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Vediamo insieme i dogmi principali della Chiesa cattolica

PIUS XII

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Giovanni Marcotullio - Aleteia Italia - pubblicato il 05/10/17 - aggiornato il 12/12/22

L'unità e la pluralità della dottrina cattolica è un frattale che non cessa mai di incantare gli studiosi del dogma e la contemplazione di tutti i fedeli. Passiamo in rassegna tramite alcune immagini le tappe principali di approfondimento dell'autocoscienza ecclesiale.

Quanti e quali sono i dogmi della Chiesa? Una domanda che sembra lecita, da parte (per esempio) di un simpatizzante che si interessi al cristianesimo e che intenda informarsi sulle sue dottrine. La questione è più che lecita, ma non per questo la risposta può arrivare in due parole.

Anzitutto perché “dogma” è parola che viene usata anche al singolare, come insieme di tutte le dottrine cristiane – anzi in tal senso il neutro greco “dogma” è l’esatto corrispettivo del femminile latino “doctrina”, e viene usato con le analoghe varianti semantiche (quindi “il dogma” significa in generale “l’insieme di tutti i dogmi” oppure in particolare uno specifico dogma). In secondo e derivato luogo, quindi, non esiste un vero e proprio “elenco dei dogmi della Chiesa cattolica”, visto che ogni dottrina risulta organicamente collegata a tutte le altre. Ecco, “organicamente”: questa è una buona analogia. Dire quanti dogmi esistono nella Chiesa è difficile quanto rispondere alla domanda su quanti organi esistano nel corpo umano: anche l’occhio è composto di molte parti, a ben vedere, e si connette con il teschio nel punto che si chiama “orbita”, e se si contasse nel dettaglio ogni singolo muscolo che coopera al suo movimento saremmo già lontanissimi da quell’e-semplificativo “l’occhio è un organo del corpo”. Lo stesso si può dire di tutti gli altri organi e di ciascuno di essi. Analogamente per i dogmi, che si connettono a vicenda in quello che i teologi chiamano nexus mysteriorum (connessione dei misteri): una teologia salubre è quella che rende ragione di tale armonia senza forzature ed esaltando l’unitarietà della dottrina. Si capisce dunque che presentare un “elenco dei dogmi” comporterà – oltre al limite strutturale che abbiamo detto – anche quello di lasciare un po’ da parte lo sguardo d’insieme: si tratta tuttavia di qualcosa cui si ovvia con una migliore disposizione d’animo – un po’ come se a una conferenza di filosofia estetica o a una sfilata d’alta moda si presentasse un anatomopatologo a sciorinare il grigio elenco di tutti gli ossicini sparsi nel corpo che presiedono a importanti funzioni di cui beneficiamo senza rivolgervi mai l’attenzione. La possibilità, in tal caso, è data da un’ottica diacronica che mostri non tanto un “elenco dei dogmi”, quanto gli spunti delle tappe dell’evoluzione del dogma – il quale muta, come abbiamo già ricordato, non nella sua sostanza ma nella forma; mai alterandosi ma sempre approfondendosi.

Definizione di “definizione”

Una penultima informazione previa alla carrellata che proponiamo oggi, necessaria per comprenderne lo spirito, è una disambiguazione terminologica sulla natura propria del dogma. Il predicato passivo fondamentale, del dogma, quello che sta al centro tra l’essere creduto e l’essere annunciato, è l’essere definito. Ora, su questo le lingue romanze ci giocano un tiro ambiguo, perché quando in italiano (o in altre lingue contemporanee) usiamo espressioni come “la cosa è stata definita” intendiamo generalmente che “tutto è stato fissato e niente può essere cambiato”. In realtà, definitio è la traduzione latina del greco ὁρισμός [horismós], e i due sostantivi vengono rispettivamente da definio e da ὁρίζω [horízo]: tanto in latino quanto in greco queste parole sono composti e derivati della parola “limite”, o anche “confine”. La “definizione dogmatica”, dunque, viene correttamente intesa come lo stabilimento di un confine oltre il quale non è lecito andare – pena il perdere la comunione con la comunità universale dei credenti (ciò che si dice “scomunica della/dalla Chiesa cattolica”) – ma entro il quale resta uno spazio più o meno ampio di movimento per l’analisi e le ipotesi teologiche.

L’orizzonte che consideriamo

Anche premesso tutto questo resta un ampio margine di arbitrio, nello stabilire quali dogmi passare in rassegna: il primo concilio di cui abbiamo gli atti conservati è quello di Elvira, in Spagna, all’inizio del IV secolo, ma si tratta di un concilio locale e prevalentemente disciplinare (sanciva l’obbligo del celibato per il clero [sic!]); quindi qualcuno (secondo me a torto) non lo considera dottrinale. Stesso discorso alcuni farebbero per il Vaticano II e per altre assisi sinodali (sempre sbagliando, a mio avviso: non esiste disciplina o pastorale che non indichi o non implichi una dottrina). In mezzo abbiamo il dramma di una Chiesa divisa, per la quale è tuttora impossibile accordarsi unanimemente su un elenco: è vero, il World Council of Churches ha stabilito che per i cristiani sono normativi i primi sette concili ecumenici… ma se un’istituzione come il WCC fosse realmente vincolante per la coscienza di tutti i cristiani sarebbe cosa più ampia della stessa Chiesa cattolica. Alcuni, anche su queste pagine, si sono attenuti al semplice Concilio di Nicea (ovvero al primo concilio di Nicea…), ma in realtà anche loro hanno fatto riferimento esplicito al simbolo niceno-costantinopolitano, che si stabilì solo nel 381. Insomma, per questa rassegna cercheremo di attenerci e di limitarci fondamentalmente ai primi sette concili ecumenici, che la Chiesa cattolica condivide in toto almeno con le chiese ortodosse. Faremo poi qualche accenno ai concili successivi, fermandoci sulla soglia del grande Concilio Vaticano II (che appunto non tutti accettano di qualificare come “ecumenico”).

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