Dietro la religione: identità, arti e tradizioni
L’articolo 28 della legge del 9 dicembre 1905
proibisce, per l’avvenire, di innalzare o di apporre alcun segno o emblema religioso sui monumenti pubblici o in qualunque posto pubblico, a eccezione degli edifici adibiti al culto, dei luoghi di sepoltura nei cimiteri, dei monumenti funebri come pure dei musei e delle esposizioni.
Ora, l’espressione della fede non è confinata alla vita privata o all’intimità della persona. Vivere la fede può costituire per un individuo un’espressione artistica, familiare, culturale, identitaria, storica o associativa. Un emblema o un segno può così essere al contempo religioso, culturale o tradizionale. È questa pluralità di significati che il Consiglio di Stato ha ammesso a proposito dei presepi, «che presentano un carattere religioso ma sono pure degli elementi di decorazione profana installati per le feste di fine anno» (CE, 9 novembre 2016, Fédération départementale des libres penseurs de Seine-et-Marne). A Ploërmel il Consiglio di Stato procede stavolta con una manomissione arbitraria e paradossale della statua, un découpage che pretende di porre una cesura tra quanto concerne la fede e ciò che riguarda l’arte e la storia. Si pretende che, se l’arco e Giovanni Paolo II non possono essere considerati in loro stessi un segno religioso, «la cosa cambia per la croce, in ragione delle sue caratteristiche» (CE, 25 ottobre 2017, Fédération morbihannaise de la Libre Pensée et autres). Cacciando la religione dallo spazio pubblico, la laicità censura con essa l’arte, la cultura, il turismo e il patrimonio ambientale.
Verso una legittima e sana laicità
Ironia della sorte: fu Giovanni Paolo II che, nella sua Lettera ai vescovi di Francia, nel 2005, tornò sulla questione della laicità in Francia, in occasione del centenario della legge del 1905:
Il principio di laicità al quale il vostro Paese è molto attaccato, se viene ben compreso, appartiene anche alla Dottrina sociale della Chiesa. Esso richiama la necessità di una giusta separazione dei poteri, che fa eco all’invito di Cristo ai suoi discepoli: «Rendete a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio» (Lc 20, 25). Ancora, bisogna chiarirsi sui termini, precisare che cosa per la Chiesa sia una “legittima e sana laicità”.
Così la “sana e legittima” laicità auspicata dalla Chiesa riconosce, dal Vaticano II, la piena autonomia dei poteri civili e religiosi, la difesa della libertà di coscienza e il pluralismo religioso. Invece la dottrina della Chiesa rifiuta una laicità di esclusione del religioso, per farne uno spazio in cui ciascuno, nel rispetto degli altri, possa esprimere le proprie convinzioni:
in caso contrario, si corre sempre il rischio di un ripiegamento identitario e settario, nonché quello di un’escalation d’intolleranza, che non possono se non ostacolare la convivialità e la concordia in seno alla Nazione.
Giovanni Paolo II, Lettera ai vescovi di Francia, 2005
È proprio quanto Papa Francesco dichiarava nel suo discorso ad Ankara il 28 novembre 2014:
È fondamentale che i cittadini musulmani, ebrei e cristiani, godano dei medesimi diritti e rispettino i medesimi doveri. La libertà religiosa e la libertà di espressione, efficacemente garantiti a tutti, stimoleranno il fiorire dell’amicizia, diventando un eloquente segno di pace.
Una sana laicità è dunque quella che garantisce il libero esercizio di tutti i culti.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]