Fu il più importante patrologo contemporaneo, allievo del latinista ParatoreAll’improvviso è morto oggi a Roma, circondato dai figli e in pace come un giusto, Manlio Simonetti. Con lui scompare uno dei maggiori conoscitori del cristianesimo antico. Nato a Roma il 2 maggio 1926, si era formato alla scuola rigorosa di Gino Funaioli e di Ettore Paratore. Curioso come ogni vero ricercatore, per tutta la vita è stato un filologo, dunque uno storico nel senso più pieno. E fu proprio Paratore, grande latinista e umanista principe, a indirizzarlo per motivi concorsuali allo studio dei testi cristiani, di cui il maestro intuiva l’importanza e che il giovane allievo iniziò a studiare con metodo e tenacia, frequentando la Biblioteca vaticana. E contemperando la ricerca con la passione per il calcio e per la musica classica, passioni maturate già nella Roma del primissimo dopoguerra e mantenute sino agli ultimi giorni.
Dall’arduo ambito agiografico latino, presto allargò il suo campo d’indagine agli autori greci e alla storia dottrinale, arrivando a comprendere i primi otto secoli cristiani nella loro globalità e con uno sguardo unitario che comprendeva tutto il contesto del mondo antico. Salito in cattedra molto presto, Simonetti insegnò dal 1959 al 1969 letteratura cristiana antica all’università di Cagliari e quindi, per oltre un trentennio, storia del cristianesimo alla Sapienza di Roma, dove da tempo convivevano studiosi di patristica e storici delle religioni, ma anche antichisti e orientalisti consapevoli della ridotta efficacia di approfondimenti solo settoriali.
Giovane assistente, aveva affinato la capacità didattica nella scuola, in quel Marcantonio Colonna che ricordava con autentica e divertita simpatia, e soprattutto nell’università romana tenne corsi appassionanti che sapevano congiungere antico e moderno, come il quarto vangelo e Bultmann, le origini del cristianesimo romano e gli scavi a San Pietro. Docente nel Pontificio ateneo salesiano, insegnò all’Istituto patristico Augustinianum della Lateranense dalla fondazione nel 1971 e fino al 2016, ormai novantenne. Socio nazionale dei Lincei dal 1983, nel 2011 è stato il primo a ricevere il premio Ratzinger dallo stesso Benedetto XVI.
La bibliografia, vastissima e variegata, conta molte centinaia di titoli, tra cui numerose memorabili recensioni. Tra le opere più importanti, vanno almeno ricordati i primi Studi agiografici (1955), la pionieristica Letteratura cristiana antica greca e latina (1969), il fondamentale ampio studio La crisi ariana nel iv secolo (1975), l’innovativo Lettera e/o allegoria(1985), vera e propria ricostruzione dell’esegesi patristica, e una storia della letteratura latina tardoantica e altomedievale, pubblicata nel 1986 e riedita vent’anni dopo con il titolo Romani e barbari: le lettere latine alle origini dell’Europa (secoli v-VIII).
Importanti le sue edizioni critiche (Rufino, Gregorio di Elvira, Cipriano, Origene, Agostino, PseudoIppolito) e numerose le traduzioni, sempre limpide (Flavio Giuseppe, testi gnostici greci e latini, Origene, Agostino, Gregorio Magno). Diversi volumi raccolgono gli studi svolti durante oltre mezzo secolo: Studi sulla cristologia del ii e III secolo (1993), Ortodossia ed eresia tra i e ii secolo (1994), Origene esegeta e la sua tradizione (2004), Studi di cristologia postnicena (2006). Nel 2007 è stata pubblicata la raccolta di scritti, tanto brevi quanto preziosi, Classici e cristiani, seguita da Il Vangelo e la storia (2010) e infine da Antiochia cristiana (2016).
Uomo dedito alla scuola nel senso più vasto della parola, è sempre stato generosissimo con i giovani che a lui si rivolgevano, fossero suoi allievi o no, dedicando molto del suo tempo non solo a seguirne i lavori, ma anche a rivederli e a correggerli, con particolare attenzione a quelli filologici, anche negli ultimi giorni, rifuggendo da ogni ringraziamento. E proprio di un progetto propostogli di raccontare in un piccolo libro intervista il suo percorso di studioso e la sua straordinaria esperienza di docente universitario aveva discusso appena un mese fa. Vivace e incuriosito come sempre, ma non immediatamente convinto per una certa ritrosia, brusca e timida, che gli fece sempre respingere con nettezza l’idea di una miscellanea di studi in suo onore.