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La felicità è un po’ una scelta

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Pixabay

Piovono Miracoli 2.0 - pubblicato il 12/10/17

Abbiamo tutti fatiche, prove, piccoli o grandi dolori. Ma sono davvero questi gli ostacoli alla nostra letizia?

di Anna Mazzitelli

Il titolo di questo post è letteralmente rubato: qualche giorno fa ho preso un caffè con mia mamma e una nostra amica di vecchia data, la quale ci ha parlato a lungo delle sue quotidianità più o meno difficili (e chi può sostenere di non avere quotidianità difficili?) e del fatto che giornalmente lei decide di andare avanti come ha sempre fatto, nonostante spesso il suo istinto la porterebbe a mandare tutto a quel paese.

Non credo serva aggiungere dettagli: tutti noi siamo impantanati, chi più, chi meno, in una realtà che ci tira verso il basso, e io, che ho trent’anni meno di lei, mi sono immedesimata perfettamente nelle sue parole. Cambiano le circostanze ma non la sostanza.

A un certo punto lei ha pronunciato quella meravigliosa frase: “La felicità è anche un po’ una scelta”.

Che schiaffo per il mondo, che predica la libertà associandola al non avere vincoli, doveri e fastidi, che spinge a rompere i legami se si fanno difficoltosi, a rifiutare i problemi, a demonizzare le malattie, a ricercare sempre la perfezione, delineandone anche i criteri!

E la conversazione in questo bar, davanti a un meraviglioso mocaccino che sembrava un’opera d’arte, si sposa con l’audio che mi ha mandato Chiara qualche giorno fa (sì, finalmente sono riuscita ad ascoltarlo!) registrato alla giornata di inizio anno degli adulti e gli studenti universitari di CL, ad Assago (Mi).

A chi di noi non piacerebbe essere sorpreso da qualcosa che fa cantare tutto?

Cosa fa cantare, anche dentro una vita che osservata dal di fuori sembra in perdita, sembra una sconfitta?

Cosa rende la quotidianità all’altezza dei nostri desideri, trasforma anche le difficoltà più grandi, trasfigura il dolore e la fatica?

Cosa ci strappa dall’essere solo dei bravi esecutori di riti e attività, tutte preziose ed essenziali, non dico di no, ma spesso vuote?

Cosa mi ridarà l’entusiasmo per portare avanti un anno di catechismo che avevo deciso di non fare, e che per adesso ho iniziato più per dovere che per vera convinzione? Cosa mi farà affrontare un anno di accompagnamenti a scuola, asciugature di capelli in piscina, compiti il sabato mattina, panni da stendere, nasi da soffiare, riunioni a scuola, riunioni in parrocchia, corsi di formazione…




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Don Carròn propone il test della letizia: faccio tutto quello che deve essere fatto, anche più del necessario, a volte. Ma tutto questo mi dà letizia? Perché senza quella, tutto diventa faticoso, pesante, insopportabile. E la fatica che provo e la mancanza di letizia sono il sintomo del bisogno che ho di Dio.

Ebbene, amica mia, sono d’accordo con te. La felicità è un po’ una scelta. E io ho scelto di essere attaccata a Dio, di far fare a Lui, di farmi da parte per lasciare a Lui lo spazio necessario per fare quello che desidera.

E, sì, sono lieta.

Allora, però, si deve vedere. Perché non voglio che i miei figli, tra vent’anni, ricordino di aver avuto una mamma sempre cupa, sempre arrabbiata.

Ho deciso di sorridere di più. E mica è facile, all’inizio. Questi sorrisi sembrano così forzati e finti…

Eppure è successa una cosa: i miei figli mi guardano strano. Non se lo aspettano.

E questo è terribile, ma meno male che ci sono arrivata…

E poi, martedì, mentre io e Francesco andavamo verso la parrocchia, per il benedetto primo incontro di catechismo, lui mi ha detto: “Che bello quando tu sei felice”!

E il lamento si trasforma in canto.




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