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Siete egocentrici? Imparate ad essere oblativi!

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Gabrielle Lutze/Stocksy United

Gelsomino Del Guercio - Aleteia Italia - pubblicato il 02/11/17

La volontà di Dio, l'esempio di Cristo per scongiurare il rischio di ripiegarsi su stessi e non donarsi agli altri. Come insegna uno psicoanalista

E’ il rapporto con Dio che dà ad ogni persona spirituale la sua dignità e libertà suprema. Soltanto dal punto di vista di questa relazione una persona può essere realmente se stessa, donarsi agli altri ed evitare il rischio egocentrismo.

E’ la tesi dello psicoanalista Giambattista Torellò nel suo libro postumo “Impazziti di luce – Scritti di psicologia spirituale” (Edizioni Ares).

DONO CHE CHIEDE RICONOSCENZA

Dio concede ad ogni uomo la possibilità di aprirsi al mondo. Si tratta di un dono attraverso il quale Dio mi guarda e mi si dà, e per cui io posso guardare e darmi agli altri e a Dio stesso.

Perché ogni dono reca con sé un messaggio di amore e quindi chiede corrispondenza, cioè riconoscenza al dono e ricambio con un dono.

DARSI ALLA VOLONTA’ DI DIO

Ogni uomo non possiede nulla in proprio, al di fuori della sua libertà. E quindi al dono della vita, lui può rispondere soltanto dando la propria libertà alla volontà divina (Fiat voluntas tua!). Ed è così che egli trova sé stesso: ecco la vera realizzazione della libertà, la pienezza dell’essere uomini.

Ogni ripiego su di sé, ogni dono ad altri che non sia Dio, invece, secondo Torellò, è perdita di libertà, perdita di sé… è l’unico peccato.




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PERICOLO EGOISMO

Il senso della vita quindi è tutto in questo darsi, che è un servire. Il male peggiore è infatti girare le spalle all’altro, ripiegare su sé stessi, negare la realtà, e quindi l’egocentrismo.

Essendo l’uomo un ens ab alio (tendere ad essere un altro) il suo peccato originale è un voler essere ens a se, voler essere Dio (eritis sicut Dii sussurrò il serpente a Eva). In fondo a ogni altro peccato non c’è che l’egoismo.

L’ESEMPIO DI CRISTO

Perciò ogni salvezza dell’uomo viene da Cristo che definì la finalità del suo incarnarsi, del suo farsi, dicendo «Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 6,38). Egli non è altro che la stessa vita del Padre perfettamente accolta. Egli è l’essere che consiste in questa accoglienza, in questa apertura, in questa obbedienza e abbandono: il suo cibo è fare la volontà del Padre.




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TRA NEVROSI E RISCHIO

Certo, questo donarsi, questo perdersi per trovarsi, questo servire, questo alienarsi ed essere rapiti ci sgomenta, scatena nevrosi in tutti noi. Perché in genere noi temiamo tutto ciò che ci domina, perché amiamo ciò che è sicuro, e ogni rischio ci fa indietreggiare. Ma è proprio il rischio che suppone e implica ogni crescita, ogni progresso scientifico, ogni creazione artistica, ogni slancio sportivo, ogni atto di amore, ogni professione di fede.

CORSA VERSO L’OBLATIVITA’

Chi vuol vivere confortato da ogni sorta di misure di sicurezza è contro il senso della vita, e si angoscerà senza rimedio.

Bisogna intendere la vita come una corsa verso la oblatività, e ciò vuol dire accettarla come un rischio totale per potersi donare all’altro: essere aperti può sembrarci dal basso scandalosa e pazza instabilità: visto dall’alto e dal cuore stesso dell’esistenza è la suprema saggezza, la più splendente grandezza della creatura ormai trasparente all’azione stessa di Dio.




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EDUCAZIONE SBAGLIATA

Se ogni nevrosi tradisce un metodo sbagliato di essere-nel-mondo, ora possiamo dire che alla base di tale modo vi è sempre una forte carica egocentrica, sorta già nella prima infanzia, provocata da sbagliate educazioni che vincolano morbosamente il soggetto al proprio io.

Al contrario, la formazione della personalità, la maturazione sana dell’uomo è tutta in questo processo verso la pienezza del dono di sé, verso un oblativo modo di essere-nel-mondo, che altro non è che una perfetta adesione alla propria realtà di creature in questo mondo: è la via verso la salvezza.




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