La chiamata per andare a Medjugorje è arrivata in Sardegna. Gabriella dichiara: “All’aeroporto la mia attenzione è stata attratta da un libro che parlava della Madonna di Medjugorje: era datato Torino, dicembre 2008, ovvero la città natale di Roberto, il mese e l’anno della sua morte. In Sardegna l’immobiliarista mi propose uno scambio casa e un giorno mi ha portato a vederne una sulla collina di Porto San Paolo. Sul muro della casa vi erano due cuori in pietra. Proprio i cuori sono stati i punti di riferimento per la strada della mia rinascita. Nel giardinetto antistante l’abitazione c’erano un crocifisso con Gesù Cristo, una Madonna, Regina della Salvezza, e a fianco una statuetta di Sant’Antonio, protettore degli orfani e delle vedove, come me, e sul lato una grande pietra con scritto “Villaggio Serena”. Avevo imparato nel tempo a leggere con la forza dell’amore per Roberto i segni. Il messaggio era chiaro: la casa per i nostri cuori sono Gesù e la Madonna. Il giardinetto era sorto perché in quella villa, tempo fa, ci fu un incendio, dove morirono due persone. Verso sera, infine, la casualità mi ha portato davanti a un evento su Medjugorje. Sentivo forte dentro di me il desiderio di andarci:partii il giorno di Pasqua 2011, che segnò la mia rinascita”. Poi rimarca: “Questi segni erano diventati per me veri fari di luce per la strada della mia salvezza. Erano l’unica cosa che mi faceva sentire viva e che mi impedivano il suicidio perché quando non c’è la fede non c’è antidoto per il dolore. Le decisioni drammatiche sembrano essere le più facili, invece si estende dolore sopra il dolore anche a chi ti vuole bene. Il suicidio è omicidio, non può gioire alla nostra anima quando incontreremo il Padre. Se avessi avuto Dio nel momento della disgrazia non avrei vissuto questo strazio, perché la nostra salvezza consiste nel ritornare a vivere con il Padre”.
A Medjugorje ha ritrovato la pace. Gabriella evidenzia: “Mentre stavo salendo sulla collina del Podbro vidi una sagoma nella terra a forma di cuore, sentii una voce dirmi “È per te”, l’ho estratto e pulito dalla terra, era perfetto e sul retro aveva l’immagine di un agnello che scoprii qualche tempo dopo essere uguale a quello sotto la cupola della Chiesa di Rogno. Lo strinsi a me e piansi tra gioia e dolore, quel dolore che mi stava uccidendo lentamente. A un certo punto mi sentii leggera, impotente a ogni gesto e mi addormentai con la testa fra le mie ginocchia. Quando mi svegliai sentivo dentro il mio cuore una pace che non provavo da tempo. Cominciai a pregare le Ave Marie con quella corona che avevo preso solo perché ce l’avevano tutti. Non conoscevo il Rosario, ero lontana da Dio da oltre 30 anni, ora quel Dio che avevo rinnegato era la mia salvezza. Non volevo più scendere da quel colle. La sera, poi, dalla camera del mio albergo, vidi una nuvola a forma di cuore, lentamente formava un viso che ho pubblicato nel mio libro “Tu sei qui!!!”. Credevo di essere impazzita, invece, era tutto vero: lo vedevano anche gli altri. Forse era il Padre. La mia vita cambiò. Al ritorno di questo viaggio a casa mi resi conto che di quel dolore non c’era più traccia. Vidi la mia casa luminosa e alla tomba di Roberto non piangevo più. Sentii dentro di me il miracolo perché era impossibile che un dolore così grande fosse scomparso in un attimo. Un attimo che ha cambiato tutta la mia vita. Avevo sentito Dio così forte nel mio cuore: ora lo volevo conoscere. Ritornai varie volte a Medjugorje per ringraziare del dono che ho ricevuto venendo a conoscenza del progetto che Dio ha posto per aiutare i suoi figli a uscire dal tunnel della disperazione in cui si entra nei momenti di dolore. Quando l’umanità è in pericolo Dio manda la Madonna sulla Terra ad aiutarci. Nei suoi Messaggi vedevo la mia vita passata e ora la direttiva per quella nuova. La mia croce si era trasformata nella mia salvezza: Roberto ce l’ha fatta e, con i suoi segni, ha salvato anche la mia anima”.
Poi prosegue: “Con i segni di Roberto sono stata guidata a riconoscere la necessità di un gesto d’amore per nostro figlio mai nato, dandogli un nome e una benedizione”.