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Pope Francis touches his cross

Antoine Mekary | ALETEIA

September 13, 2017 : Pope Francis touches his cross during the weekly general audience in Saint Peter's square at the Vatican. Photo by Antoine Mekary | ALETEIA

don Fabio Bartoli - La Fontana del Villaggio - pubblicato il 27/09/17

Amo la Chiesa, tutta intera.

Amo la Chiesa nella sua varietà ed infinita poliedricità, amo la Chiesa in ogni sua forma e manifestazione, perfino quando è peccatrice, forse anzi di più, se è vero che davvero ami la tua sposa solo e soltanto quando sei capace di amarne anche limiti e difetti.

Nessuna società umana può tenere insieme nel suo seno posizioni così diverse, nessuna associazione umana potrebbe sopportare senza disgregarsi spinte centrifughe tanto forti, e forse proprio questo è il massimo motivo di dispetto e disdoro per i suoi oppositori che sempre vorrebbero dividerla.

Amo i cardinali dei dubia ed ancor di più amo il Papa, amo Carlo Caffarra (che fu mio professore) e amo Bruno Forte (che è stato tanto gentile da scrivere la prefazione di un mio libro), amo Giovanni Marcotullio(che è un amico fraterno) ed amo Mauro Leonardi (che è il mio confessore), amo i canti gregoriani e quelli carismatici, le liturgie neocatecumenali e quelle in latino, frequento volentieri Gesuiti e Francescani, Cistercensi e Salesiani.

La Caritas è mia e mio è il Centro Aletti, una parte di me è con le Missionarie della Carità ed una parte con i Legionari di Cristo. Chiamo fratelli l’Opus Dei e i Focolarini, CL e la Comunità di S. Egidio, RnS e Comunità Maria e prego con tutti loro. Sono di casa a Taizè e a Loreto, a Chiaravalle e a Romena, a Bose e alle Tre Fontane.

Perché? Perché in tutti questi volti della Chiesa non fatico a riconoscere la passione per l’unico e medesimo Cristo, la stessa passione che anima anche me e finché vedrò in lui questa passione non avrò alcun problema ad abbracciare e chiamare fratello chiunque.

Una cosa non amo: La pretesa di assolutizzare il proprio punto di vista (tradizionale o progressista non fa differenza) fino a pretendere di imporlo a tutta la Chiesa. Non amo la presunzione che porta a non riconoscere il Cristo presente nell’altro, a non dare credito alla sua ricerca di verità, a non riconoscere la sua passione e la sua fede nell’Unitrino Signore.

Questa è l’anima di tutte le eresie, di quelle piacione che cercano di affascinare il mondo e finiscono con il sottomettersi a lui (e che gratta gratta finiscono sempre con l’inclinare verso Ario e Pelagio) e di quelle elitarie e sdegnose, che vorrebbero buttare via il mondo (che Dio ha tanto amato) come irrimediabilmente corrotto e perverso (che alla fin fine si riducono sempre al rifiuto della carne e conseguentemente della realtà… in una parola alla gnosi… Catari, Donatisti etc. etc.)

L’anima dell’eresia cioè non è l’errore, perché la Chiesa nella sua cattolicità ha tutto ciò che le occorre per assorbirlo e correggerlo, dopo averne estratto il buono, l’anima dell’eresia è proprio il rifiuto della cattolicità, cioè la pretesa di imporre l’unità con la forza, di non riconoscere che unità e diversità non sono contraddittorie.

Questo mondo folle vive di polarizzazioni, è quanto di più anticattolico (cioè antiuniversale) ci sia. Il Signore ci protegga dalla lusinga di imporre l’unità con la forza, perché l’unità della Chiesa è come quella della Trinità, nasce dall’amore non dalla legge e quindi non può essere imposta con la forza.

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