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Se perdono sempre, non mi prenderanno per sciocco?

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 26/09/17

Il frutto più grande del perdono è la liberazione. Quando perdono, il cuore si apre e diventa più capace di amare

Anche se vorrei perdonare, spesso mi sembra impossibile farlo. Sono molto delicato, e quando vengo ferito mi proteggo per non espormi a una seconda delusione.

A volte il dolore che ho ricevuto dall’altro è così grande che mi vedo semplicemente incapace di perdonare. E per questo decido ciò che è perdonabile e ciò che non lo è.

Altre volte non sono capace di perdonare chi mi ha tradito quando ho confidato in lui. Resto deluso perché doveva proteggermi e non lo ha fatto. Mi aspettavo di più e non me lo ha dato. È il mio dolore che misura l’offesa.




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Tendo ad allontanarmi dalle persone che mi hanno ferito. Non voglio soffrire di nuovo. Ma non posso allontanarmi da chi vive con me, a casa, al lavoro. E ci sono ferite e offese che si ripetono continuamente. Ferite nel matrimonio, o nel lavoro, con un figlio, con i genitori, continue. Non posso fuggire.

L’unica via è il perdono. Solo il perdono guarisce il cuore e lo riempie. Credo che il frutto più grande del perdono sia la liberazione. Quando perdono, il cuore si apre e diventa più capace di amare. Si sblocca.

Quante volte devo perdonare? Gesù mi chiede di imparare la sua via di perdono. Un perdono che si dà sempre, mille volte. Un perdono che non è seguito da un “Te lo avevo detto”, né da un “Non farlo più”. Un perdono che vuole essere accompagnato dalla grazia dell’oblio. Per poter ricominciare.

Così ha perdonato Gesù passando tra gli uomini. Non esigeva il cambiamento per perdonare. Li perdonava senza la sicurezza che avrebbero risposto modificando la propria condotta. Agiva come profeta della misericordia di Dio. Era amico dei peccatori prima di vederli convertiti. Dio è così. Non si aspetta che i suoi figli e le sue figlie cambino. Il suo agire terapeutico non segue le vie della legge [1].

Il padre del figliol prodigo lo abbraccia e organizza una festa. Vorrei essere così con chi mi offende, ma spesso non ci riesco. So solo che in Dio è tutto gratuità.

Ma in me i limiti sono molto evidenti. Non voglio perdonare sempre. Perché so molto bene che perdonare settanta volte sette significa perdonare chi mi offende per la stessa cosa che mi ha già fatto, un numero infinito di volte. E questo mi sembra impossibile.

Che ideale elevato e difficile! Perdonare la stessa persona per lo stesso dolore che ricevo continuamente. Dio non fa forse così con me? Sì. Ma io no. Guardo la mia vita e penso che se perdono sempre alla fine mi prenderanno per sciocco. Finiranno per umiliarmi. Si approfitteranno di me.

Se perdono sempre non mi esporrò a che gli altri abusino di me? Se accetto sempre le scuse non starò mostrando debolezza? Vedranno in me una persona che si può offendere in continuazione senza conseguenze negative, che accetta tutto.

Non so. Questa umiliazione mi costa. Il mio orgoglio mi dice che il perdono ha un limite, oltre il quale corro il rischio di essere disprezzato. Il desiderio di vendetta sorge dentro di me. L’orgoglio si mantiene saldo. Il disprezzo è la mia risposta all’offesa ricevuta.

Come posso essere disposto a porgere l’altra guancia quando vengo colpito? Impossibile. Il mio cuore si ribella. Non voglio perdonare sempre chi mi fa male. Non voglio che pensi che il suo male resterà impunito. Non mi sembra giusto. Dov’è la giustizia di Dio?

Ma oggi ripeto nel salmo “Il Signore è buono e misericordioso, lento all’ira e grande nell’amore”. È questo il Dio che mi guarda. È questo Gesù che dalla croce perdona l’imperdonabile.

Mi sembra impossibile perdonare sempre. Padre Pio diceva che chiedere perdono è da uomini intelligenti, ma perdonare è da anime umili. Solo chi perdona sa amare. Solo se perdono so amare.

Il perdono è una grazia, un dono che posso offrire, un miracolo che chiedo sempre con umiltà. È qualcosa che si verifica nella mia anima e che fa sì che il rancore scompaia. Non mi sembra molto facile. Quando vivo il perdono riesco a non provare lo stesso ricordando l’offesa. È come se la rabbia si dissipasse lentamente. È un piccolo miracolo.

[1] José Antonio Pagola, Jesús, aproximación histórica

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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