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Perché mi costa accettare un amore senza debiti?

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 15/09/17

Il vero amore non ritiene di avere diritti sugli altri

Credo che a volte soffro perché non ricevo quello che penso che mi debba il mondo. Credo di vedere un debito non pagato. Un miracolo richiesto che non ha avuto luogo nella mia vita. Un dono che non ho ricevuto. L’assenza di un bene mi sembra una perdita imperdonabile. Mi sembra ingiusto.

E soffro quando non ho quello che desidero, quando perdo ciò che avevo trovato, quando non ricevo quello che mi aspettavo. Mi rattrista soffrire senza un motivo reale. Perché mi devono qualcosa? E chi me lo deve? Perché credo che mi spettino cose alle quali forse non ho alcun diritto?

Sono nato senza diritti. Anche la vita che ho e che apprezzo è un dono immeritato. Resto sopraffatto quando mi fermo a pensare al cammino percorso. Non voglio credermi creditore nei confronti di niente e di nessuno. Voglio imparare a vivere senza diritti.

Forse credo che le persone mi debbano qualcosa quando non ricevo amore. Quando non mi danno quello che mi aspetto. Ma non mi devono niente. Nessuno mi deve nulla.

Se sono onesto devo riconoscere che la tristezza arriva nel mio cuore quando non ricevo ciò che mi aspettavo, o quando anche se sono generoso gli altri non lo sono con me. O non mi ringraziano per la mia dedizione gratuita. Non riesco a vivere senza aspettarmi nulla. Mi ripeto queste parole: senza aspettarmi nulla. Non voglio aspettarmi niente.

La generosità non è il criterio assoluto che regge le mie decisioni. Non sempre Dio mi chiede tutto ciò che ho. Non sempre vuole che mi doni come altri si aspettano da me.

Non sono sacerdote perché sono stato molto generoso quando ero giovane. Non lo sono perché tutte le mie decisioni sono generose. Non è così. C’è di più.

Non tutto quello che decido dev’essere caratterizzato dall’unico criterio della generosità. Ciò che conta è che sia quello che Dio vuole per me. Anche se facendolo sento di essere egoista. Non importa se è quello che vuole Dio.

Per decidere cosa sia importante non c’è solo la generosità. Ciò che vale di più è donare la vita nel modo che Egli desidera.

Mi piacciono le parole pronunciate da Papa Francesco a Fatima: “La vita può sopravvivere solo grazie alla generosità di un’altra vita. ‘Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto’ (Gv 12,24): lo ha detto e lo ha fatto il Signore, che sempre ci precede”.

“Quando passiamo attraverso una croce, Egli vi è già passato prima. Così non saliamo alla croce per trovare Gesù; ma è stato Lui che si è umiliato ed è sceso fino alla croce per trovare noi e, in noi, vincere le tenebre del male e riportarci verso la Luce”.

Gesù mi supera in generosità. Amo la generosità di Dio. È Lui, non io, che dà tutto. Scende da me. Mi mostra un cammino di generosità e devo scoprire come questo si concretizzi nella mia vita quotidiana.

Mi confesso sempre per il mio egoismo. Pecco di egoismo, ma non mi considero poco generoso. Non è una contraddizione.

C’è in me un anelito profondo a fare ciò che ha fatto Gesù. Voglio morire per dare la vita. Come ha fatto Lui. Senza aspettarmi niente in cambio. Gesù ha accettato di morire con la pace nell’anima. E lo ha fatto perché era quella la via che ha tessuto l’odio degli uomini al suo passaggio.

Gesù è venuto, si è abbassato, per darmi luce. Si è fatto carne per amare dalle sue viscere tutto ciò che c’è in me. E per lasciarmi vedere in quella dedizione ciò che devo fare.

Oggi ascolto: “Non dovete nulla a nessuno se non amore, perché chi ama il suo prossimo ha rispettato il resto della legge”.

È chiaro. Se amo non devo nulla a nessuno. Se sono generoso fino all’estremo smetto di essere in debito con gli altri e con me stesso.

Ma non sempre le mie azioni sono generose. A volte posso sembrare generoso ma forse sono egoista: “Sotto la facciata di generosità, a volte si nasconde l’iinteresse smisurato per un io, più che per gli altri ” [1].

A volte incontro persone che amano dare ma non amano ricevere. Non vogliono essere in debito. Sono generose con gli altri ma non accettano che gli altri siano generosi con loro. C’è uno squilibrio che non è sano.

La mia generosità può essere una ricerca smisurata del mio io. Do amore ma non mi lascio amare. Cerco di essere generoso ma non permetto che gli altri lo siano con me. Non voglio aspettare che mi ripaghino per tutto ciò che faccio, né che mi restituiscano tutto ciò che do. Non voglio che si comportino con me come io mi comporto con loro.

A volte sentirò che mi usano finché posso essere utile e poi mi abbandonano. Arriverò a pensare che sia ingiusto. Sentirò che non mi danno ciò che mi spetta, quello che ho dato io. Questo non mi aiuta a crescere. Penso solo a quello che gli uomini devono darmi in cambio della mia dedizione.

Voglio accettare con gioia la vita che ho. Voglio guardare con pace chi mi circonda senza esigere più di quello che mi può dare. Questo è sano. Non sono creditore di nessuno. E non ho neanche debiti. Se amo non ho debiti con nessuno. È questo che mi dà più pace. Se amo con tutta l’anima avrò pace. Vivrò senza debiti.

Chi fa le cose per amore è il più generoso. In realtà il criterio è l’amore. E per amore devo offrire la mia vita come dono.

Non c’è vero amore che sia egoista. È impossibile. Sarebbe una contraddizione. Ogni amore è generoso. Quello che deve muovere le mie azioni è l’amore. L’amore per gli uomini. È questo che voglio chiedere a Dio, di insegnarmi ad amare davvero.

[1] Fernando Alberca de Castro, Todo lo que sucede importa, 163

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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