Nel film un’amnesia imperdonabile: relegato al ruolo di comparsa, Dio fu il vero protagonista della storia di Marie Heurtin e della sua educatrice suor sainte-Marguerite.
Avevo sentito parlare del film su Marie Heurtin uscito in Francia nel 2014 e mi è subito sembrato un bel film, una storia che valeva la pena di conoscere. Per questo, proprio la scorsa settimana feci vedere a mia moglie il trailer proponendo di metterlo nella nostra wishlist per vederlo non appena ne avremmo avuto l’occasione (figli e figlia-in-arrivo permettendo). Proiettato nei cinema italiani a marzo di quest’anno, proprio qualche giorno fa il film è stato trasmesso da Rai due e dunque ho finalmente potuto vederlo. Non mi reputo in grado di esprimere un’opinione competente dal punto di vista cinematografico, sull’interpretazione degli attori, le scene, la fotografia o i costumi. La critica ha accolto il film molto favorevolmente, sembra che nel complesso sia ben riuscito e che i protagonisti abbiano lavorato splendidamente (in particolare Ariana Rivoire, attrice esordiente, sorda anche nella vita reale, che interpreta Marie). Ma verso la metà del film qualcosa mi ha colpito negativamente: il fatto che Dio fosse assolutamente assente dalla storia. Fatto sta che si tratta di una storia ambientata esclusivamente in un convento e che ha come protagoniste delle religiose. Sembra evidente che qualcosa non quadri…
LA STORIA
Ambientato in Francia alla fine dell’Ottocento, il film racconta storia di Marie Heurtin, una bambina di dieci anni sordomuta e cieca dalla nascita incapace di relazionarsi col mondo esterno, con un carattere difficilissimo e violento (sembra un «animaletto» dirà suor Marguerite). Fin dalla nascita Marie vive «nell’oscurità totale, nel silenzio assoluto». A dieci anni viene portata dal padre nel convento di Larnay delle suore Figlie della Saggezza che si occupano di ragazze sordomute. Marie colpisce subito l’attenzione di suor Sainte-Marguerite (1860-1910), una religiosa dalla salute precaria che si dedica instancabilmente all’educazione delle bambine sorde e mute. Nonostante il parere negativo della madre superiora, Marguerite comincia a prendersi cura di Marie guadagnandosi la sua fiducia. Fin dal primo momento le difficoltà sono enormi: la violenza di Marie, la sua completa incapacità di relazionarsi col mondo esterno, la mancanza di risultati immediati, le incomprensioni con la superiora, la salute precaria di Marguerite. Ma alla fine tutto si risolverà per il meglio: la religiosa riuscirà a comunicare con Marie e, a poco a poco, ad ammorbidirle il cuore e ad appacificare il suo spirito; grazie alla pazienza e alla dedizione di suor Marguerite, Marie riuscirà a vivere dignitosamente e a comunicare con chi le sta attorno. L’esperienza di Marie aprirà la strada ad altre sordomute cieche che approderanno al convento di Larnay per ritrovare una speranza nel buio delle loro esistenze.
NON C’E’ DIO PER I SORDOMUTI (NE PER LE SUORE)
In realtà non si può definire Marie Heurtin un film religioso o, di argomento religioso, solamente perché la protagonista della storia è una religiosa. Viene da pensare che il film francese abbia subito una ferrea censura! Tutta la pellicola si svolge in un convento, oltre alle suore e alle allieve, sono solamente tre i personaggi che compaiono nel film e che vivono fuori dalla struttura della comunità religiosa: i genitori di Marie e il medico di suor Sainte-Marguerite. Nonostante questo, inspiegabilmente, in nessun momento le suore pregano, né assieme né in privato, non una liturgia, non una processione o un rintocco di campane. È vero che i pasti vengono consumati in silenzio nell’ascolto di letture spirituali, ma di Dio si parla esplicitamente una volta sola in tutto il film, solamente in un dialogo viene nominato: «Devo morire anche io» dice suor Margaret a Marie che ribatte a segni «E chi lo ha deciso?». «Lo ha deciso Dio». Eccolo finalmente spuntare come una comparsa, fa la parte di chi decide, sentenzia, la morte. Viene da chiedersi se è stato lo stesso Dio a decidere che Marie nascesse sordomuta.
Per quanto chi scrive possa ignorare lo stile di vita delle Filles de la Sagesse, sappiamo bene che liturgie, preghiere, devozioni, giaculatorie assieme a digiuni e penitenza, furono il pane quotidiano nei conventi dell’Ottocento. Chi vede il film potrebbe pensare a delle suore senza Dio, a delle operatrici sociali prive di fede e incapaci dunque di trasmetterla alle ragazze seguite. O forse qualcuno ha pensato che i sordi sono incapaci di ascoltare la voce di Dio? Che i muti non possono pronunciare preghiere a Dio? Osi è creduto che i ciechi fossero incapaci di vedere Dio e il suo amore per loro? Guardando il film queste son domande che rimangono senza risposta, si tratta della domanda esistenziale elevata all’ennesima potenza: «Se Dio esiste, dove si è nascosto, visto non si trova neanche nel convento?».
