Da giovane, però, hai vissuto anche una stagione di grande sofferenza…
«Mi sono ammalata di anoressia, senza riuscire a darmi un perché, in una stagione in cui quella malattia era ancora poco conosciuta e faceva paura. Improvvisamente mi sono ritrovata sola. Se non sono diventata completamente atea in quel momento è per grazia: star male e sentirsi abbandonati dagli amici è una prova dolorosa. In un momento così difficile sono andata a vivere da mia nonna: una donna semplice, ma che mi ha accolto con amore e tenerezza».
Come hai iniziato a lavorare nel mondo dei media?
«Nel momento peggiore della mia vita, don Francesco Meotto, un santo sacerdote, l’allora direttore della Sei (Società editrice internazionale), che conoscevo, mi ha chiesto di lavorare per l’ufficio stampa. Nessuno avrebbe puntato su di me in quella situazione, lui sì. In quegli anni, finite le superiori, lavoravo anche per Radio Proposta, un’emittente diocesana grazie alla quale ho avuto la possibilità di scoprire un volto più ampio della Chiesa, accostando focolarini, boy scout, giovani di Azione cattolica, missionari…».
Poi ti sei sposata: cos’è cambiato da allora?
«Siamo andati a vivere a Milano e, in quel periodo, ho partecipato a una stagione molto intensa, nella quale ho avuto modo di lavorare con colleghi come Riccardo Bonacina, Giuseppe Frangi e altri, che all’epoca erano giovani di 25-30 anni animati di grande entusiasmo e passione. Ci sentivamo certi dell’esperienza di fede che avevamo, ma con addosso una enorme voglia di imparare da maestri di umanità, da Testori a Luzi…».
Oggi hai tre figli: come riassumeresti la tua esperienza di madre?
«I figli sono il più evidente segno che quello che hai non dipende da te. Ne ho tre: Francesco, che studia Scienze politiche; Luca, che fa Economia, e Chiara, di 25 anni, che si è appena sposata. Si chiama così per un voto a santa Chiara d’Assisi: dopo l’esperienza dell’anoressia, mi avevano detto che non avrei potuto avere figli. E invece… Sono infinitamente grata a Dio che tutti e tre, ciascuno a modo suo, siano cristiani».
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Come li hai cresciuti nella fede? Oggi, per una mamma credente non è una passeggiata…
«Li abbiamo educati alla Messa e alla preghiera fin da piccoli. E poi abbiamo cercato di far loro conoscere persone preziose, a noi care, tant’è (ride) che i miei figli mi prendono in giro dicendomi che ho amici solo preti. Quando hai dei ragazzi che stanno crescendo, diventa naturale cercare qualcuno che gli stia vicino, qualcuno di cui ti fidi. La cosa che ci interessava di più era far capire ai nostri ragazzi che la fede riguarda l’intelligenza e il cuore. Ebbene, i miei figli non si vergognano di credere. Non è facile, Gesù non ci ha detto “Guardate che sarà facile”. È scomodissimo essere credente, devi rendere ragione a te stesso e agli altri. Però ne vale la pena».
Ti è capitato di essere discriminata, come credente, sul lavoro?
«Ho lavorato in Mondadori, in Rai, in Mediaset e – devo dire – mai è accaduto. Ho sempre percepito grande rispetto, a volte qualche presa in giro, ma nulla più».
Sei figlia di un giornalista, hai un marito giornalista, Franco Bechis, vicedirettore di Libero…
«Ma non sono giornalista. Curioso, no? Non ho voluto dare l’esame da professionista, perché, alla vigilia, un’ex collega insinuò il sospetto che sarei stata favorita e io, per ripicca, non mi presentai. Ciò detto, sono un po’ all’antica: penso che i figli debbano stare soprattutto con la mamma, quindi ho sempre fatto la free-lance, rifiutando di essere assunta. Usiamo una parola che la gente non usa più: essere madre è una vocazione. Le rinunce sono tante, ma per un valore più grande».