La fede in Dio al centro di una riflessione tra credenti e non credenti, nel nuovo libro di padre Francesco Cosentino
Che cosa è la Fede? Perché si crede sempre di meno? Sono queste alcune delle domande da cui parte la riflessione del sacerdote Francesco Cosentino, docente di teologia fondamentale presso la Pontificia Università Gregoriana e Officiale della Congregazione per il Clero, nel suo ultimo libro “Incredulità” (edito da Cittadella) in cui tratta dal punto di vista biblico, storico esistenziale e pastorale i temi della fede e della dilagante disaffezione a Dio.
Aleteia ha rivolto alcune domande al teologo italiano.
Chi sono gli atei? È una questione di vita o di principio?
“Soprattutto oggi, l’ateismo, così come la fede, non sono tanto una questione di idee e di argomentazioni intellettuali: l’ateismo si misura nel campo dell’esistenza concreta, del sentire interiore, della visione delle cose; allo stesso modo, la fede non è un sistema chiuso di verità preconfezionate apprese le quali si viene dispensati dal dubbio e dalla lotta, ma una relazione che interpella la vita reale”.
Esiste una linea di confine tra la fede e l’incredulità?
“L’orizzonte di fondo, nel solco della visione e dello stile di Papa Francesco, è chiarito sin da subito: fede e incredulità si toccano vicendevolmente; tra esse non c’è soltanto un’opposizione, ma anche un confine sottile e una relazione che, al di là delle posizioni ufficialmente dichiarate, appare evidente sul piano dell’esistenza, laddove esistono molti atei pensanti e aperti alla ricerca e, di contro, molti credenti superficiali o fondamentalisti.
Fede e incredulità sono più vicine di quanto si pensa perché il credente sperimenta sempre il dubbio, la non fede e l’oscurità, allo stesso modo di come un ateo onesto non può eludere, almeno in certi momenti della vita, la domanda su Dio. Dunque, “c’è un incredulo dentro ogni credente”.
Si può considerare l’incredulità un modo di disinteressarsi al tema di Dio?
Se guardiamo l’attuale situazione storico-sociale, nella quale l’ateismo moderno e filosofico ha lentamente ceduto il passo all’ indifferenza religiosa, sembra esserci davvero una sorta di dimenticanza del problema di Dio, provocato più dalla secolarizzazione della coscienza e dagli stili di vita regolati dal principio del consumismo e della superficialità, che da idee vere e proprie.
Personalmente, penso che credenti e non credenti viaggino insieme nei chiaroscuri della vita e, se accettano l’onestà di restare aperti verso qualcosa che vada oltre la rigidità del proprio schema, essi camminano come pellegrini sulla strada della verità, tra dubbio e fede.
Il dubbio scuote il credente da una certezza religiosa troppo rassicurante e spesso superficiale; la fede ferisce la sicurezza talvolta presuntuosa dell’ateo con interrogativi e inquietudini.
In quale Dio non crede l’ateo?
“Spesso, l’ateismo è “un fenomeno religioso”, addirittura una sana contestazione anti-idolatrica di un Dio ostile, tirannico, “tappabuchi”, sostanzialmente anti-umano; è lo stesso Dio – insiste l’Autore – che anche i cristiani rifiutano (o devono rifiutare) per aprirsi con stupore al vero volto divino a cui ci conduce Gesù”.
Qual è la proposta che fa il suo libro?
“Occorre aprire strade di dialogo, creare occasioni di confronto e, nell’evangelizzazione, purificare l’immagine di Dio mostrando la pienezza di umanità della fede cristiana. È tempo che i credenti vincano l’atteggiamento pauroso e difensivo e i non credenti quello pregiudiziale e talvolta polemico, imparando a camminare insieme, a cercare sempre oltre e, magari, a sperimentare ancora la domanda Dio come una domanda inquieta e necessaria”.