«Donde nasce la virtù del saper donare?» si domandava Romano Guardini. «Donde provengono il rispetto, l’amicizia, l’amore, la buona parola, l’azione soccorritrice?». Noi sappiamo che la fonde dell’amore umano, della carità cristiana non può trovarsi altrove che nello spirito di Cristo, che morì per noi «lasciandoci un esempio, perché ne seguiemo le orme» (1 Pt 2,21).
DIO NASCOSTO MA PRESENTE
E’ noto che Dio, il nostro Dio, non ha manie di protagonismo, ciò è stato palesato dal suo agire, in modo particolare dalla sua incarnazione, dalla sua morte in croce, ricoperto di sputi e di insulti. Dio avrà sicuramente preferito non apparire nel film, tenendosi quel ruolo di comparsa (come colui che decide chi deve morire) e lasciando ad altri il ruolo di protagonisti assoluti. Resta in primo piano suor Marguerite, una donna interiormente forte, caparbia, capace di superarsi, con un ottima dose di quella virtù oggi tanto di moda, la resilienza. Avremmo di certo preferito una Marguerite più realistica e meno idealizzata, un ritratto meno utopico e irraggiungibile. Magari una suora debole e incostante, che però traeva la sua forza dalla preghiera e dall’adorazione eucaristica e che donava la sua vita per amore a Dio e agli uomini; che confidava in un Dio buono e previdente (non in un boia che decide la morte); una religiosa che insegnava ad amare Dio e a confidare in lui, e non – non solo – a credere in se stessi e andare avanti, che trasmetteva a Marie la fede e la fiducia in Lui assieme a quella cultura cattolica che era l’anima della società francese ed europea a cavallo tra il IXX e il XX secolo.
Marie Heurtin era “Un’anima in prigione”, così il titolo del libro scritto nel 1900 da Louis Arnould, ristampato nel 2015 in Francia dalle edizioni Salvator. Ma dobbiamo ammettere che anche le nostre anime restano prigioniere se dal nostro orizzonte viene escluso Dio, il Padre Nostro che provvede per le nostre vite, e il cibo e il senso. È impossibile credere – come vuol farci credere questo film – che l’opera di suor Marguerite trova la sua fonte e sorgente solo nelle sue qualità umane. Crediamo piuttosto che qualcosa ci è stato volutamente nascosto e ci piacerebbe che qualcuno ci raccontasse nuovamente la vraie histoire de Marie Heurtin.
LA VERA STORIA CHE IL FILM NON RACCONTA
Il libro di Arnoud rappresenta una testimonianza eccellente di quella che fu la vera storia di Maria Herutin. Si scopre che Dio fu tutt’altro che assente, si scopre che sia suor Sainte-Marguerite che Marie avevano una profonda spiritualità e che una vita di preghiera sosteneva le loro battaglie quotidiane. Il 19 marzo del 1904 la vera Marie Heurtin scriveva a sua madre:
Si avvicina la festa di san Giuseppe il vostro grande e glorioso patrono: raddoppierò le mie preghiere per voi, affinché vi ottenga tutte le grazie necessarie, soprattutto per la santificazione della Pasqua: spero che il mio caro papà non manchi di celebrare la Pasqua assieme a voi. Che prolunghi la vostra vita e vi conservi in buona salute. Io sto bene, grazie a Dio.
Agosto 1902 così Marie scrive:
Diario delle mie vacanze. Che gioia quando la buona Madre Saint-Hilaire mi ha annunchiato che la mia cara tutrice suor Marguerite mi porterà a Vertou a trovare i miei genitori! Il 6 agosto mi ha svegliata alle 5 del mattino. Dopo aver fatto il segno della croce e offerto il mio cuore al buon Dio, mi sono vestita velocemente pensando alla mia felicità nel vedere presto i miei genitori. Una volta vestita ho recitato le lodi e pregato il buon Dio di proteggere il nostro viaggio. Dopo aver pregato ho preso un caffè e mangiato pane e burro…
Sugli straordinari progressi di Marie, scrive suor Sainte-Marguerite (1903):
L’educazione religiosa di Marie progredisce senza sosta, e tale è la sua vita interiore che viene ammessa a ricevere di frequente i sacramenti. Continua a studiare il catechismo e si applica con un ardore vivace per l’istruzione religiosa. La Storia Ecclesiastica la rende felice. Apprezza particolarmente la lettura e lo studio del martirio di san Ignazio, di san Policarpo, di sant Sinforiano (e il coraggio di sua madre), di san Lorenzo, di san Cipriano e del giovane Cirillo. Non condivide affatto i sentimenti di Ario e detesta cordialmente Giuliano l’Apostata…
Si potrebbe continuare con gli esempi, ma bastino queste poche citazioni prese dal libro di Arnoud per rendere giustizia alla giovane Marie Heurtin e alla sua amica, maestra ed educatrice suor Saint-Marguerite due donne che trassero da Dio la forza per passare “dal buio alla luce”.