prima di compiere questo viaggio, questo pellegrinaggio, Patrick ed io abbiamo deciso che ci saremmo impegnati al massimo”, ha affermato Justin. “Vedete tutto di noi”.

La maggior parte delle persone non ama mostrare la propria debolezza e quanto si possa aver bisogno di aiuto. È questo il potere di I’ll Push You, che mostra la bellezza che si può trovare nella nostra debolezza.

“Justin ed io abbiamo parlato molto [lungo il Cammino] della nostra amicizia”, ha detto Patrick. “C’è un livello di vulnerabilità e intimità che deve esistere perché possa fiorire”.

Sia Justin che Patrick sono uomini di fede, ed entrambi sono rimasti molto colpiti dal loro viaggio. Patrick ha confessato che il pellegrinaggio lo ha costretto ad affrontare alcuni dei suoi “demoni” personali e a guardare Dio attraverso una nuova lente.

“Sono tornato a casa apprezzando di più un Dio di amore e misericordia, e un Dio di compassione”, ha aggiunto, dicendosi determinato a vivere maggiormente quell’amore, quella misericordia e quella compassione nella sua vita.

Dal canto suo, Justin ha detto che non stava “cercando davvero qualche trasformazione spirituale. Avevo un’idea abbastanza precisa di chi fossi come indivuduo”. Si è però portato indietro da questa esperienza un nuovo apprezzamento per l’umanità. Spesso perfetti estranei si sono fatti avanti per aiutare lui e Patrick, portando letteralmente di peso Justin sulla cima di un monte.

“La mia fiducia nell’umanità è stata ripristinata nel corso di questo pellegrinaggio”, ha detto.

Nel film, Justin parla francamente di ciò che gli ha tolto – e di ciò che gli ha dato – il suo disturbo neurologico.

“Come esseri umani vogliamo l’indipendenza”, ha commentato. “Fare quello che vogliamo e quando vogliamo… Ma ho imparato che una volta che non penso a questo l’amore può fiorire”.

In qualche modo, è questa la lezione che hanno tratto entrambi dal Cammino: l’amore può fiorire tra le nostre debolezze. Quando lasciamo andare il nostro desiderio – o il nostro bisogno – di indipendenza troviamo un tipo speciale di amore. Il loro viaggio mi ricorda ciò che si legge nell’Ecclesiaste (4, 9-10): “Meglio essere in due che uno solo, perché due hanno un miglior compenso nella fatica. Infatti, se vengono a cadere, l’uno rialza l’altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi”.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]