Elisa Girotto, trevigiana, 40 anni, mamma di Alice, un anno e due mesi e moglie di Alessio, è deceduta per un cancro. Ma prima ha pensato ai regali per la sua bambina.
«Un regalo per ogni compleanno e per ogni Natale, scelto con cura per ogni età e per ogni momento. Giochi didattici per i primi anni, vestiti e trucchi per l’adolescenza e quel mappamondo di sughero, l’ultimo dono, per fermare con le puntine luoghi visitati e ricordi. “Così ti accompagnerò fino ai tuoi 18 anni”. »
Questa la chiusa di uno dei diversi articoli comparsi in questi giorni sul web in merito alla vicenda dolorosa e commovente della donna che, sapendo di essere prossima alla morte, ha comprato i regali per i prossimi 18 anni della figlia appena nata.
Chi ha partorito sa, si ricorda quanto sia sconvolgente ed esaltante. È un appuntamento con la vita che mai avremmo pensato di poter vivere così. Nemmeno le più predisposte e concentrate, neanche le più in sintonia con la propria vocazione materna, mi sento di dire.
Non dico che sia tutto uno svolazzare di tulle, un rincorrersi di sorrisi e gesti ovattati. No. È proprio la potenza della vita che fa male quando arriva e ti fa scoprire e tenere in braccio la bellezza vera, quasi tragica, anzi no avventurosa! E ti toglie fiato più di qualsiasi montagna russa. È il panico addolcito da quel faccino! L’amore imperioso per quell’essere nuovo; per quella piccola persona impensata ed ora irrinunciabile.
Madre-figlio-padre.
E intorno, come in uno strano e un po’ più asettico presepe, ostetriche, medici, infermiere. E come pastori diurni i parenti, le amiche, gli amici, qualche collega. E qualche Re Magio che arriva da lontano per l’occasione e lascia davvero dei doni. Davvero dell’oro, a volte!
Ecco, se torno con la mente (ma poi non basta la mente ché lei si trascina dietro tutto il corpo, il naso, il gusto, le luci, il cuore che batte veloce) a quei momenti mi sento sopraffatta.
E allora, nell’esercizio del mettermi nei panni di Elisa, Elisa Girotto, la donna di 40 anni, della provincia di Treviso, che aveva appena partorito e poco dopo ha preso in braccio la sua neonata e la sua inappellabile sentenza di morte, mi riesce difficile non sentire una vertigine. Un senso di mancamento; come mi fossi affacciata da una balaustra posta in alto, su una torre.
Elisa ed Alessio era appena diventati genitori. Ma subito hanno dovuto diventare moribondi. Elisa nella sua carne, colpita da un cancro al seno raro e imprendibile. Un maledetto impazzimento di cellule che la nostra grande medicina purtroppo non ha potuto braccare e mettere in un sacco per gettarlo via.
Alessio avrà iniziato a morire nel cuore. Avrà pensato, cercando di non morire, alla sua prossima incombente solitudine trafitta dalla meraviglia di avere con sé la figlia, piccina. La figlia di una madre già in fuga, suo malgrado, verso l’oltre.
Volevano sposarsi a settembre, ma non c’era tempo. Lo hanno fatto in agosto. Volevano fare chissà quante cose insieme, loro tre. E lei e la sua bambina da sole. Ma non hanno avuto tempo. Elisa sarebbe morta, è morta, quando sua figlia aveva compiuto da poco il suo primo anno.
E allora Dio benedica Amazon, Ebay ed ogni forma di efficiente e-commerce. Perché così Elisa, schiacciata dai dolori e dalle cure, un poco sollevata ma forse anche offuscata da terapie offertele pietosamente per farla soffrire il meno possibile, ecco in quello stato e con la chiara conoscenza di un tempo in corsa precipitosa verso la sua fine, ha potuto scegliere, comprare e far arrivare alla casa che non la vedrà girare sbuffando con pile di vestiti da riporre, con pannolini da buttare e scarpe lasciate nel corridoio a farla inciampare, decine di regali.
Sì, decine. Perché ha pensato alle ricorrenze più importanti che sua figlia si troverà a festeggiare senza di lei. Ovvero per diciotto anni ogni anno un regalo a Natale e uno al compleanno.
Povera Elisa, che ha dovuto schematizzare così. Ha dovuto rinunciare ai regali senza ricorrenza, ai regali sciocchini presi per sfinimento. Alla busta con un pupazzetto comprata in edicola per tenere buona la sua bambina capricciosa.
Al regalo fatto perché pensava sarebbe stata molto vezzosa e invece detesta le gonne (come è capitato alla mia mamma, che è pure sarta ma alla quale da piccola non davo nessuna soddisfazione!) e “allora va bene ti prendo la felpa oversize col cappuccio!” O al regalo costosissimo al quale si cede, a volte, perché la pubblicità è una macchina da guerra e se convince i tuoi figli poi loro non ti daranno tregua.
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Però ha potuto pensare e scegliere, sebbene nella fretta e nella nebbia del dolore e della stanchezza. Ha potuto dare messaggi studiati e mirati alla sua bambina. Ha potuto forse lasciarle una traccia del modello di donna che aveva in mente. Dei valori che avrebbe voluto fare gocciolare ogni giorno sulla sua piantina verde e tenera e non ha potuto.
Ha potuto forse anche distrarre se stessa dallo sguardo di pietra della morte. Avrà potuto dire a se stessa “sono io la sua mamma! Anche se fra poco me ne andrò sotto terra”.
Mi ha lasciato un po’ di tristezza, questa vicenda drammatica e dolce insieme.
Perché Elisa dice, almeno da quanto riporta il virgolettato, “così potrò accompagnarti fino ai 18 anni”. Solo…?
Forse ha creduto di doversi accontentare. O forse parlava solo dell’aspetto visibile e terreno.
Perché ora, ora che le auguriamo di avere già incontrato e di stare godendo della gioia piena che è stata preparata per ognuno di noi e che forse col dolore e l’accettazione si è già meritata, ora, dico, saprà che invece può accompagnarla fino alla fine. Può esserle madre, misteriosa ma forte, ogni giorno, ogni minuto. Che non avrà arretrati di sonno da smaltire ad impedirle di vegliare su di lei. Ora, glielo auguro con tutto il mio acciaccato cuore, spero che sia costretta da una mirabile, festante evidenza a ricredersi. Ora, sì. Estirpato ogni tumore, aggiustata ogni cellula. Riempito ogni desiderio. Anche questo, anche questo straziato desiderio di essere mamma presente e vicina per la sua bambina. Per sempre.