Un caso di cyberbullismo, quello che ha investito Katia Ghirardi, direttrice di filiale per Intesa San Paolo. Ma sono tante le persone che le manifestano solidarietà e comprensione. Anche Selvaggia Lucarelli
C’è stato un attimo. Un momento soltanto, mentre vagavo su Facebook, l’altro ieri, in cui ho visto un contenuto condiviso da un amico. Veniva da unapagina che ogni tanto mi aiuta a staccare e a ridere. Di solito però non mette alla berlina nessuno e le cose volgari o eccessive le leggo senza leggerle, passando con un’abile scroll al post successivo.
Guardando quel video ho forse riso, anzi sorriso, anzi forse solo scosso la testa. Non era proprio una di quelle cose da sganasciarsi. Anzi. La sequenza di “anzi” e la continua insistenza di questi giorni su quel video vi ha già fatto capire a cosa mi stia riferendo. Quello in cui Katia Ghirardi, direttrice della filiale di Intesa San Paolo di Castiglione delle Stiviere, patria di San Luigi Gonzaga, bella cittadina mantovana, famosa già prima di essere sede di industrie tessili o alimentari, realizza un video con i suoi colleghi per dire quanto sia bello lavorare lì.
Ho aggiunto un breve commento anche io. Non cattivo, ma sciatto. Così per poter dire “io c’ero”. Ma poco dopo ho potuto constatare quante visualizzazioni (milioni) e quanti commenti e condivisioni e puntate radiofoniche ha meritato questo video. Per questo sento la responsabilità di dire una cosa anche io, chiara e forte. Che volete, che vogliamo tutti da Katia?
Io la conosco di persona. Ci siamo incontrate tante volte sui gradini della scuola, in palestra alla recita di fine anno, in Chiesa. Katia è sempre sorridente. Una di quelle che ti saluta con un tono di voce intelligibile e cerca il contatto visivo. Ti chiede come va e le interessa.
Non è una apologia, questa, piuttosto una semplice protesta. Anzi temo una infuocata invettiva. Katia non è vostra!
Mi sento quasi derubata anche io! Mentre Katia non è nemmeno mia. E non andrebbe difesa perché è speciale!
È uno dei volti che avevo così tanto piacere di incrociare nell’aiola (rigata) che ci fa tanto feroci (parcheggio della scuola). Una di quelle che sicuramente avrebbe risposto o anticipato il mio saluto e così mi avrebbe dissuaso dal pubblicare post piccati su quanto poco le persone tendano a salutare oggidì e “dove andremo a finire”… Che raccontava di sé senza diventare un’alluvione di parole e, pensate, in caso ne avessi avuto bisogno, mi avrebbe ascoltata. Sul serio. Cioè prima, molto prima di partecipare, che so, a sessioni di team building e comunicazione efficace. E ascolto empatico.
Lo è già, empatica. Senza corsi. Talento naturale? Sì, credo.
Ci sono tante persone così; sembrano casi rari invece sono solo messi all’angolo del palcoscenico contemporaneo, sempre col sipario aperto, perché ora va molto il tipo assertivo e deciso, quello magnetico, quello che sa farsi valere. Si vede anche nel marketing: l’auto cattiva, la belva che c’è in te, l’istinto da liberare, la tentazione a cui cedere, il tuo enorme ego da coccolare, premiare, valorizzare.
Quindi, cari i miei più o meno improvvisati guru del marketing sofisticato e customizzato, intanto calmatevi. Usate toni, immagini, metafore che avete rubato proprio a noi cattolici che credete macchiette, alle catechiste e ai parrocchiani che sfottete. E risultate patetici come uno che fosse stato ibernato nel ‘68 e si svegliasse ora per dire “da adesso in poi capelli lunghi per gli uomini e minigonne per le ragazze!”. La solita trasgressione da parco giochi. Come impennare con la minimoto. A batterie. O scappare di casa, per non superare nemmeno la siepe in fondo al giardino.
Katia si propone(va) su Facebook in modo autentico e sereno, per quel che ricordo. (Ora che tutti sanno il suo nome, il cognome, la faccia, ha tolto la foto profilo! Perché deve esservi costretta?!)
Hanno raccontato, ridacchiando e insultandola, chepostava contenuti e immagini da Radio Maria. Ma ce ne fossero! Viva Radio Maria! Giù le zampe pure da Radio Maria, unica radio “Punk” e libera, come dice il co-leader dei Mienmiuaif.
Coraggiosi invece i selfie in bagno che molti di noi quarantenni collezioniamo o i finti ritratti mentre guardiamo il mare e invece siamo lì col braccio teso.
In ogni caso guardate qua: Katia ha obbedito al compito che l’azienda le aveva assegnato.