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Il capo sioux Nicholas W. “Black Elk” (“Alce Nero”) sulla via degli altari

BLACK ELK

Elliott & Fry - Public domain

Jaime Septién - pubblicato il 06/11/17

Fuse la cultura lakota e quella cattolica in un modo che “lo portò più profondamente a conoscere il mistero dell'amore di Cristo e della Chiesa”

In una foto storica non datata si può vedere come il capo sioux Nicholas W. “Black Elk” insegni a una bambina come recitare il Rosario. È una delle testimonianze grafiche della fede cattolica di “Alce Nero” (in inglese “Black Elk”; in lingua sioux “Hehaka Sapa”).

“Alce Nero” fu un famoso “Wichasha Wakan” (“Uomo Santo”) dei sioux oglala, nella regione ora corrispondente al vescovado di Rapid City, nello Stato del South Dakota (Stati Uniti). Il vescovo di quella giurisdizione, Robert D. Gruss, ha celebrato il 21 ottobre scorso nella chiesa del Santo Rosario di Pine Ridge la Messa solenne per aprire formalmente la causa di canonizzazione di questo nativo americano.

Per il vescovo Gruss, “Alce Nero” ha fuso la cultura lakota e quella cattolica in un modo che “lo ha portato più profondamente a conoscere il mistero dell’amore di Cristo e della Chiesa”. Fu un catechista che per 50 anni portò altri a Cristo, spesso combinando la sua cultura lakota con la vita cristiana.

“Questa inculturazione può sempre rivelare qualcosa della vera natura e santità di Dio”, ha detto nella sua omelia il vescovo di Rapid City, aggiungendo che “Black Elk” “ha sempre sfidato la gente a rinnovarsi, (spingendola) a cercare la vita che offre Cristo”.

Il vescovo Gruss ha detto che la vita di “Black Elk” è stata quella di un catechista dedito, leader spirituale e guida che “ha ispirato molti a vivere per Cristo con la propria storia”. Con l’apertura formale della sua causa, “Black Elk” ha ora il titolo di “Servo di Dio”.

Un uomo di due mondi

Black Elk” nacque tra il 1858 e il 1866 e morì il 19 agosto 1950 a Pine Ridge. L’apertura della sua causa di canonizzazione ha mostrato a molti altri nativi americani che è possibile combinare la cultura tradizionale con la fede cattolica, anche in modo fecondo.

Quello che si sa di questo personaggio è che verso la fine della sua vita ha raccontato la sua storia e ha reso noto un buon numero di rituali sacri sioux a John Neihardt e Joseph Epes Brown perché venissero pubblicati. Le sue narrazioni suscitarono un considerevole interesse da parte del pubblico, come si può leggere in un breve articolo dedicato ad “Alce Nero” su Wikipedia, in cui si segnala che nel libro di John G. Neihardt riferisce che a nove anni rimase incosciente per dodici giorni ed ebbe delle visioni del cavallo delle quattro direzioni che lo portò davanti alla nuvola dei sei anziani, ovvero i quattro punti cardinali più lo zenit e il nadir. Questi gli insegnarono i segreti della conoscere e della guarigione.

In gioventù lo istruirono con il sapere dei grandi sacerdoti, tra cui “Whirlwind Chaser”, “Black Road” ed “Elk Head”. Con questa conoscenza, “Alce Nero” pregò e digiunò per lunghi periodi, il che lo trasformò in un uomo saggio che ricevette visioni e un potere speciale per il bene della sua nazione.

Questa missione ossessionò “Alce Nero” e gli provocò grande sofferenza, perché pur potendo guidare il suo popolo sul sentiero sacro non riuscì a vedere i modi per farlo seriamente.

Chiamato missionario

La prima fase del cammino di “Alce Nero” verso la santità è iniziata. Il vescovo Gruss ha detto che gli scritti pubblici e privati di “Black Elk” sono attualmente in fase di raccolta ed esame. Questa fase documentale può durare molti anni.

“L’andamento del processo dipende ora dallo Spirito Santo e dalla Congregazione per le Cause dei Santi. Il nostro compito è continuare a riunire altre informazioni e testimonianze sulla sua vita e pregare perché sia ritenuto degno di far avanzare la causa”, ha detto il vescovo di Rapid City.

Il presule ha esortato chi ha partecipato alla Messa di apertura della causa diocesana a seguire l’esempio di “Alce Nero”, sottolineando che tutti i cristiani sono chiamati a compiere la propria azione nel campo missionario.

“Come ‘Black Elk’, se siamo docili alla volontà del Signore, dedicando la nostra vita a Lui, staremo lavorando per il suo Regno di misericordia, amore e pace”, ha detto il vescovo Gruss, che ha sottolineato che i cattolici di oggi non devono vivere “vite religiose isolate”, ma devono riconoscere che siamo chiamati ad essere “servi di Dio e strumenti dell’amore di Cristo nella costruzione e nel rafforzamento del suo Regno. Ciascuno di noi deve decidere come può partecipare” a questo compito.

Non c’è bisogno di scegliere

Nel febbraio scorso, il vescovo Gruss ha designato Bill White come postulatore diocesano della causa di canonizzazione di “Alce Nero”. White è un membro iscritto della tribù oglala sioux nella riserva di Pine Ridge. Il diacono Ben “Black Bear”, della missione di San Francisco, sta traducendo alcuni degli scritti di “Alce Nero” dal lakota all’inglese.

Dal canto suo, il diacono Marlon Leneaugh, direttore diocesano del Ministero Nativo di Rapid City, ha descritto “Black Elk” come un santo venerato tra i lakota, a cui ha mostrato che non esiste una discrepanza profonda tra la spiritualità nativa tradizionale e il cattolicesimo.

“Ha mostrato alla sua gente che non bisogna scegliere tra i due mondi, che si può essere di entrambi. Non ha abbandonato i suoi costumi nativi quando è diventato cristiano. Erano due cose che procedevano di pari passo, mentre pregava l’unico Dio”.

Con informazioni del Catholic News Service

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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