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Papa Francesco: le 3 chiavi per essere un discepolo senza la sindrome del “fariseo”

PAPA FRANCESCO BAMBINO

Rodrigo Buendia | AFP

Ary Waldir Ramos Díaz - Aleteia Spagnolo - pubblicato il 10/09/17

“La Chiesa non può essere una dogana che impedisce agli uomini di avvicinarsi a Dio”, ha detto a Medellín

Questo sabato 9 settembre, nel quarto giorno del suo viaggio apostolico in Colombia, durante la Messa celebrata all’aeroporto Enrique Olaya Herrera di Medellín, Papa Francesco ha esortato ad essere discepoli di Gesù e a non rimanere attaccati a “certi stili” come facevano i farisei. Bisogna essere discepoli che seguono, liberi, che vanno all’essenziale, che non hanno paura del rinnovamento e di coinvolgersi, ha sottolineato il Pontefice, riferendosi a “certe pratiche che ci avvicinano più al modo di essere di alcuni farisei di allora che a quello di Gesù”.

Il Successore di Pietro ha invitato ad essere audaci e ad avere il coraggio evangelico, perché “molte persone hanno fame di Dio, fame della dignità, perché sono state private di tutto. Come cristiani, dobbiamo aiutarle a saziarsi di Dio, non impedire o proibire loro questo incontro”.

Mettendo da parte i fogli che aveva preparato, il Papa ha poi guardato i presenti dicendo: “Fratelli, la Chiesa non è una dogana, vuole le porte aperte, perché il cuore del suo Dio è non solo aperto, ma trapassato dall’amore che si è fatto dolore”.

“Sono venuto fin qui proprio per confermarvi nella fede e nella speranza del Vangelo: rimanete saldi e liberi in Cristo, di modo da rifletterlo in tutto ciò che fate; assumete con tutte le forze la sequela di Gesù, conoscetelo, lasciatevi convocare e istruire da Lui, annunciatelo con la massima gioia”.

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Gesù, ha proseguito, è libero, mentre i dottori della legge sono “paralizzati da un’interpretazione e una pratica rigorista della legge”. Per questo, ha esortato ad avere uno stile di sequela che cerchi l’essenziale, a rinnovarsi e a coinvolgersi. “Gesù non si ferma a un rispetto apparentemente ‘corretto’, ma porta la legge alla sua pienezza”.

Ciò vuol dire che bisogna essere “discepoli missionari che sanno vedere davvero, senza miopie ereditate, che esaminano la realtà in base agli occhi e al cuore di Gesù e la giudicano in base a questo”.

Andare all’essenziale

“Sono tre atteggiamenti che dobbiamo plasmare nella nostra vita di discepoli”, ha indicato Papa Francesco. “La prima cosa è andare all’essenziale”, ovvero “andare in profondità, a ciò che conta e ha valore per la vita”. “Gesù insegna che il rapporto con Dio non può essere un freddo attaccamento a norme e leggi, né un rispetto di certi atti esteriori che non portano a un vero cambiamento di vita”.

“Il nostro discepolato non può neanche essere motivato semplicemente da un’abitudine, perché abbiamo un certificato di Battesimo, ma deve partire da una viva esperienza di Dio e del suo amore”.

Rinnovarsi

Il Papa ha quindi insistituo sulla necessità di rinnovarsi. “Come Gesù ‘scuoteva’ i dottori della legge perché uscissero dalla loro rigidità, anche ora la Chiesa viene ‘scossa’ dallo Spirito perché abbandoni le sue comodità e i suoi attaccamenti”.

Il rinnovamento non deve spaventare”, ha proseguito. “La Chiesa è sempre in rinnovamento – Ecclesia semper reformanda”. Le sue parole spiccano nel clima di divisione presente in alcuni circoli cattolici colombiani in cui si grida allo scandalo per il documento Amoris Laetitia e ci si nutre di disinformazione per criticare alcuni gesti e certe posizioni di questo pontificato.

Coinvolgersi

La terza parola chiave è “coinvolgersi”, “anche se per alcuni significa sporcarsi, macchiarsi”. “Oggi ci viene chiesto di crescere nell’audacia, in un coraggio evangelico che deriva dal fatto di sapere che molte persone hanno fame, fame di Dio, fame di dignità, perché ne sono state private”.

Come cristiani, ha quindi invitato ad aiutarle “a saziarsi di Dio”, e a “non impedire o proibire loro questo incontro”.

Francesco è stato molto diretto con i credenti che si ritengono più teologi del Papa stesso. “Non possiamo essere cristiani che sbandierano continuamente il cartello ‘Vietato l’ingresso’, né considerare che questa parte è mia, impadronendomi di qualcosa che non mi appartiene assolutamente”.

“La Chiesa non è nostra, è di Dio; è Lui il padrone del tempio e di ciò che è stato seminato. C’è spazio per tutti, tutti sono invitati a trovare qui e tra noi il proprio nutrimento”.

San Pietro Claver e il suo esempio

Il Papa ha poi richiamato, nel giorno in cui lo ricorda la liturgia, San Pietro Claver, sacerdote gesuita apostolo tra gli schiavi neri deportati, che venererà domenica a Cartagena.

Il motto di vita del santo è stato “Schiavo dei neri per sempre”, perché “come discepolo di Gesù ha compreso che non poteva restare indifferente di fronte alla sofferenza dei più indifesi e oltraggiati della sua epoca e che doveva fare qualcosa per alleviare la loro situazione”.

Il documento di Medellín

Francesco ha quindi fatto riferimento alla Chiesa di Medellín, città tradizionalmente cattolica e con un clero missionario diffuso in tutto il Paese e nel mondo.

Antioquía, terra anche di Santa Laura Montoya (1874-1949), ha accolto il Successore di Pietro con maglie bianche, bandiere, cori e tanti sorrisi.

“Fratelli e sorelle, la Chiesa in Colombia è chiamata a impegnarsi con maggiore audacia nella formazione di discepoli missionari, come abbiamo segnalato noi vescovi riuniti ad Aparecida nel 2007”.

“Discepoli che sappiano vedere, giudicare e agire, come proponeva quel documento latinoamericano nato in queste terre (cfr. Medellín, 1968). Discepoli missionari che sanno vedere davvero, senza miopie ereditate, che esaminano la realtà in base agli occhi e al cuore di Gesù e la giudicano in base a questo”, ha sottolineato.

Il Papa chiede perdono

Prima di iniziare la cerimonia, il Papa si è rivolto alla folla per chiedere perdono per il ritardo accumulato nel suo programma per via del maltempo.

“C’è stato un ritardo significativo nel viaggio e avete dovuto aspettare di più. Grazie per la vostra perseveranza e la vostra pazienza. E visto che siamo tutti peccatori, chiediamo perdono per tutti i nostri peccati”, ha detto iniziando la celebrazione. Il trasferimento sul luogo della Messa ha dovuto essere compiuto in automobile e non in elicottero. Appena arrivato sul posto, Francesco si è trasformato in un autentico colombiano e ha indossato anche un cappello e una borsa tipici.

Al termine della celebrazione, l’arcivescovo di Medellín, monsignor Ricardo Tobón Restrepo, ha salutato il Santo Padre.

La Messa è stata considerata speciale anche per l’esposizione del quadro della Virgen de la Candelaria, patrona di Medellín.

L’agenda di Papa Francesco a Medellín proseguirà questo sabato con una visita all’Hogar San José, un’opera di cui beneficiano più di mille bambini in condizioni di vulnerabilità. Il Papa incontrerà anche i sacerdoti, i religiosi e i loro familiari a La Macarena.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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