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Prima regola per i lettori: ricordate che non siete pubblici oratori

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Jeffrey Bruno

Russell E. Saltzman - pubblicato il 12/09/17

La lettura pubblica non è parlare in pubblico, e la lettura non richiede al lettore niente di più e niente di meno

In passato ho insegnato spesso oratoria. Oltre a chiedere agli studenti di pronunciare i soliti tipi di discorsi in base alle categorie usuali, ho sempre incluso sezioni sulla recita delle poesie e la lettura pubblica davanti a un gruppo. Sono entrambe forme di arte, credo (potrei esagerare, ma ho sempre pensato che lo siano).

Fatta bene, la lettura pubblica della Scrittura è più di una semplice lettura biblica. È compito del lettore portare in vita un passo di modo che possiamo ascoltare la storia di Dio.

E allora ecco la prima osservazione: la lettura pubblica non è parlare in pubblico, e viceversa. Troppe volte le due realtà vengono confuse. Quasi ogni manuale di lettura che ho letto sottolinea il contatto visivo con i fedeli, perfino al punto da offrire suggerimenti precisi su quando abbandonare il testo e guardare in faccia le persone.

Non potrei essere più in disaccordo. Lasciatemelo dire di nuovo: la lettura pubblica non è parlare in pubblico. Ed ecco perché.

Quando parla in pubblico, l’oratore deve collegarsi visivamente al pubblico per stabilire un rapporto e creare un vincolo autentico. Parlare in pubblico richiede un contatto visivo sostenuto, gesti e un linguaggio corporeo impegnato ed energico sottolineato dalle espressioni facciali. L’oratore unisce tutto questo alle parole per attirare su di sé l’attenzione dell’ascoltatore, per guadagnare un pubblico per ciò che sta dicendo. La “presenza scenica” dell’oratore trasmette tanto quanto le parole. Vediamo l’oratore e impariamo qualcosa del suo carattere, riuscendo ad apprezzare meglio le sue considerazioni.

Ma una persona che legge in pubblico dovrebbe essere invisibile, nascosta nel testo che viene letto. La lettura pubblica della Scrittura nell’adorazione è un appuntamento con un testo scritturale, spesso non familiare agli ascoltatori. È il testo che deve catturare la nostra attenzione, non il lettore. Alzare gli occhi dal testo per incontrare lo sguardo di qualcuno è una distrazione dal testo stesso. Il lettore deve mettersi da parte. Compito del lettore è quindi pronunciare il testo in modo tale che sia questo, e non il lettore, a parlare.

Alcune delle regole generali per parlare in pubblico si applicano ovviamente anche i lettori. Bisogna fare attenzione alla pronuncia, alla qualità vocale, all’uso del microfono, al ritmo (non troppo veloce né troppo lento), ma leggere la Scrittura durante un momento di adorazione significa fare attenzione al testo, non al lettore. La lettura pubblica, lo ripeto, non è parlare in pubblico.

Ci sono solo due occasioni che richiedono davvero che un lettore guardi i fedeli, e non rientrano nella lettura stessa. La prima occasione è la frase introduttiva, “Dal libro…”. Guardate le persone negli occhi quando lo dite, così sapranno che state per dire una cosa davvero seria. Fate una pausa dopo questa introduzione, e contate mentalmente fino a tre prima di iniziare a leggere il testo.

La seconda occasione è la proclamazione conclusiva, “Parola di Dio”.


Dopo la lettura fate un’altra pausa, contate nuovamente fino a tre e poi pronunciate la conclusione. Il silenzio è il modo migliore per ottenere l’attenzione. Fatene buon uso.

Negli altri momenti, i vostri occhi devono essere concentrati sul testo che state proclamando. La vostra attenzione al testo farà rivolgere la nostra attenzione a ciò che state leggendo.

La preparazione? Esercitatevi ad alta voce. Leggere il testo dieci volte non è troppo. E dovete farlo ad alta voce, dopo aver letto il testo in silenzio più o meno lo stesso numero di volte. Dovete acquisire familiarità con le parole, con il loro fluire, e capire dove una pausa o una sottolineatura vocale aiuterà a far sì che il testo risulti più chiaro.




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Enfasi sulle parole? Esplorate i vari modi in cui il testo potrebbe essere illuminato dal tono della vostra voce. Nella Scrittura ci sono ironia, umorismo, gioia, avvertimenti seri, lamenti strazianti, scambi di opinioni, scherzi, narrazione e altro. Non riesco a pensare ad alcuna caratterizzazione verbale che non si ritrovi nella Scrittura. Permettete al peso delle parole di indicare il tono della lettura.

Il microfono? Non dipendete dal microfono per proiettare la vostra voce. Trovate la giusta distanza per far sì che la vostra voce non si perda né sia schiacciante, e ascoltate il modo in cui pronunciate alcune lettere, soprattutto le “p” e le “t”, perché a volte esplodono come spari. Se quando vi esercitate sentite questi “colpi” allontanatevi un po’ dal microfono.

Vi abbiamo dato qualche suggerimento tecnico. Quanto a quelli non tecnici, eccone uno: recitare una preghiera di gratitudine per il servizio per il quale siete stati scelti. Iniziate da lì, e poi affinate la tecnica.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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