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Conosciamo il significato dei gesti che compiamo durante la liturgia?

Bambini a messa

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia Italia - pubblicato il 19/10/17

Joseph Ratzinger spiega perchè lo stare seduti, l'inginocchiarsi, l'inchinarsi, le mani allargate hanno tutti importanti significati biblici. Che dobbiamo imparare a conoscere

Usando la denominazione “Divina Liturgia”, cara soprattutto alle Chiese orientali, si è voluto sottolineare che la liturgia cristiana è un dono di Dio, che affonda le radici nella Sacra Scrittura e nella Tradizione e che la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, ha trasmesso e modellato nel corso dei secoli.

Il sacerdote e i fedeli che celebrano i santi misteri devono essere consapevoli che stanno trattando “cose divine” e non qualcosa che è a disposizione del loro arbitrio. Nella liturgia la mirabile realtà della “Comunione dei santi” deve trasparire negli atteggiamenti interiori e nelle espressioni esteriori della celebrazione.

Padre Livio Fanzaga in “La santa messa. Il cuore della vita cristiana” (Sugarco edizioni), riprendendo «quanto ci insegna un insuperabile maestro come Joseph Ratzinger nel suo libro “Introduzione allo spirito della liturgia”», evidenzia alcune “norme” che rendono decorosa la liturgia.

“LA RETTA FORMA DI ADORAZIONE”

Il rito liturgico è «il modo giusto di onorare Dio e la retta forma di adorazione». «La grandezza della liturgia si fonda sulla sua non arbitrarietà». «Essa non vive delle trovate di qualche singolo o di qualche commissione. Essa è, al contrario, il venire di Dio, il farsi trovare di Dio nel nostro mondo, ed opera davvero la liberazione».

La partecipazione attiva alla Divina Liturgia, affermava l’allora cardinale Ratzinger, consiste essenzialmente nella partecipazione del sacerdote e dei fedeli all’azione di Cristo che rinnova il suo sacrificio. Il centro focale è la grande preghiera eucaristica, dove l’agire divino è in primo piano e dove lo stesso sacerdote diviene strumento in forza del sacramento che ha ricevuto.

1) GLI ATTEGGIAMENTI DEL CORPO

Anche il corpo partecipa alla celebrazione della liturgia, lasciandosi plasmare dall’orientamento verso il mistero di Cristo che opera in essa. «Il coinvolgimento del corpo – secondo Ratzinger – si esprime in una certa disciplina del corpo stesso, in gesti che sono maturati proprio dalla pretesa interna della liturgia e che, in qualche modo, ne manifestano visibilmente la natura. Questi gesti, considerati singolarmente, possono variare a seconda dei diversi luoghi e delle diverse culture, ma nella loro forma essenziale fanno parte della cultura della fede, così come si è venuta formando proprio a partire dal culto».

2) L’ATTO DI INGINOCCHIARSI

L’atto di inginocchiarsi non proviene da una cultura qualunque, ma dalla Bibbia e dalla sua esperienza di Dio. L’importanza centrale che l’inginocchiarsi ha nella Bibbia la si può desumere dal fatto che solo nel Nuovo Testamento compare 59 volte.

«L’inginocchiarsi è un gesto essenzialmente cristologico, col quale si piegano le ginocchia dinanzi a Colui che non ha considerato un tesoro geloso la sua divinità, che pure gli è propria, ma si è abbassato fino alla morte di croce. Lui è il vero Dio, al di sopra di tutti gli dèi».




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3) STARE IN PIEDI

Stare in piedi nell’Antico Testamento è l’atteggiamento classico della preghiera. «Lo stare in piedi è il gesto del vincitore… Nello stare in piedi ci sentiamo uniti alla vittoria di Cristo; e quando ascoltiamo in piedi il Vangelo, lo facciamo per esprimere il rispetto; davanti a questa parola non possiamo rimanere seduti, essa ci innalza verso l’alto».

4) STARE SEDUTI

«La liturgia – prosegue l’attuale Papa emerito – conosce il gesto di stare seduti durante le letture, durante la predica e nella meditazione della parola (canto dei salmi) ecc. Lo stare seduti deve servire al raccoglimento; il corpo deve rilassarsi così che l’ascolto e la comprensione siano compiutamente facilitati».




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5) LE MANI ALLARGATE

Il gesto delle mani allargate verso l’alto è quello più antico della cristianità ed è l’atteggiamento proprio dell’orante, che è presente in molte tradizioni religiose. «Esso è innanzi tutto espressione dell’assenza di violenza, un gesto di pace: l’uomo apre le sue mani e si apre così all’altro. È anche un gesto di ricerca e di speranza: l’uomo si allunga nell’invocazione del Dio nascosto, si distende incontro a lui…».

Per i cristiani, ricorda Ratzinger, «le braccia spalancate hanno però anche un significato cristologico: ci ricordano le braccia di Cristo distese sulla croce… Spalancando le braccia, preghiamo il crocifisso e facciamo nostri i suoi sentimenti».

6) IL GESTO DI INCHINARSI

Il gesto dell’inchinarsi è «il gesto del pubblicano, che sa di non poter sostenere lo sguardo del Signore e che, proprio per questo, si piega… Dal profondo della nostra insufficienza noi imploriamo Dio perché ci rialzi, ci renda capaci di guardarlo e ci renda tali che egli ci guardi. Il “supplices” – piegati profondamente – è quindi l’espressione corporea di ciò che la Bibbia chiama umiltà».

7) IL GESTO DI BATTERSI IL PETTO

Il gesto di battersi il petto viene anch’esso dalla parabola del fariseo e del pubblicano. «Con questo gesto noi additiamo noi stessi e non gli altri come peccatori». «Con il mea culpa (per mia colpa) ci ritiriamo in noi stessi, davanti alla nostra stessa porta, e possiamo a buon diritto chiedere perdono a Dio, ai santi e a con loro che si raccolgono intorno a noi, verso i quali ci siamo resi colpevoli».


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8) GLI ABITI LITURGICI

Gli abiti liturgici che il sacerdote indossa quando celebra la santa Eucaristia,ricorda l’allora cardinale Ratzinger, «devono innanzi tutto manifestare che egli non è qui come una persona privata, come questo o quello, ma al posto di un altro, di Cristo. La sua dimensione privata individuale deve sparire lasciando lo spazio a Cristo». «Gli abiti liturgici ci ricordano direttamente i testi in cui Paolo parla del rivestirci di Cristo».

9) I SEGNI DELLA GRAZIA

La liturgia cattolica celebra il Verbo che si è fatto carne, che è morto ed è risorto, dando inizio a una creazione nuova. «È quindi naturale – conclude Ratzinger – che abbondi dei segni del cosmo: il sacro fuoco della notte di Pasqua, le candele, i diversi strumenti liturgici, la campana, la tovaglia sopra l’altare ecc. Ma è soprattutto in alcuni sacramenti che le realtà materiali divengono segni efficaci della grazia. Essi sono il Battesimo, la Cresima, l’Eucaristia e l’Unzione degli infermi. Si tratta dell’acqua, dell’olio (di oliva), del pane (di frumento) e del vino. È attraverso questi segni concreti che Gesù giunge fino a noi, ci tocca con la sua grazia e ci unisce a lui».

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